Gli esperti dell’Oncologic Drugs Advisory Committee (ODAC) dell’Fda hanno raccomandato l’approvazione del biosimilare di filgrastim sviluppato da Sandoz. Il farmaco è la copia di Neupogen, prodotto di Amgen che genera un fatturato annuo di circa $1,2 miliardi.

La decisione arriva dopo una raccomandazione favorevole espressa pochi giorni fa dallo staff dell’Fda. Adesso manca l’ok finale dell’agenzia americana che però è quasi sicuro. Se approvato, si chiamerà Zarzio. Sandoz già commercializza le copie di Neupogen in oltre 40 Paesi ma finora mancavano gli Usa, quello più importante.

Gli esperti americani non hanno rilevato differenze clinicamente rilevanti tra i due farmaci (biosimilare e originator) e ne hanno raccomandato l’approvazione nelle 5 indicazioni autorizzate in Usa per il  prodotto di riferimento, Neupogen (Amgen).

La decisione di oggi ha attirato molta attenzione, in quanto il prodotto è da considerarsi il primo vero biosimilare ad aver intrapreso l’iter regolatorio americano dopo l’introduzione cosiddetto “biosimilar pathway” entrato in vigore nel  febbraio 2012.

In Europa il biosimilare di filgrastim sono disponibili dal 2008. La novità è che adesso anche in Usa si stia andando verso la regolamentazione definitiva per questo tipo di prodotti e che quindi anche il più grande mercato farmaceutico del mondo si apra a questi farmaci biotech. La decisione potrebbe dare impulso allo sviluppo di a tutta la categoria dei biosimilari. Se si pensa che oggi i farmaci biologici rappresentano 6 tra i 10 farmaci più venduti al mondo, si comprende bene quali siano gli interessi in gioco in questo settore.

Filgrastim è una proteina naturale che stimola la produzione di globuli bianchi, prodotta attraverso la tecnica del Dna ricombinante. Il farmaco è indicato per stimolare la produzione di globuli bianchi in diverse situazioni cliniche, prevalentemente in ambito oncologico, in particolare per i pazienti che ricevono chemioterapia per aumentare la conta di globuli bianchi e ridurre il rischio di infezioni.

Secondo le analisi di Thomson Reuters BioWorld, si stima che entro la fine del decennio i biosimilari possano rappresentare il 20-30% del mercato dei biologici a brevetto scaduto che avrà un valore complessivo di $100 miliardi.

Molte aziende si sono già messe in fila per l’approvazione dell’Fda. Tra esse, la coreana Celltrion il mese di agosto ha chiesto l’approvazione per l’anticorpo monoclonale infliximab (approvato in Europa lo scorso anno, verrà lanciato in Italia tra pochissimi mesi); Apotex nel mese di dicembre ha deposito il dossier del biosimilare di  Neulasta (pefilgrastim).

L’Fda ha già approvato alcune copie di farmaci biologici prima che l'agenzia stabilisse  il percorso biosimilare abbreviato (“abbreviated biosimilar pathway”), in quanto tali trattamenti non furono considerati veri e biosimilari. Il primo è stato Omnitrope di Novartis nel 2006, che imita l'ormone della crescita umana di Pfizer Genotropin. Nel 2012, la Fda ha anche approvato la versione di Neupogen sviluppata da Teva Pharmaceutical.

L'agenzia americana non ha ancora emesso le linee guida su se biosimilari, quindi per esempio non sappiamo se saranno chiamati con il nome del principio attivo, come accade per i farmaci generici chimici. Poi, l’Fda non ha detto come progettare gli studi che dimostrano che i biosimilari possono sostituire gli originator. Lo staff dell’Fda nella sua relazione ha detto che si riferivano al biosimilare di Novartis come EP2006 perché stanno ancora valutando come definire questi farmaci. Insomma, in Usa c’è ancora della strada da fare ma la viua orama è intrapresa.


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