La prevalenza dell’infezione da H. pylori è in calo, ma il tasso di fallimento dell’eradicazione è drammaticamente aumentato in molti paesi a causa della resistenza agli antibiotici tanto che la terapia nella pratica clinica sta diventando progressivamente più difficile. E’ il quadro che emerge da una revisione dei dati presenti in letteratura pubblicata sulla rivista Clinical Medical Journal.

L’Helicobacter pylori (H. pylori) è una delle più comuni cause di infezioni batteriche nell’uomo causando malattie gastroduodenali, gastrite cronica e soprattutto ulcera peptica. La prevalenza globale è del 50% ma esistono grandi differenze tra nazioni e regioni; il tasso più alto si riscontra in paesi sottosviluppati soprattutto in Asia, Africa e Sud America (Iran 64.2%, Portogallo 66.2%, America Latina 79.4%) e ciò dipende dalle condizioni igienico-sanitarie. Una bassa prevalenza è, invece, presente in Nord America, Europa occidentale ed Australia (Repubblica Ceca 23.5%, Slovacchia 30%, Australia 15.5%).

L’incidenza è passata dal 41.7% del 2001 al 23.5% del 2011 nei paesi con bassa prevalenza. Tendenzialmente, persone con un basso livello culturale e con un età superiore ai 55 anni sono maggiormente associate al rischio di H. pylori.

La situazione è comunque migliorata ovunque grazie al miglioramento delle condizioni socio-economiche e alla maggiore cultura sull’argomento.

In questo lavoro, i ricercatori hanno fatto anche un confronto tra l’infezione da H. pylori e altri disordini gastrointestinali. Ad esempio, il tasso di rilevamento dell’ulcera duodenale, dell’ulcera gastrica e dell’esofagite da reflusso nel 1996 erano il 15.91%, 3.62% ed il 3.53%, rispettivamente. Nel 2005 tali percentuali sono passate all’8.30%, 2.71% e 6.06%, rispettivamente. Nel caso dell’H. pylori, il tasso di rilevamento nel 1996 ha raggiunto il picco del 48.77%, nel 2005 invece tale tasso ha toccato il fondo con una percentuale del 33.61% e la maggior parte delle ulcere duodenali e gastriche erano attribuite proprio a tale batterio. Le percentuali di ricorrenza delle ulcere sono diminuite dal 70-100% al 3-10% dopo terapia di eradicazione.

Il collegamento tra H. pylori e malattia da reflusso gastroesofageo (GERD) non è invece chiaro; alcuni studi parlano di un collegamento negativo altri, invece, spiegano che la qualità della vita nei pazienti con GERD migliora dopo 1 anno dalla terapia di eradicazione dell’H. pylori. L’eradicazione dall’infezione da H. pylori fornisce benefici a lungo termine per i pazienti con dispepsia.

Il collegamento con il cancro allo stomaco è stato studiato in diversi lavori epidemiologici che dimostrano una correlazione significativa. Nelle regioni con bassa prevalenza di infezione da H.pylori, l’ASR (age standardised incidence rate) relativa al cancro dello stomaco è relativamente bassa: 6.5 per l’Europa occidentale, 4.2 per il Nord America; mentre è alta nell’Asia dell’Est e in America Latina.

Situazione differente si verifica in Nord Africa e Sud Asia in cui la tendenza è opposta, alta incidenza di infezione con bassa incidenza di cancro. Questo paradosso viene chiamato “enigma Africano” ed “enigma Asiatico” ed è associato a differenze di popolazione, fattori nutrizionali e al tipo di infiammazione da H. pylori.

L’H. pylori induce infiammazione della mucosa gastrica ma solo una porzione di pazienti sviluppa ulcera peptica o cancro dello stomaco. Questo è associato anche alla eterogeneità del genome dell’H. pylori e ai fattori di virulenza batterica che possono avere un ruolo importante nel determinare il futuro dell’infezione.

