Il National Institute for Health and Clinical Excellence britannico ha raccomandato l’impiego di apixaban per la prevenzione del tromboembolismo venoso (TEV) nei pazienti adulti sottoposti a intervento chirurgico di sostituzione elettiva dell'anca o del ginocchio.

Apixaban è un nuovo anticoagulante orale che inibisce direttamente il fattore Xa della coagulazione, quindi interferisce con la conversione della protrombina a trombina e previene l'aggregazione della fibrina.

Carole Longson, a capo dell’ufficio di health technology assessment dell’agenzia britannica, sottolinea come il rapporto del Nice sia stato messo a punto in soli sei mesi dall’approvazione del farmaco da parte dell’Ema. Apixaban, che negli studi registrativi è stato confrontato con enoxaparina, è stato ritenuto dal Nice un’opzione costo efficace per la prevenzione del   TEV. Per questa indicazione il Nice ha anche raccomandato rivaroxaban, dabigatran, entrambi orali, e fondaparinux, farmaco a somministrazione parenterale.

Il trattamento preventivo tradizionale con warfarin o con eparine a basso peso molecolare (EBPM), in particolare con lo standard attuale rappresentato dalla enoxaparina, abbassa l’incidenza di tromboembolismo venoso  in chirurgia ortopedica. Pur avendo dimostrato una buona efficacia, questi farmaci presentano alcuni inconvenienti quali la necessità di monitoraggio e, per le eparine, la somministrazione parenterale e la possibile insorgenza di trombocitopenia indotta da eparina. I nuovi anticoagulanti orali, come apixaban, possono costituire una nuova opzione terapeutica per la TEV.

Lo studio ADVANCE2, pubblicato su The Lancet, ha mostrato una superiorità di apixaban nei confronti di enoxaparina nella riduzione della TEV quando somministrati per 10-14 giorni dopo l’intervento chirurgico: end point primari 15% vs 24%. I sanguinamenti maggiori o clinicamenti rilevanti sono risultati il 4% e il 5% (p=0,09).

Nello studio ADVANCE3, pubblicato sul New England Journal of Medicine, l’incidenza dell’end point primario (TEV) è stata dell’1,4% (apixaban) e del 3,9%  (enoxaparina), con una differenza statisticamente significativa. Gli eventi maggiori sono stati, rispettivamente, lo 0,5% e l’1,1%.

Nello studio ADOPT, pubblicato recentemente sul NEJM, un trattamento di 30 giorni con apixaban ha determinato una riduzione dell’incidenza dell’outcome principale (2,71% vs 3,06%), però statisticamente non significativa (p=0,44), con un aumento non significativo dei sanguinamenti.

La malattia tromboembolica venosa o tromboembolismo venoso è una delle patologie più comuni del sistema circolatorio. Nei paesi occidentali si calcola sia la terza malattia cardiovascolare più comune, dopo la cardiopatia ischemica e l’ictus, con un caso ogni 1.000 abitanti. Spesso è clinicamente silente e la morte improvvisa per embolia polmonare è la prima e unica manifestazione. È una malattia legata anche all’età: l’invecchiamento della popolazione è perciò destinato a incrementare nei prossimi anni il numero di casi di tromboembolismo venoso.

Le manifestazioni di questa malattia sono la trombosi venosa profonda e l’embolia polmonare. Uno dei maggiori fattori di rischio per la malattia tromboembolica venosa o tromboembolismo venoso è rappresentato dagli interventi di ortopedia cosiddetti ‘maggiori’, come protesi d’anca (70mila all’anno in Italia), chirurgia maggiore del ginocchio (76mila) e fratture della testa del femore (56mila). A rischio sono anche i pazienti sottoposti a chirurgia addominale, effettuata nell’80% dei casi per asportare tumori a colon, retto, stomaco, pancreas, 80-100mila interventi l’anno in Italia.

Comunicato del Nice