Bayer ha depositato all’Ema il dossier registrativo per richiedere una nuova indicazione per rivaroxaban: il trattamento di pazienti colpiti da embolia polmonare e la prevenzione di una recidiva tromboembolica. A breve la stessa richiesta verrà fatta all’Fda. Qui però a tirare le fila è Johnson & Johnson, partner di Bayer per lo sviluppo del farmaco per quanto concerne gli Usa.

Il dossier clinico è supportato dai dati dello studio EINSTEIN-PE appena presentato all’American College of Cardiology e pubblicato poche settimane fa sul NEJM. In questo studio, rivaroxaban ha dimostrato un’efficacia paragonabile alla terapia standard attuale (enoxaparina per via sottocutanea seguita da un antagonista della vitamina K) nel ridurre l’endpoint primario costituto da TEV sintomatico ricorrente, dato dall’insieme di trombosi venosa profonda sintomatica (TVP) ed EP fatale o non-fatale [rispettivamente 2,1% vs. 1,8% (p=0,003 per la non-inferiorità)].

Rivaroxaban ha dimostrato anche risultati analoghi relativi alla sicurezza rispetto allo standard di cura attuale per l’endpoint primario di sicurezza costituito da sanguinamenti maggiori e non maggiori clinicamente rilevanti [rispettivamente 10,3% vs. 11,4% (p=0,23)].

Un aspetto importante di questi risultati  è che il trattamento con rivaroxaban ha determinato una significativa riduzione degli eventi emorragici maggiori [rispettivamente 1,1% vs. 2,2% (p=0,003)] rispetto alla terapia standard attuale.

Il farmaco è dunque il primo trattamento orale che in monoterapia consente di ottenere gli stessi risultati ella terapia standard

Elisa Spelta
Medical Writer

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