L’interno del colon è popolato da un’enorme quantità di microbi che in genere sono in eubiosi, quindi esiste un bilancio armonico. Quando questo equilibrio si sposta, per stress di varia natura, si crea una disbiosi che col tempo può portare allo sviluppo o può essere una concausa di insorgenza di malattie tra cui anche le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI). Ne ha parlato il prof. Antonio Gasbarrini, Medicina Interna e Gastroenterologia, Fondazione Policlinico Universitario Gemelli IRCCS-Università Cattolica del Sacro Cuore durante la seconda giornata della Italian World IBD week sottolineando l’importanza dei primi anni di vita nella formazione del microbiota intestinale e di come oggi è possibile agire per ristabilire l’equilibrio e gestire meglio alcune malattie.

L’interno del colon è popolato da un’enorme quantità di microbi e pertanto si ritiene che la mucosa dell’intestino tenue sia una barriera anatomo microbiologica; la comunità microbica fa a tutti gli effetti parte dell’apparato digerente e tutte le superfici a contatto con l’esterno sono tappezzate da comunità microbiche. Questo vale per la bocca, per l’apparato genito-urinario, per i polmoni.

“Questi microbi non vanno visti come nemici ma sono in qualche modo nostri alleati, loro prendono qualcosa e noi gli diamo qualcosa in cambio” ha sottolineato Gasbarrini.
Queste nuove conoscenze delle barriere a contatto con l’esterno che sono barriere anatomo-microbiologiche è il cardine della “microbiota revolution” cioè una rivoluzione vera e propria della medicina che ha al centro alcuni componenti come batteri , virus, microeucarioti che sono diversi a seconda della etnia.

“Le persone che vivono nelle zone in via di sviluppo hanno anche altri componenti aggiuntivi del microbiota intestinale come protozoi, elminti e parassiti che noi nel mondo occidentale abbiamo pressochè perso. Non è detto che questa perdita sia unicamente un vantaggio perché si è visto ad esempio che alcuni di questi microbi come gli elminti possono addirittura controllare il sistema immunitario” ha evidenziato Gasbarrini.
La perdita di alcune componenti del microbiota è alla base della “ipotesi del gene” secondo cui nel mondo occidentale saremmo più proni a sviluppare malattie immuno-allergiche. Il sistema immunitario era in qualche modo controllato da queste comunità microbiche che vivevano anche nell’apparato digerente.

La letteratura è in continua evoluzione perché di questi batteri fanno parte di tanti fila, alcuni più rappresentati come i Firmicutes, Bacteroidetes, Verrucomicrobia che all’interno contengono famiglie di batteri buoni, altri meno fino a quelli anche cattivi.
Nell’apparato digerente esistono anche dei virus e dei fagi ; i virus nella maggioranza dei casi sono buoni e cruciali nello sviluppo del microbiota intestinale. Alcuni di essi sono fagi che controllano le comunità batteriche e, anche su questi,  nuovi studi in letteratura stanno rivoluzionando le nostre conoscenze.

Nell’apparato digerente ci sono anche miceti, in caso di eccesso di antibiotici ad esempio può crescere la candida fecale o vaginale.
“Queste comunità si controllano una con l’altra. Se noi abbattiamo troppo i batteri, ad esempio con antibiotici usati in maniera sconsiderata, i miceti possono sovra-crescere” ha aggiunto Gasbarrini.
I miceti sono in genere presenti in basse concentrazioni ma possono comunque avere un significato. Uno dei probiotici più usati al mondo, il Saccaromices Baulardi, appartiene proprio alla classe dei miceti e a basse concentrazioni può avere anche effetti positivi per l’apparato digerente.

“Tutta questa nuova scienza è molto complessa e difficile, batteri, miceti, virus vivono continuamente in correlazione e comunicano con le cellule epiteliali dell’apparato digerente per cui a volte servono delle tecniche di matematica complessa per capire come stanno comunicando tra loro e soprattutto come il cibo, quello che entra nell’apparato digerente può modulare queste specie batteriche” ha spiegato Gasbarrini.

Nel corpo umano sono contenuti circa 3.3 milioni di geni batterici, nel nostro apparato digerente vivono 160-180 specie batteriche. I loro geni si sommano al nostro patrimonio genetico formando il “patrimonio genetico variabile”, quindi al genoma ereditato dai genitori si somma uno variabile contenuto nel microbiota intestinale che si è evoluto nel tempo e ci ha concesso di adattarci a perturbazioni esterne. Quindi è il frutto della pressione selettiva che ha incontrato l’uomo, superando anche grosse pandemie che in passato erano di gran lunga più frequenti.

