“Nel mondo, si stima, che 382 milioni di persone soffrano di diabete conclamato (di questi il 46% non ha avuto ancora diagnosi di malattia) e 316 milioni soffrano di alterata tolleranza glucidica (IGT). - afferma Stefano Del Prato, professore di endocrinologia dell'Università di Pisa - Le previsioni dell'International Diabetes Federation per il futuro non sono confortanti, dal momento che si ipotizza che entro il 2035 si arriverà a 592 milioni di persone affette da diabete conclamato e a 471 milioni di persone affette da IGT. In totale quasi un miliardo di persone dovrà affrontare il problema legato alla iprglicidemia”.
Il punto sulla malattia è stato fatto nel corso di un incontro con la stampa svoltosi a Milano per la presentazione di una nuova opzione disponibile anche nel nostro Paese per la terapia del diabete di tipo 2. Si tratta di alogliptin - un nuovo inibitore della dipeptidil-peptidasi (DPP-4) – disponibile da solo o in combinazione a dosaggio fisso con metformina o pioglitazone.
Alogliptin - primo e unico farmaco della classe dei DPP-4 inibitori per il quale è stata documentata la sicurezza cardiovascolare (CV) in pazienti con diabete di tipo 2 con sindrome coronarica acuta (SCA) recente – assicura un controllo glicemico costante e, grazie alle tre diverse formulazioni e i diversi dosaggi disponibili, permette la personalizzazione del trattamento.
“In Italia – continua Del Prato - La prevalenza del diabete secondo dati dello studio ARNO 2012 è >6%, quindi almeno 4 milioni di concittadini sono portatori di alterazioni della glicemia o di diabete franco. Non solo: Si è osservato, inoltre, un incremento del 70% delle persone farmaco-trattate nell'arco degli ultimi 15 anni.”
Dati Istat del 2010 mostrano invece, un gradiente crescente di prevalenza della condizione diabetica da nord a sud: A Bolzano si registra il valore più basso (2%) mentre in Basilicata quello più alto (8%).
Il diabete di tipo 2 è la forma più comune diabete, pari all'85-95% di tutti i casi. “I 2/3 dei casi si collocano nella fascia >64 anni e un caso su 5 nella fascia di età >80 anni. - continua il prof. Del Prato. - Ciò ha implicazioni di tipo socio-economico ma anche di tipo farmacologico perchè il soggetto anziano con diabete e in politerapia è particolarmente vulnerabile. Quindi, abbiamo bisogno di trattamenti che siano quanto più rispettosi delle specifiche necessità di trattamento di questi soggetti.”
L’assistenza a un diabetico di tipo 2 non complicato presenta un costo (euro 2.511/anno) pari a circa due volte quella di un cittadino di pari età non diabetico; una complicanza microangiopatica fa salire tale costo fino a tre volte; una macroangiopatia con evento acuto fino a venti volte nell’anno dell’evento per poi stabilizzarsi a quattro volte negli anni successivi; entrambi i tipi di complicanze fino a sei volte.
Per quanto riguarda i farmaci, la quota principale del costo è imputabile al trattamento delle complicanze cardiovascolari; attualmente il diabete occupa il secondo posto tra le patologie per i più alti costi diretti, avendo determinato nel 2010 il 10-15% dei costi dell’assistenza sanitaria in Italia. In assenza di complicanze, questi sono pari a circa 800€/anno per persona, mentre, in presenza di complicanze, possono variare tra i 3.000 e i 36.000€/anno a persona.
“Il diabete tipo 2, cioè il diabete più diffuso a livello mondiale, è una malattia progressiva che va aggredita fin dall’inizio con farmaci efficaci al fine di garantire il miglior controllo glicemico possibile” - aggiunge il prof. Del Prato “perché questo è il modo più efficace per ridurre il rischio delle complicanze della malattia. Sono queste complicanze che incidono in modo significativo sulla qualità di vita della persona con diabete e fanno lievitare i costi sanitari. I dati di ARNO Diabete, un’indagine eseguita da Cineca in collaborazione con la Società Italiana di Diabetologia su un’ampia popolazione diabetica nazionale” - continua Del Prato - “dimostra come la spesa sanitaria annuale per la persona con diabete sia doppia rispetto a quella della persona senza diabete e come il 54% di questa spesa sia imputabile al ricovero ospedaliero e quindi alla comparsa delle complicanze della malattia”.
