Equivalenza terapeutica sui farmaci contro l'epatite C: quanto è praticabile nella vita reale?

Analizzare l'applicabilità dei criteri sull'equivalenza terapeutica stabiliti dall'Aifa con la Determina 818/2018 al caso delle terapie anti-HCV. E'  questo l'obiettivo di un documento dal titolo "Equivalenza Terapeutica dei farmaci anti-HCV: considerazioni farmacologiche e farmaco-economiche" che è stato presentato oggi presso la Sala "Caduti di Nassirya" del Senato della Repubblica su iniziativa del Senatore Marco Siclari, membro della 12ª Commissione permanente Igiene e Sanità.

Analizzare l’applicabilità dei criteri sull’equivalenza terapeutica stabiliti dall’Aifa con la Determina 818/2018 al caso delle terapie anti-HCV. E’  questo l’obiettivo di un documento dal titolo "Equivalenza Terapeutica dei farmaci anti-HCV: considerazioni farmacologiche e farmaco-economiche" che è stato presentato oggi presso la Sala “Caduti di Nassirya” del Senato della Repubblica su iniziativa del Senatore Marco Siclari, membro della 12ª Commissione permanente Igiene e Sanità. La conferenza è stata organizzata con il contributo non condizionato di Abbvie e Gilead Sciences.

“Stabilire l’equivalenza tra farmaci richiede confronti di estrema complessità: l’aderenza alla terapia da parte del paziente il fattore strategico, da valutare in un contesto di vita reale” sottolinea Giorgio Racagni, presidente della Società Italiana di Farmacologia.



L’Italia ha un ruolo chiave nell’attuazione del piano di eliminazione dell’infezione da Hcv entro il 2030 promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’innovazione garantita dai nuovi farmaci antivirali ad azione diretta (DAA) per il trattamento dell’epatite C ha avuto una portata rivoluzionaria per la possibilità di eradicare il virus in maniera definitiva, in tempi rapidi e senza effetti collaterali. Questi stessi farmaci, però, sono stati molto dibattuti dal punto di vista economico, nonostante numerosi studi li abbiano certificati come costo-efficaci.

Queste terapie anti-Hcv rappresentano il primo caso di applicazione della richiesta da parte delle Regioni di equivalenza terapeutica, su cui la Commissione Tecnico Scientifica dell’Aifa si è espressa con il parere positivo alla Determinazione 818/2018 pubblicato lo scorso 16 dicembre. Una presa di posizione che aveva già suscitato la ferma opposizione delle Società Scientifiche AISF e SIMIT e dell’Associazione pazienti EpaC onlus, aprendo un ampio dibattito sul tema.

“Il tema dell’equivalenza terapeutica va affrontato con un approccio scientifico che deve scaturire da un costante confronto tra gli attori di sistema, con particolare attenzione al contributo di farmacologi, specialisti ed economisti – dichiara il Sen. Marco Siclari. - In tale confronto, le Istituzioni devono necessariamente svolgere un’opera di mediazione, per garantire che vengano prese decisioni condivise che, da un lato, tengano in considerazione l’ottimizzazione delle risorse e, dall’altro, garantiscano una universalità di accesso alle migliori e più innovative terapie disponibili per il paziente di riferimento. In un caso come l’eliminazione dell’epatite C, occorre tener conto, oltre alla portata rivoluzionaria dei nuovi farmaci, quanto l’eradicazione del virus HCV porti in dote al Ssn in termini di saving su costi diretti e indiretti della patologia, liberando, di fatto, risorse funzionali alla migliore tenuta del nostro Welfare State”.

Nel documento di posizione elaborato da farmacologi ed economisti presentato al Senato, si fa presente che per decretare l’equivalenza dei farmaci devono essere soddisfatti dei requisiti farmacologici e clinici. Anzitutto bisogna tenere conto del meccanismo d’azione della classe terapeutica; nel caso dell’HCV bisogna poi tenere conto anche della questione dell’uso combinato dei farmaci. Ma il discorso è complesso.



“L’equivalenza terapeutica viene proposta come uno strumento per razionalizzare l’uso e il costo dei farmaci a disposizione per ogni determinata patologia, assumendo pari efficacia terapeutica – spiega il prof. Giorgio Racagni, presidente Sif. – Tuttavia, stabilire l’equivalenza tra farmaci richiede confronti di estrema complessità: l’equivalenza deve riferirsi a un numero elevato di caratteristiche farmacologiche e cliniche sulla base di solide evidenze scientifiche. Tra i fattori sotto esame emergono come particolarmente rilevanti il profilo farmacocinetico, cioè l’assorbimento dei farmaci, la biodisponibilità, il legame alle proteine plasmatiche e il confronto dei farmaci tra loro nei diversi setting di pazienti.