“Oggi infatti si parla di adattoma intestinale; uno studio di qualche anno fa (Nature 2018) ha mostrato che la genetica di ognuno di noi ha un ruolo molto basso nel controllare la composizione del microbiota. Quello che conta è l’epigenetica cioè tutto quello che succede dalla nascita in poi” ha precisato Gasbarrini.

Una persona può essere in eubiosi (bilancio armonico di tutte le componenti del microbiota con il sistema immunologico e metabolico di una specifica persona) oggi considerando la sua nutrizione ma messo in un contesto diverso, come qualche secolo fa, sarebbe stato sicuramente in disbiosi (equilibrio alterato delle comunità del microbiota che comunicano male con le componenti immunologiche e metaboliche) quindi malessere non solo a livello intestinale. L’intestino è infatti un vero e proprio cervello emotivo che comunica con il sistema nervoso autonomo; quindi la disbiosi è un malessere generale che può evolvere anche a malattie vere e proprie.

Il microbiota varia in condizioni di stress ma la quantità di stress che ognuno di noi può tollerare determina la “resilienza” prima che il suo stato omeostatico passi da un equilibrio a un altro.
“Una persona che sviluppa colite ulcerosa non aveva sufficiente resilienza a ritornare nello stato precedente. La composizione del microbiota è variata e tutti i meccanismi di controllo non erano sufficienti a ristabilire l’equilibrio” ha sottolineato Gasbarrini.

Questo nuovo equilibrio può portare a delle malattie come appunto le malattie infiammatorie croniche intestinali.
Il microbiota può essere alterato da alcune condizioni come la dieta (soprattutto presenza di additivi chimici, dolcificanti, alcune componenti del dentifricio..), lo stile di vita, l’età, l’origine geografica della persona ma anche sport, condizioni di vita. Sono determinanti i primi 7-10 anni di vita ed è importante che un medico conosca la storia clinica di una persona nei primi anni di vita, per riuscire a curarlo. E’ stato anche evidenziato che se un bambino non è cresciuto con la madre tende a prendere il microbiota di chi lo ha cresciuto nei primi due anni di vita; paura, umiliazione influiscono sull’attivazione del sistema immunitario e a volte fino allo sviluppo di malattie autoimmuni.

L’uso di antibiotici nei primi anni di vita influenza in maniera deciso il microbiota e c’è aumento del rischio di sovrappeso e obesità ma anche momenti di vita come violenza in famiglia possono modificare il microbiota. Anche nel mondo dell’autismo e dell’Asperger si sta studiando l’eventuale influenza nel cambio del microbiota.
Oltre alle esperienze vissute da bambino contano anche le abitudini in fase adulta.
“Bisogna stare attenti alla dieta visto che esistono alimenti infiammatori ed altri anti infiammatori. Ad esempio, alimenti molto ricchi in zolfo (aringhe, uova etc) determiniamo la crescita di alcuni batteri che possono far aumentare i sulfiti che possono danneggiare la mucosa.

Quello che mangiamo è cruciale nel controllo delle malattie infiammatorie croniche intestinali perché il microbiota è influenzato da quello che mangiamo, dalla quantità di fibre, di proteine, additivi. Per questo nel controllo delle MICI bisogna avere anche dei bravissimi nutrizionisti” ha aggiunto Gasbarrini.
Un eccesso di emulsificanti, presenti a volte in gelati confezionati, gelatine, alcuni formaggi può danneggiare la parete intestinale e far crescere batteri che è meglio non avere.
Si crea quindi una disbiosi collegata alla leaky gut collegata a immunoattivazione. Questo è alla base di tante malattie tra cui le MICI, schizofrenia, ansia, depressione e malattie reumatologiche che possono essere presenti in pazienti con MICI.

Il trapianto di microbiota intestinale ha mostrato che si può trasmettere il fenotipo di malattia (obesità, depressione, autismo, malattie neurodegenerative etc) perché nel nostro apparato digerente c’è un vero e proprio cervello.
È stato mostrato anche un ruolo del microbiota nel cancro, es. l’H. pylori se cresce nello stomaco è legato al rischio di sviluppo di cancro. Modelli animali in cui sono assenti alcuni batteri non rispondono ad alcune terapia anti-tumorali.

