La Commissione Europea ha approvato in via definitiva l’antitumorale idelalisib, un inibitore orale dell’enzima PI3K-delta, per i pazienti affetti da due patologie ematologiche molto gravi: leucemia linfocitica cronica (CLL) e il linfoma follicolare (FL), il sottotipo più comune di linfoma non-Hodgkin indolente (iNHL).

Sviluppato da Gilead Sciences, il farmaco sarà messo in commercio con il marchio Zydelig in una formulazione in compresse da 150 mg. di principio attivo.

L’approvazione si riferisce all'utilizzo di idelalisib in combinazione con rituximab per il trattamento di pazienti adulti affetti da LLC che hanno ricevuto almeno una precedente terapia o, come trattamento di prima linea in pazienti con LLC in presenza di delezione 17p o mutazione TP53 in pazienti non idonei per chemio-immunoterapia e anche come monoterapia per il trattamento di pazienti adulti affetti FL refrattaria a due linee di trattamento precedenti.

Idelalisib è un inibitore sperimentale orale ad azione mirata altamente selettivo dell’isoforma delta della fosfoinositide-3-chinasi (PI3K), un target molecolare che riveste un ruolo fondamentale nell’attivazione, nella proliferazione e nella sopravvivenza dei linfociti B. La segnalazione dell’isoforma delta della fosfoinositide-3-chinasi (PI3K) è iperattiva in numerose forme di leucemia e di linfomi dei linfociti B ed è responsabile della proliferazione, della sopravvivenza e del trasporto al tessuto linfoide. Idelalisib è sviluppato al momento sia come agente singolo sia come agente in combinazione con terapie approvate e sperimentali.

L’approvazione europea di idelalisib si basa sui dato dello studio 116 e dello studio 101-09.

Studio 116

Lo studio 116, un trial di fase III che ha valutato efficacia e sicurezza della combinazione tra l’inibitore dell’enzima PI3K-delta idelalisib e l’anticorpo monoclonale rituximab in 220 pazienti con leucemia linfatica cronica (LLC) già trattati in precedenza e che avevano una linfoadenopatia misurabile e mostravano una progressione della malattia meno di 24 mesi dopo il completamento della terapia precedente, e che necessitavano di un trattamento, ma non erano adatti alla terapia citotossica. Lo studio è stato interrotto prima della sua naturale conclusione. Lo stop anticipato è stato raccomandato dal comitato indipendente di monitoraggio dei dati a seguito dei risultati molto positivi di un’analisi ad interim dello studio. L’analisi ha mostrato, infatti, un miglioramento statisticamente molto significativo della sopravvivenza libera da progressione (PFS, endpoint primario dello studio) nel gruppo di pazienti trattati con idelalisib più rituximab rispetto a quelli trattati con il solo rituximab.

Informazioni sullo Studio 101-09
Lo Studio 101-09 è uno studio di fase 2, a braccio singolo, sull’efficacia e sulla sicurezza di idelalisib in pazienti affetti da linfoma non-Hodgkin a bassa malignità e refrattario sia alla chemioterapia con rituximab sia a quella contenente agenti alchilanti (per refrattario si intende senza risposta durante la terapia o progressi entro i sei mesi successivi al completamento della terapia). Lo studio ha coinvolto 125 pazienti provenienti da circa 50 centri di studio negli Stati Uniti e in Europa. I pazienti avevano un’età media di 64 anni ed erano affetti, con diagnosi confermata, da linfoma follicolare (n=72), linfoma dei piccoli linfociti (n=28), linfoma linfoplasmatico/macrogloblulinemia di Waldenström (n=10) oppure linfoma a zone marginali (n=15). Ai pazienti è stata somministrata una media di quattro regimi di pre-trattamento prima dell’inizio dello studio, con il 79% dei pazienti refrattari a due o più regimi di pre-trattamento e il 74% refrattari al loro regime di trattamento più recente.

A tutti i pazienti è stato somministrato idelalisib 150 mg due volte al giorno ed è stato loro consentito di continuare la terapia giornaliera per tutto il tempo che ne traggono beneficio. L’endpoint primario dello studio consiste nel tasso di risposta globale, definito come la percentuale di pazienti che raggiunge una risposta completa o parziale con il trattamento con idelalisib (le definizioni dei tassi di risposta sono basate su criteri standard; le risposte sono state valutate dagli esperti dello studio e da un comitato di valutazione indipendente). Il tasso di risposta generale osservato nello studio è stato del 53,6%o (n=67; 95% CI:44,5, 62,6) con cinque risposte complete (quattro %), 60 risposte parziali (48%), due risposte minori e 46 pazienti con malattia stabile (36,8%). Il tasso di risposta generale è stato altamente coerente attraverso tutti i sottogruppi analizzati. Tra i pazienti che hanno risposto, la durata media della risposta è stata di 11,9 mesi e il tempo medio di risposta è stato di 1,9 mesi (1,8, 3,7).

La sopravvivenza media, senza progressi, di tutti i pazienti è stata di 11,4 mesi. La maggior parte dei pazienti (89%) ha riscontrato la riduzione della misura dei linfonodi. L’evento avverso più comune di grado 3 è stato la diarrea (10%). I valori della transaminasi di grado 3 (misura della funzione del fegato) sono stati riportati tramite test effettuati nel laboratorio centrale di analisi sul 13% dei pazienti; una neutropenia di grado 3 ha avuto luogo nel 26% dei pazienti. Il 16% non ha effettuato cure continue a causa di eventi avversi. Lo studio è in corso.

Linfoma non-Hodgkin a bassa malignità
Il linfoma non-Hodgkin a bassa malignità (Indolent non-Hodgkin’s Lymphoma, iNHL) si riferisce a un gruppo di linfomi a lenta crescita che possono condurre a complicazioni potenzialmente letali quali infezioni serie e anemia e includono il linfoma follicolare, il linfoma linfocitico minore, il linfoma linfoplasmatico/macroglobulinemia di Waldenström e il linfoma di zona marginale. I pazienti evidenziano tipicamente un allargamento dei linfonodi e di altri organi, come la milza e anche il fegato può essere coinvolto. I pazienti possono sviluppare sintomi come la febbre, sudorazione notturna, perdita di peso e spossatezza. Alla maggior parte dei pazienti affetti da iNHL la malattia viene diagnostica quando è già a uno stadio avanzato, condizione non abitualmente curabile, e la sopravvivenza media dal tempo della diagnosi iniziale per pazienti con la forma più comune di iNHL, il linfoma follicolare, va dagli 8 ai 10 anni. Per contro, la situazione dei pazienti che non rispondono alla terapia con rituximab e alla chemioterapia, come quella inclusa in questo studio, è meno incoraggiante.