Se l’Fda, l‘agenzia del farmaco Usa, è da qualche tempo sotto i riflettori per ragioni di trasparenza, e non solo, anche la sua controparte europea, l’Ema, non è da meno. Più di una volta, l’istituzione è stata fatta oggetto di critiche e interrogazioni da parte del mediatore europeo per non aver diffuso i dati degli studi clinici e per essere stata reticente sui propri processi decisionali sull’approvazione dei nuovi farmaci.

A qualche mese dalla sua designazione a direttore esecutivo dell’ente, il professor Guido Rasi ha spiegato al British Medical Journal (Bmj), in una lunga intervista, come intende affrontare la questione.

Rasi, che ha ricevuto il prestigioso incarico nel novembre scorso, dopo i 3 anni passati come direttore generale all'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), ha dichiarato alla rivista di sperare di migliorare la trasparenza, l'accesso ai dati e l’iter di autorizzazione dei nuovi medicinali, dicendosi non preoccupato per il fatto che l'80% dei finanziamenti dell’Ema provengano dall’industria farmaceutica.

Sulla questione della trasparenza e dell'accesso ai documenti, Rasi ha detto: "più siamo trasparenti, tanto più saremo in grado di comunicare alla gente, per costruire fiducia". Come primo passo in questa direzione, l’agenzia inizierà a pubblicare l’ordine del giorno e i verbali delle riunioni del suo comitato scientifico, una misura che dovrebbe essere "utile" per i ricercatori, anche se, ha aggiunto il nuovo direttore, “le informazioni sui pazienti e i documenti sensibili dal punto di vista commerciale vanno ancora protetti”.

È nelle intenzioni dell’Ema che i suoi esperti prendano le proprie decisioni solo sulla base della scienza e non di pressioni esterne; perciò i documenti non verranno diffusi mentre il comitato sta ancora discutendo. "Non credo sia bene che chiunque abbia un interesse in una certa decisione possa esercitare qualsivoglia pressione durante tale discussione" ha spiegato Rasi al Bmj. "Ma, una volta presa la decisione del caso, credo sia giusto rendere pubblici questi documenti e far sapere all’opinione pubblica come siamo arrivati a questa decisione”.

Le critiche del difensore civico "hanno sicuramente stimolato la discussione e contribuito ad accelerare il processo" di ampliamento dell’accesso ai documenti, ma nella sua intervista il direttore osserva che c’è anche una spinta culturale in questa direzione. Tuttavia, l'Ema rimane al tempo stesso giudice e giuria, visto che non esiste una precisa definizione giuridica su cosa siano effettivamente dati commerciali riservati; per cui sarà sempre l’agenzia a decidere quando diffondere dati ritenuti riservati. Comunque, si legge sul Bmj, l’Ema ritiene che non tutti i dati clinici, comprese le segnalazioni delle reazioni avverse, siano informazioni confidenziali dal punto di vista commerciale.

Sulla questione dei conflitti di interesse, l’articolo sul Bmj segnala che 17 esperti su 64 del Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) hanno legami diretti o indiretti con le case produttrici dei medicinali. Nel settembre scorso, sul sito dell’agenzia è stato pubblicato un database con la lista delle dichiarazioni di conflitto di interesse di vari membri del comitato, ma è anche vero che tale database elenca semplicemente i legami con le industrie farmaceutiche, senza dare una quantificazione del rischio attribuito a ciascun esperto. Rasi ha detto, invece, che queste informazioni saranno pubblicate a breve.

Il direttore pensa che la nuova politica sul conflitto di interesse varata dall’Ema nell’ottobre 2010 stia funzionando, ma vorrebbe che fossero anche le aziende a rendere noti i nomi dei loro consulenti. Inoltre, ha aggiunto Rasi su questo tema spinoso, "per alcune malattie come quelle cardiovascolari è possibile trovare esperti che non abbiano conflitti di interesse, mentre sulle malattie rare o sui farmaci più nuovi e tecnologicamente avanzati sarà molto più difficile, perché ce ne sono pochi".

Quanto all’iter di approvazione dei nuovi farmaci, il professore si è detto a favore dei trial di confronto, ma ha anche sottolineato la difficoltà di ricorrervi sempre, perché alcuni agenti hanno molteplici comparatori. “Quale scegliere?” si chiede il direttore nell’intervista. “Usarli tutti? Così facendo, si avvierebbe un processo senza fine. Penso che sia una buona idea decidere caso per caso e che, comunque, aumentare gli studi comparativi sia un’idea da sostenere e incoraggiare".

Rasi si è espresso positivamente anche sull’attuale scelta dell’Ema di ricorrere maggiormente agli studi post-marketing per accelerare l’arrivo sul mercato di nuovi agenti: "incoraggio vivamente il monitoraggio post-marketing dei farmaci, perché c'è un limite a qualunque trial si sia deciso di chiedere per poter concedere l'autorizzazione all'immissione in commercio. Molte delle informazioni su un farmaco arrivano dal suo utilizzo nella vita reale”, informazioni che il professore auspica vengano fornite all’agenzia per “una sorta di rivalutazione continua del rapporto rischio-beneficio”.

Non ultimo tra i desideri di Rasi è anche migliorare il livello della comunicazione dell’agenzia, che, secondo il professore, non è ancora abbastanza conosciuta dall’opinione pubblica. L’obiettivo è essere “un punto di riferimento per tutti coloro che cercano informazioni sui farmaci” perché “è molto facile perdere fiducia a causa della disinformazione o della mancanza di informazioni” ha concluso il direttore.

E. Sukkar. Sunshine at the European regulator. BMJ 2012; 344 doi: 10.1136/bmj.e976
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