La Commissione europea ha approvato vemurafenib per il trattamento in monoterapia di un sottogruppo di pazienti affetti da melanoma metastatico o non resecabile che presentano la mutazione BRAF V600. Tale mutazione, contro la quale agisce il farmaco, si verifica in circa la metà di tutti i casi di melanoma. Sviluppato da Roche e Daiichi Sankyo e disponibile per via orale, il farmaco sarà messo in commercio con il marchio Zelboraf.

Vemurafenib è una piccola molecola attiva per via orale e disegnata in modo da inibire selettivamente la proteina BRAF mutata. BRAF [V-raf murine sarcoma viral oncogene homolog B1] è un gene umano che codifica per una proteina chiamata B-RAF, che è coinvolta nei segnali che regolano il ciclo e la crescita cellulare. In molti tumori questo gene può essere mutato, e questo provoca un mutamento della proteina B-RAF. Questa mutazione può incrementare la crescita e la diffusione delle cellule tumorali. Una mutazione del gene BRAF si verifica in circa il 60 per cento dei melanomi e nell’8 per cento di tutti i tumori solidi.

“Oggi assistiamo a una svolta nel trattamento – spiega il prof. Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma, dell’Unità di Oncologia Medica e Terapie Innovative dell’Istituto ‘Pascale’ di Napoli -. Nel 50% dei casi di melanoma è presente la mutazione di una proteina, il gene BRAF V600, che svolge un ruolo chiave nello sviluppo del tumore. Vemurafenib è la prima ed unica molecola personalizzata ad aver mostrato di migliorare la sopravvivenza in pazienti affetti da melanoma metastatico positivo alla mutazione del gene BRAF. Agisce in modo mirato sulla proteina spegnendola e bloccando così l’evoluzione del cancro. È il primo caso di terapia personalizzata di così ampia portata in oncologia. Per individuare i pazienti candidati a questo nuovo trattamento è necessario effettuare un test molecolare per verificare la presenza della mutazione del gene. Gli effetti della molecola sono visibili in pochi giorni e il paziente ne trae un beneficio immediato: gli esami mostrano infatti una regressione tumorale dal punto di vista metabolico”.

Il via libera a vemurafenib si basa sui risultati di due studi, BRIM2 (fase II) BRIM3 (fase III).

Il trial BRIM3, condotto in pazienti non trattati in precedenza e pubblicato lo scorso giugno sul NEJM, ha evidenziato che nei pazienti con melanoma BRAF V600-positivo, il farmaco sperimentale ha portato a una riduzione del 63% del rischio di decesso ( hazard ratio [HR] = 0,37; P < 0,0001) e a un prolungamento del 74% della sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto al trattamento standard (HR = 0,26; P < 0,0001). Inoltre, l’analisi della sopravvivenza globale (OS) a 6 mesi ha evidenziato un vantaggio del 20% nel gruppo trattato con il BRAF-inibitore rispetto a quello trattato con dacarbazina (84% contro 64%). Tutti i risultati hanno raggiunto la significatività statistica. In più, la molecola è risultata generalmente ben tollerata e i dati di sicurezza sono risultati in linea con quelli emersi negli studi precedenti sull’anti-BRAF.

Nello studio BRIM2, condotto in pazienti già trattati in precedenza, vemurafenib ha dimostrato di ridurre le dimensioni del tumore nel 52% dei pazienti.

Il farmaco andrà utilizzato in parallelo al test cobas 4800, uno strumento diagnostico basato sul DNA impiegato ai fini dell’identificazione dei pazienti con la mutazione del gene di BRAF. Questo test è stato approvato simultaneamente negli Stati Uniti, riporta il marchio CE ed è commercialmente disponibile in Europa. Roche Molecular Diagnostics ha sviluppato il test cobas 4800 per la determinazione della mutazione del gene BRAF V600 a seguito di un contratto stipulato con Plexxikon nel 2005.

In origine, il farmaco era stato sviluppato dalla biotech Plexxikon, una società con sede a Seattle, nello Stato americano di Washington. Lo scorso febbraio, con un esborso di 935 milioni di dollari, la società fu acquisita da Daiichi Sankyo. Tuttavia, già nel 2006,  Plexxikon aveva ceduto a Roche i diritti per vemurafenib.
Daiichi Sankyo potrà co-promuovere il farmaco nel territorio americano, mentre nel resto del mondo è Roche a detenere i diritti.

Sono attualmente in corso di conduzione degli studi su vemurafenib somministrato in combinazione con altri farmaci approvati e sperimentali, nonché per il trattamento di altri tipi di tumori

Informazioni sul melanoma e sulla mutazione del gene BRAF
Il melanoma è la forma più grave di cancro della pelle e la sua incidenza sta aumentando nella misura del 5-6 per cento all’anno. Ogni anno il melanoma viene diagnosticato a più di 75mila persone negli Stati Uniti e a 160.000 persone a livello mondiale. Nel nostro Paese questa forma di cancro della pelle particolarmente aggressiva fa registrare ogni anno 7000 nuove diagnosi e 1500 decessi.

Si tratta di uno dei cancri più mortali, con un tasso di sopravvivenza a cinque anni pari al 15-20 per cento per le persone con melanoma allo stadio avanzato (Stadio IV), secondo la Società americana di oncologia (American Cancer Society).

Rientrano nei fattori di rischio di sviluppo di melanoma: anamnesi famigliare positiva di melanoma, melanoma precedente, nevi multipli clinicamente atipici o nevi congeniti displastici, mutazioni genetiche ereditarie, carnagione chiara e esposizione al sole. Il melanoma può colpire tuttavia qualsiasi gruppo etnico e interessare anche aree del corpo senza esposizione sostanziale al sole.

Le prospettive di guarigione sono enormemente migliorate nel corso degli ultimi decenni, soprattutto grazie alla diagnosi precoce. Oggi da un tumore scoperto con uno spessore inferiore al millimetro si guarisce nella quasi totalità dei casi. Invece, di fronte a quei tumori che si scoprono in fase già avanzata, per lungo tempo l'oncologia è rimasta sostanzialmente al palo. Almeno fino ad ora. Il primo scossone l'ha dato un anticorpo monoclonale, ipilimumab, e adesso arrivano anche i gli inibitori del gene BRAF mutato mentre già si studiano altri farmaci contro altri bersagli cellulari.

Il gene BRAF rappresenta una componente chiave di un percorso avente a che fare con la crescita di cellule normali e con la sopravvivenza. Le mutazioni del gene BRAF possono causare una crescita incontrollata delle cellule e si ritiene che si verifichino in circa metà di tutti i casi di melanoma e nell’otto per cento di tutti i casi di tumore solido.