Le malattie infiammatorie croniche intestinali incidono in modo significativo sulla sfera privata e sociale delle persone che ne soffrono. Paura diffusa, continue assenze dal lavoro, ossessiva preoccupazione per la disponibilità di un bagno, rapporti sociali e affettivi a rischio sono le problematiche principali di questi pazienti. Ma un’attenzione particolare va rivolta alle donne che soffrono di queste malattie, perché per loro la presenza di una malattia come il Crohn o la colite ulcerosa può avere un impatto ancora più significativo sul rapporto con se stesse, con la famiglia e con il mondo esterno.
Di questi temi, e quindi delle malattie infiammatorie croniche intestinali nella donna, si è parlato a Milano in occasione dell’incontro “Women in IBD (I B Donna)” Le problematiche IBD coniugate al femminile, realizzato con il contributo non condizionante di AbbVie.
Da un’indagine condotta sulle malattie croniche nella popolazione generale presentata all’incontro di Milano, è emerso che, per quanto riguarda la qualità della vita e la salute, le donne sembrano essere più vulnerabili degli uomini. Le donne vivono in media più a lungo rispetto agli uomini (84,4 anni contro 79,2 anni per gli uomini), ma se si guarda alle condizioni di salute il dato si ribalta: solo il 67,2% delle donne italiane dichiara di essere in buona salute contro il 75,1% degli uomini. Per quanto riguarda le malattie croniche, il 23,7% delle donne soffre di queste patologie, rispetto al 16% degli uomini. In generale, quello che colpisce di questa indagine non è tanto l’incidenza delle malattie, ma il modo in cui le donne vivono la malattia e percepiscono le loro condizioni di salute. Solo il 38% delle donne che soffrono di due o più patologie croniche dichiara di sentirsi comunque in buona salute, contro il 47,5% degli uomini.
Ma perché le donne si sentono peggio rispetto agli uomini? Come ha spiegato la Dr.ssa Enrica Previtali, presidente Nazionale Associazione AMICI Onlus, “il dato che le donne percepiscono un peggior stato di salute può rappresentare sicuramente un aspetto negativo e probabilmente legato, da un lato alle cicliche modificazioni della fisiologia femminile (menarca, pubertà, ciclicità mestruale, gravidanza, menopausa) che espone le donne a maggiori rischi di malattia rispetto agli uomini e dall’altro al ruolo da loro assunto nella società moderna, che le vede impegnate su più fronti, con conseguente sovraccarico lavorativo. Dall’altro, però, questa maggiore ‘preoccupazione’ femminile può sicuramente rappresentare un vantaggio. In primo luogo, perché si innesca nelle donne il cosiddetto ‘health seeking behaviour’, ovvero la ricerca di comportamenti tesi al miglioramento o alla conservazione della propria salute tramite atteggiamenti salutari e seguendo programmi di screening. In secondo luogo, questo atteggiamento rende le donne più consapevoli del loro stato di salute e più facile identificare obiettivi di cura condivisi con il medico.
“Come tutti i pazienti affetti da una malattia infiammatoria cronica, le donne con IBD presentano una serie di problematiche legate all’impatto che la malattia ha sulla loro qualità di vita, spiega la Dott.ssa Renata D’Incà, responsabile U.O.S. Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Oncologiche e Gastroenterologiche Azienda Ospedaliera Università di Padova. “Oltre a questi aspetti, però, le donne che soffrono di colite ulcerosa o malattia di Crohn presentano problematiche legate a fattori tipici del genere femminile, come la gravidanza, l’allattamento, l’uso di contraccettivi orali, l’osteoporosi e la comparsa di tumori femminili, ma anche problemi psicologici legati in particolare alla percezione che la donna ha del proprio corpo, al rapporto con il partner, con i figli o con il proprio lavoro. Per questo motivo, le donne con IBD hanno bisogno di un’attenzione in più rispetto alla popolazione generale di pazienti con malattie infiammatorie intestinali”.
“Come tutte le malattie croniche, anche le malattie infiammatorie intestinali hanno un impatto sugli aspetti psicologici dei pazienti e a loro volta, gli aspetti psicologici di queste malattie possono avere un effetto sull’evoluzione della malattia e sulle sue complicanze. E’ per questo motivo che la valutazione dell’aspetto psicologico deve diventare uno strumento che i medici devo utilizzare per ottimizzare la terapia, spiega la Prof.ssa Chiara Ricci, professore Associato in Gastroenterologia Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali A.O. Spedali Civili di Brescia Università degli Studi di Brescia. “La letteratura dimostra che agendo sull’aspetto psicologico delle pazienti si ha un miglioramento del decorso della malattia. Questi risultati non sono specificatamente legati al supporto psicologico ma riveste particolare importanza anche il rapporto medico-paziente. A questo si associa anche il supporto delle figure che affiancano i medici, come gli infermieri specializzati, che raccolgono le percezioni immediate dei pazienti e fanno da filtro tra questi ultimi e i medici”.
“Per una donna soffrire di una malattia infiammatoria cronica intestinale significa condizionare la propria vita e sentirsi improvvisamente imprigionata in ritmi e tempi diversi rispetto a quelli desiderati, spiega la Dr.ssa Previtali. Quando il medico pone una diagnosi di IBD, in genere i pazienti non conoscono la malattia. Le prime informazioni che vengono date al momento della diagnosi non bastano a rassicurare la donna, che tende a cercare informazioni ovunque. L’impatto della diagnosi di queste malattie è abbastanza drammatico e il senso di abbandono molto forte. Il percorso di accettazione della malattia è molto lungo e implica il diventare consapevoli di poter convivere con una serie di problematiche. Per arrivare all’accettazione della malattia è necessario aiutare la donna a percorrere passo a passo le tappe della malattia, dalla diagnosi all’inquadramento della migliore terapia.
“Noi pazienti donne chiediamo di avere dei centri di riferimento di eccellenza in grado di aiutarci nella cura della nostra malattia ma soprattutto chiediamo di essere ascoltate in quanto donne, perché le donne che soffrono di Crohn o colite ulcerosa hanno bisogno di un’attenzione in più e di riferimenti precisi. Chiediamo ai medici di accompagnarci durante le fasi più importanti della nostra vita, dall’adolescenza, alla gravidanza e alla menopausa e anche in quelle fasi drammatiche legate ad esempio agli interventi chirurgici che sono momenti di dolore e sofferenza, spesso passati in solitudine. Un'altra richiesta che rivolgiamo alla classe medica è quella di aiutarci a conoscere maggiormente i farmaci e di aiutarci a capire a che cosa andremo in contro, ad individuare gli elementi della malattie che vanno conosciuti e di metterci a disposizione un bagaglio di informazioni utili a superare alcune situazioni che incontreremo duramente la nostra vita. Infine chiediamo ai nostri medici di individuare elementi e strategie per aiutarci a vivere la vita di tutti i giorni con serenità, grazie anche a un supporto psicologico che ci accompagni nei momenti di più grande dolore, conclude Previtali”.
Elisa Spelta
Gastroenterologia ed epatologia