Il Chmp dell’Ema ha dato parere positivo per il radio-223 dicloruro, un radiofarmaco sviluppato per il trattamento di pazienti adulti affetti da carcinoma della prostata resistente alla castrazione, con metastasi ossee sintomatiche e senza metastasi viscerali note
Una volta ottenuto l’ok definito della Commissione Europea il farmaco sarà messo in commercio con il marchio Xofigo.

Bayer ha ottenuto il farmaco nel 2009 dalla società svedese  Algeta e le due società commercializzeranno congiuntamente il farmaco negli Usa mentre in Europa ad occuparsene sarà la sola Bayer.

Gli uomini con un cancro alla prostata resistente alla castrazione chimica (CRPC) metastatico possono sopravvivere molto più a lungo se trattati con radio-223 dicloruro. È quanto emerge dallo studio ALSYMPCA, un trial randomizzato di fase III i cui dati sono alla base dell’ottenimento della registrazione negli Usa.

Nei pazienti trattati con radio-223 dicloruro, infatti, la sopravvivenza globale (OS) mediana è aumentata di 3,6 mesi rispetto ai controlli, trattati con placebo. Il trattamento con l’alfa-emittente ha anche ritardato in modo significativo la comparsa del primo evento avverso scheletrico (SRE) e il momento in cui si è dovuto ricorrere alla prima radioterapia ossea.

Le particelle alfa o raggi alfa sono una forma di radiazione corpuscolare altamente ionizzante e con un basso potere di penetrazione. Consistono di due protoni e due neutroni legati insieme dalla forza forte, si tratta quindi di nuclei 4He (elio). Ci sono circa 100  radionuclidi che decadono emettendo particelle alfa e la ricerca di Algeta si è focalizzata sul radio-223 dicloruro e il  torio-227 che sono considerate le fonti  di questo tipo di particelle più utili in medicina.

Gli agenti alfa-emettenti agiscono come calciomimetici e colpiscono in modo naturale e specifico la crescita di nuovo osso dentro e intorno alle metastasi ossee. Le particelle alfa inducono rotture del DNA a doppia elica delle cellule tumorali e il loro scarso potere di penetrazione permette un’uccisione localizzata delle cellule tumorali, con minime modificazioni del tessuto circostante normale.

Oltre il 90% degli uomini con un cancro alla prostata resistente alla castrazione chimica (CRPC) metastatico mostrano evidenze radiologiche di metastasi ossee, che causano una disabilità sostanziale, influiscono negativamente sulla qualità di vita, aumentano i costi di trattamento e contribuiscono alla mortalità correlata alla malattia. Gran parte della disabilità e dell’impatto negativo sulla qualità di vita sono una conseguenza degli SRE, tra cui la compressione del midollo spinale, le fratture patologiche e la necessità di un intervento chirurgico o di una radioterapia a fasci esterni (EBRT).

Informazioni  sul radio-223 dicloruro
Il radio-223 dicloruro (radio-223) è un radiofarmaco, che emette radiazioni alfa.Il suo principio attivo mima il calcio  legandosi selettivamente all’ osso, in maniera specifica nelle aree metastatiche, formando complessi con la componente  minerale dell’osso, l'idrossiapatite.
L’elevato trasferimento di energia, proprio degli alfa emittenti (80 keV/micrometro) , causa la rottura della doppia elica del DNA nelle cellule tumorali vicine,  risultando in un potente effetto citotossico. Il raggio d’azione della radiazione alfa emessa dal radio-223 è inferiore a 100 micrometri (equivamenti alla somma di meno di 10 diametri cellulari); ciò limita i danni al tessuto sano circostante.

Nel settembre 2009, Bayer ha firmato un accordo con Algeta ASA (Oslo, Norvegia) per lo sviluppo e la commercializzazione del radio-223. Secondo i termini dell'accordo,
Bayer svilupperà il radio-223, farà richiesta per la sua approvazione alle autorità sanitarie  in tutto il mondo e commercializzerà il radio-223 a livello globale. Algeta co-promuoverà il radio-223 con Bayer negli Stati Uniti.

Studio ALSYMPCA
I pazienti sono dello studio ALSYMPCA (ALpharadin in SYMptomatic Prostate CAncer) stati trattati in rapporto 2:1 con radio-223 o placebo, in entrambi i casi in aggiunta alla migliore terapia di supporto disponibile. L'endpoint primario dello studio era l’OS, mentre i principali endpoint secondari comprendevano svariati outcome relativi all’osso.

Al basale, l'85-86% dei pazienti aveva un ECOG performance status pari a 0 o 1, il 44-48% aveva da sei a 20 metastasi e il 40% ne aveva più di 20. Circa la metà dei pazienti aveva già fatto una EBRT all'osso.
Al momento dell’analisi ad interim, il braccio radio-223 ha mostrato una OS mediana di 14,0 mesi rispetto agli 11,2 mesi nel gruppo placebo (HR 0,69; P = 0,0019). L'analisi finale ha mostrato, invece, una OS mediana di 14,9 mesi nel gruppo radio-223 rispetto a 11,3 mesi nel gruppo di controllo, con un HR invariato ma con un aumentato della significatività statistica del risultato (P = 0,0001).

L'analisi per sottogruppi ha mostrato poi un vantaggio consistente del radio-223, a prescindere dal livello di fosfatasi alcalina, dall'uso o meno di bifosfonati, dalla storia di esposizione a docetaxel e dal performance status basale.
Inoltre, il trattamento con radio-223 si è associato a un ritardo significativo nella comparsa del primo SRE, che si è manifestato in media dopo 13,5 mesi nel gruppo trattato con il radionuclide contro gli 8,4 mesi nel gruppo placebo (HR 0,61; P = 0,0005). Come per l'endpoint primario, il beneficio su questo endpoint è risultato presente in tutti i sottogruppi prespecificati.

Il trattamento con il radiofarmaco ha anche permesso di posticipare rispetto al placebo il primo ricorso alla EBRT, che si è reso necessario dopo 17,0 mesi nel primo gruppo e dopo 10,9 mesi nel secondo (HR 0,65; P = 0,0038).

L'analisi delle singole tipologie di SRE ha anche mostrato vantaggi significativi del radio-223 per quanto riguarda l'uso della EBRT (23% contro 27%; P = 0,0038), la compressione del midollo spinale (3% contro 6%; P = 0,016) e le fratture patologiche ( 4% contro 7%; P = 0,013).

Sul fronte della sicurezza e tollerabilità, i risultati dello studio sono confortanti e mostrano che la mielosoppressione provocata dal trattamento è minima. Il radio-223 ha aggiunto, infatti, una tossicità minima, e sia quella ematologica sia quella non ematologica sono risultate simili o inferiori a quelle osservate nel gruppo placebo.