Per quanto attiene all’efficacia terapeutica, è importante tenere in considerazione la rapidità e la durata dell’azione del farmaco, variabili da un paziente ad un altro. Ma la scelta della terapia adeguata sulla tipizzazione del paziente è il fattore strategico, da valutare in un contesto di vita reale. Per questo sono molto importanti gli studi osservazionali reali che ci portano a definire la Real World Evidence, ossia le evidenze cliniche sull'utilizzo e i possibili effetti di una terapia così come risultano dall'analisi dai dati della pratica clinica.

La SIF è impegnata ad analizzare gli studi di Real World Evidence al fine di valutare l’efficacia di un farmaco rispetto ad un altro. Questo approccio tiene dunque in alta considerazione anche le interazioni tra farmaci e il ruolo del paziente. In merito all’equivalenza dei farmaci, la SIF sta valutando di presentare questo approccio analitico rispetto ai criteri AIFA alla comunità scientifica”.

LA PLURALITA’ DEI FARMACI E IL CASO DELL’EPATITE C - La pluralità dell'offerta farmacologica rappresenta un diritto del malato e un vantaggio per lo specialista. Fino a questo momento è stato possibile disporre di più farmaci da scegliere, in accordo con le Linee Guida Internazionali (Raccomandazioni dell'EASL - European Association for the Study of the Liver). Le realtà territoriali non sono tutte uguali: nelle diverse regioni cambiano fattori rilevanti la prevalenza della patologia, le abitudini e gli stili di vita, elementi che possono condizionare l’aderenza ai trattamenti o aumentare le comorbidità precedenti o conseguenti l’HCV.

Inoltre, più del 50% dei soggetti  candidabili alla terapia  con  i nuovi farmaci antiretrovirali ad azione diretta sono anziani, quindi spesso soggetti a complicanze e sottoposti a diverse terapie. Al fine di una valutazione complessiva, è dunque importante tenere in considerazione tutte le diverse voci che possono contribuire ad arricchire il dibattito, compresi i pazienti e le società scientifiche.

“L'eradicazione dell'Epatite C è stato uno degli obiettivi focali del mio mandato da Ministro della Salute. Il fondo ad hoc, istituito con la Legge di bilancio del 2017, dotato di 500 mln/€ per i farmaci innovativi, è servito per garantire un rapido accesso a molecole curative per questa diffusissima patologia, dai grandi costi sociali: ad oggi circa 200 mila pazienti sono guariti dall'HCV e, dato sottostimato, altrettanti aspettano di essere curati. Rammento come anche il WHO abbia indicato questa malattia tra quelle da eliminare entro il 2030" sottolinea l’On. Beatrice Lorenzin, Membro V Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione.

“L’obiettivo fissato dall’OMS dell’eliminazione dell’epatite C entro il 2030 è alla portata dell’Italia. Visti gli importanti risvolti clinici ed economici che un simile risultato potrebbe comportare, non si deve trascurare alcun dettaglio che possa complicare un coinvolgimento della popolazione a rischio negli screening e nella cura quanto più ampio possibile. Questo obiettivo rappresenta una priorità a cui la Commissione dedicherà la massima attenzione, svolgendo una funzione di supporto e mediazione verso gli attori coinvolti. Il tema dell’equivalenza dei farmaci emerso negli ultimi mesi deve essere affrontato con un approccio scientifico che non trascuri i possibili rischi e la compromissione del lavoro finora svolto dai clinici” ha dichiarato Michela Rostan, vicepresidente della XII Commissione Affari Sociali della Camera.

“Recentemente, con l’approvazione dell’emendamento al mille proroghe, è stato facilitato il reclutamento e l’accesso alle terapie innovative dei farmaci DAA per i pazienti affetti da HCV. Un passo molto importante per far emergere il cosiddetto “sommerso” - sottolinea l’On. Elena Carnevali, membro della XII Commissione Affari Sociali. – Tuttavia, il raggiungimento di questo traguardo deve essere considerato un punto di partenza: all’efficienza degli screening deve corrispondere un rapido avviamento dei pazienti ai trattamenti.



L’introduzione dell’equivalenza terapeutica per alcuni farmaci DAA e l’uscita dall’accesso al fondo dei farmaci innovativi non oncologici possono indebolire  i successi raggiunti. Il nostro obiettivo deve essere di garantire migliori condizioni di salute ai pazienti con HCV, evitando insorgenza di patologie molto più severe e gravi e tanto più impattanti sulla sostenibilità della spesa sanitaria”.