Ne consegue che individuare i trattamenti che prendano in considerazione le necessità e le preferenze di ogni paziente è il punto fondamentale per avere successo nella gestione della malattia. I pazienti, infatti, hanno bisogno spesso di assumere uno o più farmaci per il controllo glicemico. Nonostante l'ampia disponibilità di opzioni di trattamento, molti di questi non sono ancora in grado di raggiungere gli obiettivi glicemici, o sperimentano episodi di ipoglicemia, sono in sovrappeso e rimangono a rischio di complicanze a lungo termine, come le malattie CV e l'insufficienza renale. Poiché ogni paziente risponde in maniera diversa ai trattamenti, la disponibilità di diverse opzioni terapeutiche consente agli operatori sanitari di preparare approcci terapeutici mirati.
Alogliptin: meccanismo d'azione e dati clinici
I DPP-4 inibitori rallentano l’inattivazione degli ormoni incretinici GLP-1 e GIP. Una maggiore attività delle incretine permette al pancreas di secernere insulina attraverso un meccanismo glucosio dipendente, ottenendo così un miglior controllo glicemico.
“La peculiarità di questa classe è che il meccanismo d'azione di questi farmaci è glucosio-dipendente – spiega il prof. Stefano Genovese, Diabetologo presso l'IRCCS Multimedica di Sesto S. Giovanni - Quando la glicemia è alta funziona, quando la glicemia è bassa non funziona. E infatti questi farmaci non danno ipoglicemia.”
Alogliptin è una terapia orale per il trattamento degli adulti con diabete di tipo 2 di età pari o superiore a 18 anni per migliorare il controllo glicemico in combinazione ad altri medicinali ipoglicemizzanti, inclusa insulina, quando questi, unitamente a dieta ed esercizio fisico, non forniscono un adeguato controllo glicemico.
“Le peculiarità di alogliptin sono tre – spiega il prof. Genovese – Dal punto di vista farmacologico, alogliptin si caratterizza per la migliore selettività d'azione sull'enzima DPP-4. In secondo luogo, alogliptin è stato utilizzato in un contesto clinico particolare (pazienti ad elevato rischio CV). In terzo luogo, è l'unico farmaco di questa classe disponibile in combinazione fissa con pioglitazone, un farmaco che ha dimostrato di ridurre in modo significativo gli eventi CV nei pazienti con diabete di tipo 2”. Nello specifico, a tal riguardo, mentre alogliptin contrasta la carenza di insulina, pioglitazone è un tiazolidinedione (TZD) che riduce l'insulino-resistenza (IR), una condizione per cui l'organismo non utilizza in maniera efficace l'insulina prodotta per controllare i livelli glicemici. Riducendo l'IR periferica e nel fegato, l'uso di pioglitazone favorisce un aumento della disponibilità di glucosio insulino-dipendente e una riduzione della produzione epatica di glucosio.
“Alogliptin è il primo e unico DPP-4 ad aver dimostrato evidenze di sicurezza cardiovascolare (CV) in pazienti con diabete di tipo 2 con recente sindrome coronarica acuta (SCA) – ha affermato il prof. Genovese.”
Nello studio EXAMINE (EXamination of CArdiovascular OutcoMes: AlogliptIN vs. Standard of CarE in Patients with Type 2 Diabetes Mellitus and Acute Coronary Syndrome) sono stati randomizzati 5.380 pazienti con diabete di tipo 2 e recente SCA in 49 paesi. L’endpoint primario di non-inferiorità in confronto a placebo in aggiunta alla terapia standard è stato raggiunto, non evidenziando alcun aumento di rischio cardiovascolare in una popolazione di pazienti con diabete di tipo 2 ad alto rischio di eventi CV.
L’azienda produttrice, Takeda ha condotto questo studio a livello mondiale in accordo con le linee guida FDA del 2008 intitolate “Linee guida per il settore: diabete mellito – valutare il rischio cardiovascolare nelle nuove terapie antidiabetiche per il trattamento del diabete di tipo 2” per tutte le nuove terapie per il diabete di tipo 2. Esse richiedono che tutti i farmaci antidiabetici dimostrino di non aumentare il rischio cardiovascolare. Il report sullo studio clinico di EXAMINE è stato presentato all’FDA dopo la conclusione dello studio. I dati sono stati presentati anche ad altri enti regolatori a livello mondiale, inclusa l’EMA e la Pharmaceuticals Medical Devices Agency (PMDA) in Giappone.