"Per quanto riguarda la terapia, sono stati fissati dei punti chiave su cui basarla: innanzitutto la terapia tripla è la preferita, in assenza di bismuto in aree di bassa incidenza di resistenza alla claritromicina; la terapia quadrupla con bismuto, nei casi di non funzionamento della prima linea di terapia, ha avuto il più alto titolo; si passa quindi, in caso di fallimento anche della quadrupla, al trattamento individualizzato che viene preferito in base all’antibiotico resistenza"

Il programma di trattamento viene definito in base alla compliance dei pazienti, alla storia del trattamento antibiotico, alla resistenza agli antibiotici e include: terapia triplice, terapia quadruplice, terapia sequenziale, terapia concomitante (con PPI e amoxicillina, claritromicina e metronidazolo per 10-14 giorni) e trattamento individuale. Viene aggiunta anche una terapia adiuvante, ad esempio con probiotici.

La percentuale di eradicazione con terapia triplice è purtroppo diminuita molto negli ultimi anni (ad esempio dal 90% al 75-80% in Cina e Giappone) per la crescente antibiotico resistenza soprattutto alla claritromicina che spesso viene sostituita dal metronidazolo. Questa terapia comunque rimane quella di prima scelta nei pazienti sensibili alla claritromicina.

La terapia quadruplice, invece, ha raggiunto percentuali di eradicazione del 76% in pazienti in cui falliva la triplice. Una meta analisi su 40 studi RCT ha messo in evidenza le percentuali di eradicazione con le diverse terapie: con la terapia tripla si va dal 68.4% al 84.5%; con la quadrupla con bismuto si va dal 78.8% al 90.1%; senza bismuto dal 74.9% all’87% e con la terapia sequenziale dall’82.1% all’86.4%. Nei casi di ceppi resistenti alla claritromicina la percentuale di eradicazione è del 72.8%; nei casi resistenti al metronidazolo la percentuale è dell’86.4% e nei casi di resistenza ad entrambi solo nel 37% dei casi la terapia sembra funzionare. Con la terapia concomitante si raggiungo percentuali superiori al 90% ed è una buona scelta nei casi di alta resistenza alla claritromicina. In alcuni pazienti, invece, bisogna ricorrere a terapie individualizzate.

La resistenza agli antibiotici è il principale problema della non riuscita dell’eradicazione; tale resistenza ha percentuali variabili a seconda dei paesi ed è sicuramente maggiore nei paesi in via di sviluppo; ma ci sono anche problemi relativi al pH gastrico, in quanto molti antibiotici funzionano meglio con pH alto. Ed infine bisogna considerare il polimorfismo del CYP2C19 che metabolizza gli inibitori della pompa protonica. Quindi negli extensive metabolizer si verifica il fallimento dell’eradicazione da H. pylori. Il genotipo povero metabolizzatore del CYP2C19 è presente nel 3%-5% della popolazione Caucasica, Americana ed Africana, nel 12% degli asiatici, nel 15% dei cinesi e nel 19-23% dei giapponesi. La terapia tripla con omeprazolo e lansoprazolo raggiunge dei tassi di eradicazione molto alti nei poveri metabolizzatori mentre con il rabeprazolo e esomeprazolo non c’è differenza tra genotipi quindi questi farmaci possono essere utili nei casi di influenza genotipica.

Per elevare il pH e ridurre il metabolismo dei PPI-CYP2C19 dipendente vengono elevate le dosi di farmaco; anche allungare i tempi della terapia produce lo stesso effetto. La percentuale di eradicazione con la terapia standard è del 68.8% se effettuata per sette giorni e 71.76% se prolungata a 10 giorni e si ha una differenza significativa se protratta fino a 14 giorni.

A tal proposito il Maastricht IV/Florence consensus report ha proposto di estendere il regime della tripla terapia a 14 giorni per avere un 5% di aumento nella percentuale di eradicazione.

In conclusione, gli autori suggeriscono di analizzare nuovi possibili metodi e farmaci per trattare l’infezione da H. pylori.

Emilia Vaccaro

Cui R, Zhou L. Helicobacter pylori infection: an overview in 2013, focus on therapy. Chin Med J (Engl). 2014 Feb;127(3):568-73.
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