Una piccola percentuale di pazienti con epatite C non ottiene una risposta virologica con glecaprevir/pibrentasvir (G/P): questo setting di pazienti può essere ritrattato con successo aggiungendo al regime terapeutico sofosbuvir (SOF) e ribavirina (RBV). Questo è il dato, molto interessante, emerso dalla presentazione di David Wisley, direttore della divisione di Malattie Infettive presso l’Health Medical Center di Denver (USA), durante l’International Liver Congress 2018, il 53° Meeting annuale dell'EASL tenutosi a Parigi.

I risultati mostrati durante il congresso derivano da uno studio in corso, di fase 3b (MAGELLAN-3), in aperto condotto per valutare l’efficacia e la sicurezza di G/P (300/120 mg una volta al giorno) in associazione a SOF (400 mg una volta al giorno) e RBV (1.000-1.200 mg al giorno, in due somministrazioni) in 23 soggetti con HCV che hanno sperimentato un fallimento virologico dopo G/P in trial clinici di fase II o III.


I pazienti presentavano al basale età media di 56 anni, il 78% era maschio, avevano un BMI medio di 26,9, i genotipi 1 erano il 30%, quelli di tipo 2 erano il 9% e quelli del tipo 3 il 61%. Il 70% era affetto inoltre da fibrosi F0-F2 e il restante 30% era in stadio F4; il 22% presentava resistenza associata alle sostituzioni (RAS) in NS3 e tutti avevano RAS in NS5A.

Dopo l’arruolamento i pazienti sono stati suddivisi in due bracci: nel braccio A sono stati inseriti quelli con infezione che non riguardava il genotipo 3, senza cirrosi e che, prima del fallimento con G/P, erano naive agli inibitori delle proteasi NS3/4 e della NS5A, mentre nel braccio B erano compresi tutti gli altri. I pazienti del braccio A erano candidati a una terapia di 12 settimane, mentre quelli del braccio B di 16 settimane.

Sono state valutate sia l’efficacia (percentuale di pazienti con risposta virologica sostenuta a 12 settimane [SVR12] sia la sicurezza.

I risultati in termini di efficacia sono stati molto positivi: la SVR12 è stata raggiunta dal 100% dei pazienti sia con genotipo 2 (n=2) sia con genotipo 3 (n=14) e dall’86% (6 su 7) di quelli con genotipo 1, per un successo totale pari al 96% (22/23), derivato da un 100% ottenuto dai pazienti nel gruppo A e dal 95% da quelli nel gruppo B.

Anche dal punto di vista della sicurezza il ritrattamento si è dimostrato una valida soluzione. Infatti gli eventi avversi complessivi, che hanno interessato l’83% dei pazienti, sono stati di lieve entità: soprattutto cefalea (26%), prurito (22%), capogiri (17%), irritabilità (17%), fatigue (13%), insonnia (13%), infezioni delle alte vie respiratorie; 1 solo è risultato serio e correlato al trattamento nel giudizio dell’investigatore, nessuno di grado 3/4 e nessuno ha causato l’interruzione della terapia.

Analoghi risultati di sicurezza si sono dimostrati anche per quanto riguarda le alterazioni nei parametri di laboratorio: nessun paziente ha registrato AST di grado >3 (>5 x ULN) o bilirubina >3 x ULN e solo uno ha manifestato ALT di grado >3 (>5xULN). Da registrare inoltre come non sia stata necessaria alcuna riduzione della dose di ribavirina a causa di tossicità.

Da questo studio, che è in corso e arruolerà ancora pazienti, si evince come il ritrattamento con G/P+SOF+RBV per 12 o 16 settimane sia ben tollerato e consenta un tasso elevato di SVR12, indipendentemente dal genotipo di HCV o dalle sostituzioni associate alla resistenza al basale.

Wyles D et al. Retreatment of patients who failed glecaprevir/pibrentasvir treatment for hepatitis C virus infection. Abstract PS-040 e Presentazione. 11-15 aprile, ILC 2018 Parigi

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