Nei pazienti infettati da Hiv è diminuita la prevalenza e la mortalità associata alle epatiti B e C, mentre è cresciuto il rischio di sviluppare la steatosi epatica non alcolica e di malattia epatica progressiva. Sono i risultati di due studi presentati al congresso della European Association For The Study Of The Liver (EASL) 2019 in corso a Vienna, in Austria.
Chi ha l'Hiv rischia di più la steatosi epatica non alcolica e la malattia epatica progressiva #EASL2019
Nei pazienti infettati da Hiv è diminuita la prevalenza e la mortalità associata alle epatiti B e C, mentre è cresciuto il rischio di sviluppare la steatosi epatica non alcolica e di malattia epatica progressiva. Sono i risultati di due studi presentati al congresso della European Association For The Study Of The Liver (EASL) 2019 in corso a Vienna, in Austria.
Le persone che vivono con l'infezione da Hiv sembrano essere maggiormente a rischio di sviluppare la steatosi epatica non alcolica (Nafld) rispetto alla popolazione generale. La sua prevalenza a livello mondiale è stata stimata pari al 25%, mentre quella riportata nella maggior parte degli studi nei soggetti con Hiv è decisamente superiore.
Rappresenta un importante fattore di rischio per lo sviluppo e la progressione della malattia epatica e, con la disponibilità di terapie antivirali efficaci per le epatiti B e C, è ipotizzabile che possa in futuro diventare la malattia epatica più importante per le persone con Hiv.
Una ricerca statunitense
Il primo studio presentato al congresso ha valutato prevalenza e mortalità della Nafld, dell'epatite virale e di altre malattie del fegato in individui con infezione da Hiv. Sono stati analizzati i record di oltre 47mila pazienti Medicare infettati da Hiv negli Stati Uniti e sono stati identificati più di 10mila soggetti con malattia epatica: 5.628 con malattia correlata all'HCV, 1.374 con malattia correlata all'HBV, 645 con malattia correlata a HCV/HBV, 2.629 con Nafld e 198 con altre malattie del fegato.
Tra il 2006 e il 2016, la prevalenza dell'epatite virale è diminuita da 27,75 a 24,17/100.000 abitanti (p=0,009), mentre quella della Nafld è più che raddoppiata, passando da 5,32 a 11,62/100.000 abitanti (p<0,001). Si è ridotta anche la mortalità correlata all'epatite virale, da 3,78 a 2,58/100.000 abitanti (p=0,006), mentre è cresciuta la mortalità correlata alla Nafld (da 0,18 a 0,80/100.000 abitanti, p=0,041).
«Il nostro studio dimostra che per via della riduzione della mortalità per le infezioni da Hbv e Hcv grazie all’efficacia delle terapie, nelle popolazioni infettate da Hiv la Nafld sta diventando una causa importante di malattia del fegato», ha detto Zobair Younossi dell’Inova Fairfax Medical Campus di Falls Church, in Virginia, Usa, che ha presentato i risultati dello studio.
Uno studio canadese
Il secondo studio, che ha coinvolto ricercatori in Canada, Regno Unito e Italia, ha utilizzato un algoritmo diagnostico basato sulle attuali linee guida EASL nelle popolazioni Hiv-negative per identificare i soggetti con Nafld da due coorti di adulti con Hiv senza un significativo consumo di alcol o una coinfezione da virus dell'epatite.
Dei 1.228 individui con infezione da Hiv valutati (età media 50 anni, 73% maschi, tempo dalla diagnosi 16 anni), il 31,8% aveva la Nafld. Sulla base dei livelli elevati di alanina aminotransferasi (Alt) e/o fibrosi significativa, il 25,2% di questi pazienti è stato considerato a rischio di malattia epatica progressiva rispetto al 18,4% dei pazienti senza Nafld.
I predittori indipendenti della progressione della malattia epatica che richiedono la valutazione di uno specialista sono risultati essere il sesso maschile, il diabete e la durata dell'infezione da Hiv.
«Applicando le attuali linee guida Nafld sviluppate per le popolazioni Hiv-negative, abbiamo identificato proporzioni significative di pazienti con infezione da Hiv a rischio di Nafld e malattia epatica progressiva», ha affermato Sila Cocciolillo del McGill University Health Centre di Montreal, in Canada. «Riteniamo che questo risultato supporti la necessità di un monitoraggio dedicato di questi pazienti e, quando necessario, che vengano gestiti da uno specialista».
Il vice segretario dell'EASL Philip Newsome ha dichiarato che «questi studi indicano il profilo mutevole della malattia epatica nei pazienti con Hiv. Se l'epatite virale è ancora la principale causa di malattia epatica in questi gruppi, la Nafld sta diventando un problema molto comune. Questo rafforza la necessità di studiare gli agenti terapeutici nei pazienti con Nafld e Hiv, un'area che di rado viene esaminata».
Abstract: The increasing importance of non-alcoholic fatty liver disease in human
deficiency virus (HIV) positive patients
Abstract: Application of guidelines for fatty liver in two prospective cohorts of human immunodeficiency virus positive patients