Microbiota e malattie infiammatorie croniche intestinali
Chi ha malattie infiammatorie croniche intestinali è in genere disbiotico, la composizione del microbiota è diversa tra malattia attiva e malattia inattiva e il microbiota può influenzare l’andamento della malattia e quindi si potrà probabilmente in futuro, agendo a questo livello, ridurre o bloccare le recidive di malattia facendo tornare un equilibrio nel microbiota.
Malattia di Crohn (MC) e colite ulcerosa (CU) sono accompagnate da una diversa composizione microbiologica. La disbiosi è maggiore nel Crohn rispetto alla CU, con una maggiore alterazione della composizione e una maggiore instabilità della comunità microbica.

I prodotti che i batteri del microbiota producono, il metaboloma, è diverso tra MC e CU; i pazienti con manifestazioni extraintestinali (es. epatite autoimmune nella colite ulcerosa oppure Crohn con spondilite alchilosante) hanno un microbiota diverso che quindi può influenzare la comparsa di malattie extra digestive.

“Ma non basta studiare i batteri, dovremmo studiare anche i miceti, il micobioma intestinale; si è visto che dopo ogni recidiva di colite ulcerosa i miceti dell’apparato digerente cambiano. Anche la presenza di altri funghi ci dovrebbe far pensare a una maggiore severità di queste malattie perché lo strato di muco è alterato e questi microrganismi entrano magari evocando malattie autoimmuni” ha sottolineato Gasbarrini.

Anche alcuni virus modulano queste malattie, non è ancora chiaro il loro ruolo ma cambia nei pazienti con queste malattie.

Come si modula il microbiota?
“Il microbiota può essere modulato e in alcuni casi resettato. La dieta è fondamentale per modularlo quindi bisogna essere seguiti da bravi nutrizionisti che conoscano la letteratura, gli alimenti e la persona e i suoi gusti e i suoi momenti particolari durante il corso della vita” ha spiegato Gasbarrini.

Bisogna stare attenti alle diete senza glutine e senza fibre (low fodmap) perché se è vero che fanno fermentare meno ma potrebbero abbattere i batteri buoni con conseguente aumento di infiammazione e anche aumentato del rischio neoplastico.

“Il microbiota può essere modulato dai probiotici ma ogni probiotico ha un effetto diverso che i medici devono assolutamente conoscere. Sono tanti sul mercato e bisogna conoscerli per sceglierli per la loro funzione e ad oggi sono poche le evidenze di efficacia nelle malattie infiammatorie croniche intestinali” ha evidenziato Gasbarrini.
La ECCO ha prodotto delle linee guida interessanti secondo le quali i probiotici inducono o aiutano a mantenere in remissione la colite ulcerosa insieme alle terapie convenzionali. Tra questi l’E. coli Nissle 1917, alcuni Lactobacilli, alcuni Bifidi. Anche mix di probiotici come il VSL3 funzionano nel mantenere in remissione la paucite.

E’ comunque una terapia che va personalizzata dallo specialista.
Il trapianto di microbiota è l’ultima delle possibilità di modulazione della disbiosi che può essere rischioso al di fuori di un centro specializzato; i centri esperti individuano precisamente la quantità di biomassa che può migliorare un microbiota disbiotico e bloccare l’infiammazione.
Ad oggi ancora non abbiamo la conoscenza della biomassa ideale per il trattamento con FMT nella colite ulcerosa.

Conclusioni
La microbiota revolution invalida le classiche teorie infettive; alcuni batteri sono cruciali per la nostra salute e altri possono essere usati per combattere altri batteri. La proporzione di questi batteri in alcune malattie è molto più importante della comparsa di un singolo microorganismo.

La barriera intestinale di un paziente con colite ulcerosa molto avanzata mostra danneggiamento dello strato epiteliale e anche dello strato di muco e alcuni batteri attraversano lo strato di muco e attivano la risposta infiammatoria. Se lo strato di muco non si forma rapidamente possono insorgere malattie autoimmuni che poi si auto mantengono nelle persone geneticamente predisposte.

Il microbiota fa parte del nostro genoma variabile e si forma soprattutto nei primi anni di vita come adattamento a quanto si vive. Questo vuole dire che alcune malattie come anche le MICI potrebbero essere trasmesse tramite comunicazione di biomasse infiammatorie. Quindi, il microbiota è al centro di tutte le malattie moderne croniche autoimmuni.. Non è pensabile una medicina moderna in cui i medici non sappiamo cosa sta succedendo nel microbiota e come modularlo attraverso una terapia personalizzata che tenga conto anche della vita precedente e attuale del paziente

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