La sicurezza e l’efficacia di alogliptin sono state valutate in monoterapia con dose unica giornaliera e in terapia aggiuntiva ad altre diverse classi di medicinali antidiabetici, inclusi biguanidi, tiazolidinedioni, insulina e sulfaniluree.
«I risultati degli studi hanno dimostrato che alogliptin, in co-somministrazione a pioglitazone o metformina, ha prodotto miglioramenti significativi nel controllo glicemico in confronto a pioglitazone o metformina Hcl – ha dichiarato il prof. Del Prato. - Come evidenziato dallo studio ENDURE (Efficacy and Safety of Alogliptin Plus Metformin Compared to Glipizide Plus Metformin in Subjects With Type 2 Diabetes Mellitus) - uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco con farmaco attivo disegnato per valutare la durabilità di sicurezza ed efficacia di alogliptin in dose giornaliera in confronto a glipizide, ognuno in combinazione con metformina, il trattamento con alogliptin ha prodotto riduzioni durature di HbA1c fino a due anni in confronto a una SU, con evidente riduzione degli episodi di ipoglicemia e nessun effetto negativo sul peso. Non solo: lo studio ENDURE ha dimostrato la durata dell'effetto a 2 anni anziché a 24, 48 o 52 settimane come di norma negli studi registrativi».
La possibilità di personalizzare il trattamento grazie a tre formulazioni fornisce agli operatori sanitari un maggior numero di opzioni per aiutare i pazienti a gestire i livelli glicemici e adattare le terapie in modo da soddisfare i bisogni individuali del paziente, in un'ottica sempre più indirizzata verso un approccio terapeutico individualizzato.
Come le altre molecole appartenenti alla classe delle incretine, la sua prescrizione è sottoposta a Piano Terapeutico AIFA.
Il punto di vista dei pazienti
«La diagnosi del diabete di tipo 2 ha un forte impatto emotivo sui pazienti e i loro familiari perché comporta il cambiamento dello stile di vita, a volte troppo sedentario e l’adesione ad una dieta alimentare varia, ma calibrata per ciò che concerne la quantità degli alimenti da assumere. A volte le difficoltà che la persona incontra in questo percorso possono portare a un senso di fallimento, di colpa e frustrazione” – commenta Egidio Archero, presidente FAND (Associazione Italiana Diabetici)".
«Il diabete è un problema enorme - ha affermato Archero - sia clinico che sociale, e coinvolge 4 milioni di italiani. Le Istituzioni devono avere il coraggio di puntare sulla prevenzione della malattia perché se non si interviene in tempo i danni, clinici ma anche economici, sono altissimi. In molte regioni purtroppo mancano i registri e quindi come si fa a programmare degli interventi sanitari in assenza di dati certi? Anche il progetto IGEA che è iniziato nel 2006 ha realizzato iniziative e interventi orientati a favorire il miglioramento dell‘assistenza alle persone con diabete e alla prevenzione delle complicanze del diabete, tramite l‘adozione di un modello di gestione integrata della malattia. Ma il modello IGEA è rimasto in gran parte sulla carta ed è stato adottato da poche Regioni».
Cosa serve allora, si è chiesto Archero «I farmaci giocano un ruolo importante nel controllo della malattia. I PDTA devono essere lo strumento per cure sempre più personalizzate. Anche la telemedicina e le cartelle informatizzate potrebbero servire per una medicina migliore e meno costosa».
«Mi preoccupano moltissimo le informazioni fuorvianti che si leggono su molta stampa. C’è il mito che il diabete di tipo 2 con una dieta povera di carboidrati e un po’ di esercizio fisico possa combattere con successo la malattia. Purtroppo non è così, occorre un grosso sforzo da parte del paziente di aderenza alle terapie e allo stile di vita. Ma il paziente, nel caso di una malattia cronica spesso si sente solo. Va dunque supportato, anche psicologicamente. Solo un paziente bel informato e responsabilizzato può essere il miglior medico di sé stesso».
Italia