Neurologia e Psichiatria

Carenza di vitamina D = fattore di rischio per SM, le prove si moltiplicano

I risultati di un nuovo ampio studio pubblicato online su "Neurology" rafforzano la visione che la carenza di vitamina D può essere un fattore di rischio per lo sviluppo di sclerosi multipla (SM).

I risultati di un nuovo ampio studio pubblicato online su “Neurology” rafforzano la visione che la carenza di vitamina D può essere un fattore di rischio per lo sviluppo di sclerosi multipla (SM).

La ricerca (1), che ha messo a confronto i livelli di vitamina D nel sangue donato da donne in gravidanza senza SM, ha mostrato un aumento raddoppiato del rischio di SM tra quelle considerate carenti di vitamina D rispetto a quelle che avevano livelli adeguati.

Numerosi studi in precedenza hanno mostrato simili risultati ma questa è stata la più grande indagine longitudinale mai condotta finora per valutare direttamente se, in individui sani, i livelli di vitamina D fossero predittivi di rischio di SM.

«Negli studi pregressi erano compresi meno di 20 casi di SM mentre in questo sono incluse più di 1.000 donne affette dalla malattia neurologica» sottolineano gli autori, guidati da Kassandra L. Munger, del Dipartimento di Nutrizione dell’Harvard T.H. Chan School of Public Health, a Boston (USA).

Dati ripresi dal “Finnish Maternity Cohort”: quasi 2 milioni di campioni di siero
Munger e colleghi hanno usato la “Finnish Maternity Cohort” (coorte di maternità finlandese), che comprende oltre 800.000 donne che hanno fornito un campione di sangue per i test prenatali di routine, tipicamente tra la decima e la quattordicesima settimana di gestazione. Sono conservati quasi 2 milioni di campioni di siero, che coprono oltre il 95% delle gravidanze in Finlandia a partire dal 1983.

Va segnalato che, nel 2004, la Finlandia diramato una formale raccomandazione affinché le donne in gravidanza assumano supplementi di vitamina D.

Utilizzando i database nazionali collegati insieme, il team di ricercatori ha identificato le donne di cui era disponibile un campione sierico e che successivamente hanno ricevuto una diagnosi di SM. In media, tali campioni sono stati raccolti 9,3 anni prima della comunicazione di malattia. In totale, l'analisi ha incluso 6.200 campioni di siero da 1.092 casi e 2.123 controlli abbinati per età e residenza.

Quanto maggiore il deficit, tanto maggiore il rischio
Per questo studio, gli autori hanno inizialmente precisato la definizione di carenza di vitamina D, identificata come corrispondente a livelli di 25-idrossivitamina D (25 [OH] D) inferiore a 30 nmol/L. Livelli insufficienti erano classificati quelli compresi da 30 (o meno) a 50 nmol/L mentre livelli adeguati erano considerati da 50 nmol/L in su.

Nel complesso le donne coinvolte nello studio hanno avuto livelli relativamente elevati di carenza e insufficienza della vitamina D, affermano Munger e colleghi. Ciò, spigano, può essere dovuto al fatto che i finlandesi, che vivono in un emisfero settentrionale, hanno storicamente sempre avuto bassi livelli di vitamina D. Inoltre, aggiungono gli autori, la Finnish Maternity Cohort risale al 1983, prima che molte delle raccomandazioni riguardanti le vitamine prenatali venissero emanate.

L' analisi multivariata ha mostrato che un aumento di 50 nmol/L di 25 (OH) D è risultata associata a un rischio ridotto di SM del 39% (rischio relativo [RR]: 0,61, intervallo di confidenza 95% [CI], 0,44-0,85; P = 0,003, corretto per gravidanza, parità e tempo di raccolta dei campioni).

