Malattia di Chron, un test ematico potrebbe predirne l'insorgenza due anni prima dell'esordio
Un nuovo modello predittivo basato sui biomarcatori del sangue consentirebbe di identificare le persone a rischio di sviluppare la malattia di Crohn entro 2 anni dal test, secondo uno studio presentato al congresso Digestive Disease Week (DDW) 2025. Il prossimo passo sarà identificare la combinazione di biomarcatori più predittiva.
La prevalenza della malattia di Crohn negli Stati Uniti è in crescita, con una stima di un milione di statunitensi che soffrono della patologia, tuttavia restano ancora molte incertezze su come valutare il rischio individuale di svilupparla. «È praticamente accettato che la malattia di Crohn non si manifesti al momento della diagnosi» ha affermato Ryan Ungaro, professore associato di medicina presso la Icahn School of Medicine del Mount Sinai di New York.
Per questo motivo i ricercatori hanno sviluppato un punteggio di rischio che hanno ritenuto accurato nel prevedere l'esordio della malattia di Crohn entro 2 anni prima della sua insorgenza. Come ha spiegato Ungaro, si tratta di una versione preliminare che probabilmente verrà ulteriormente migliorata e necessita di ulteriore convalida. «Una volta che saremo in grado di identificare con precisione gli individui a rischio di sviluppare la malattia, potremo immaginare una serie di possibili interventi».
Il tipo di approccio dipenderebbe da quanto si stima che sia lontano l’esordio. Per le persone che probabilmente non svilupperanno la malattia per molti anni potrebbe essere sufficiente un attento monitoraggio, in modo da consentire la diagnosi nelle fasi iniziali, quando il trattamento è più efficace. Ai soggetti invece ad alto rischio di sviluppare il Crohn nei successivi 2 o 3 anni, potrebbe essere proposto un intervento farmacologico.
Sviluppo di un modello predittivo basato su biomarcatori ematici
Per sviluppare il punteggio di rischio sono stati analizzati i dati di 200 pazienti con malattia di Crohn e 100 controlli sani provenienti da PREDICTS, uno studio caso-controllo nidificato su militari in servizio attivo negli Stati Uniti che si inserisce nel più ampio archivio del siero del Dipartimento della Difesa, avviato nel 1985 e contenente oltre 62,5 milioni di campioni conservati alla temperatura di -30 °C.
I ricercatori hanno raccolto campioni di siero in quattro punti temporali fino ad almeno 6 anni prima della diagnosi. Hanno saggiato gli anticorpi antimicrobici utilizzando la piattaforma Prometheus Laboratories, i marcatori proteomici utilizzando il pannello di infiammazione Olink e gli autoanticorpi anti-fattore stimolante le colonie di granulociti e macrofagi utilizzando un saggio di immunoassorbimento enzimatico (ELISA).
I partecipanti (età mediana 33 anni, 83% di razza bianca, circa il 90% di sesso maschile per entrambi i gruppi) sono stati suddivisi in modo casuale in gruppi di training e di test di pari dimensioni. Sono state stimate le traiettorie temporali variabili relative all'abbondanza dei marcatori per ciascun biomarcatore. Successivamente, tramite regressione logistica, è stato modellato lo stato di malattia in funzione di ciascun marcatore per diversi punti temporali.
Il modello è già molto accurato nel predire l'insorgenza della patologia entro 2 anni
I ricercatori hanno quindi sviluppato un punteggio di rischio per predire l'insorgenza della malattia di Crohn entro 2 anni. Hanno scoperto che proteine e anticorpi del sangue presentano diverse associazioni con la malattia di Crohn a seconda del periodo precedente la diagnosi. Il modello integrativo per prevedere l'insorgenza della malattia di Crohn entro 2 anni incorporava 10 biomarcatori significativamente associati all'insorgenza della malattia.
L'area sotto la curva (AUC) del modello era pari a 0,87 (un valore considerato buono, considerando che un punteggio pari a 1 indica una discriminazione perfetta), la specificità era del 99% e il valore predittivo positivo era dell'84%.
Dopo aver stratificato i punteggi del modello in quartili, è stato riscontrato che l'incidenza della malattia di Crohn entro 2 anni aumentava dal 2% nel primo quartile al 57,7% nel quarto, con un rischio relativo di sviluppare la patologia pari a 10,4 nei soggetti del quartile superiore rispetto a quelli del quartile inferiore.
Uno strumento molto utile nella pratica clinica
«Questa ricerca rappresenta una frontiera ambiziosa ed entusiasmante per il futuro della cura delle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD)» ha commentato Victor Chedid, professore associato di medicina presso la Mayo Clinic di Rochester, Minnesota, non coinvolto nello studio. «Attualmente i medici trattano le IBD una volta che si manifestano ed è difficile prevedere chi svilupperà la malattia di Crohn».
«L'AUC del modello integrativo di 0,87 è impressionante, e la sua specificità e i livelli di valore predittivo positivo dimostrano un'elevata accuratezza nel predire l'insorgenza della patologia entro 2 anni» ha aggiunto. «Sono necessarie ulteriori validazioni su una popolazione più ampia e diversificata, ma il modello ha il potenziale per essere molto utile nella pratica clinica. Inoltre l'uso di biomarcatori ematici lo rende relativamente non invasivo e facile da implementare in ambito clinico».
Il prossimo step sarà identificare i migliori biomarcatori per caratterizzare le diverse fasi precliniche della malattia di Crohn e testare diversi interventi in studi di prevenzione. Hungaro ha osservato che sono in programma o sono in corso alcune ricerche, come lo studio PIONIR che valuterà l'impatto di una dieta specifica sul rischio di sviluppare il Crohn e lo studio INTERCEPT, che si propone di sviluppare un punteggio di rischio basato sui dati ematici in grado di identificare i soggetti ad alto rischio di sviluppare la patologia entro 5 anni dalla valutazione iniziale.
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