Rispetto alle donne con livelli adeguati di vitamina D, quelle con livelli insufficienti hanno avuto un rischio aumentato del 43% per SM. Rispetto alle donne con livelli insufficienti, quelle con carenza della vitamina hanno visto aumentare il rischio di SM del 27% (RR corretto: 1,27; 95% CI: 1,07-1,50; P = 0,005).

In un'analisi per quintili, le donne nei due quintili inferiori (<26,8 nmol/L o deficit estremo) avevano un rischio aumentato dal 53% al 66% per SM rispetto alle donne del quintile superiore (41 nmol/L o superiore). La tendenza complessiva di un aumento del rischio di SM al diminuire dei livelli di 25 (OH) D era statisticamente significativa.

I ricercatori hanno inoltre esaminato l'associazione tra i livelli di vitamina D e il rischio di SM in 511 casi di SM e 831 controlli abbinati che avevano due o più campioni di siero: un’analisi che dovrebbe essere meno influenzata dalla variazione casuale rispetto a quella basata su una singola misurazione, osservano i ricercatori.

Qui l'associazione era ancora più forte; vi è stato un rischio superiore al doppio per SM in donne con 25 (OH) D inferiore a 30 nmol/L rispetto a soggetti con livelli pari o superiori a 50 nmol/L (RR: 2.02; 95% CI: 1,18-3,45, P = 0,01). «Poiché i campioni di siero sono stati raccolti quasi un decennio prima della diagnosi MS, la causalità inversa come una spiegazione dei risultati appare ridotta» scrivono gli autori.

Limiti dello studio e interrogativi ancora aperti
Una limitazione dello studio era che non poteva essere corretto per altri fattori di rischio per SM, quali fumo, indice di massa corporea in adolescenza o in età adulta, stato dell'antigene delle leucociti umani (possibile fattore di rischio genetico) e infezione da virus Epstein-Barr.

«Sebbene questo studio abbia incluso solo donne» precisano gli autori «le ricerche precedenti hanno trovato un rischio ridotto di SM aumentando i livelli di 25 (OH) D sia negli uomini che nelle donne». Nonostante la ricerca accumuli prove, non è ancora chiaro quale sia il livello ottimale di vitamina D per prevenire la SM così come la dose effettiva o l’eventuale momento migliore per iniziare l’integrazione.

Anche se, rilevano Munger e colleghi, «gli studi sembrano indicare che quanta più vitamina D è possibile ottenere, tanto più si riduce il rischio. Non abbiamo però individuato ancora un livello-soglia».

Possibile avvio di una strategia di protezione attiva
In un editoriale di accompagnamento (2), Ruth Ann Marrie, della University of Manitoba, a Winnipeg (Canada), e Christopher A. Beck, della University of Rochester Medical Center di New York (USA), scrivono che «questo studio aggiunge dati biologici e un insieme di prove epidemiologiche che supportano un ruolo causale della vitamina D nella SM».

Pesando i pro e i contro di una raccomandazione universale per l'integrazione della vitamina D come strategia di salute pubblica per prevenire la SM, Marrie e Beck vedono tre limiti: in primis, il fatto che la maggior parte degli studi disponibili sono stati eseguiti su popolazioni bianche dell'Europa e degli Stati Uniti, per cui «sono necessari studi condotti in altri gruppi razziali e in altre regioni».

«In secondo luogo» proseguono «è incerto se l'integrazione debba essere necessaria per tutta la vita o adeguata solo durante un periodo critico. Infine, manca la prova di un trial controllato randomizzato, ma un tale studio non sarebbe fattibile per la necessità di grandi campioni, lunga durata del follow-up e costi».

I due editorialisti peraltro notano i benefici potenziali dell’avvio immediato di una strategia di supplementazione con vitamina D. «Questa integrazione è un semplice intervento che sarebbe altamente conveniente anche se impedisse solo una percentuale di casi di SM» sottolineano.

Inoltre, «un danno da tale strategia è improbabile: le dosi fino a 4.000 UI al giorno sono sicure in età adulta anche in gravidanza, pertanto potrebbero essere utilizzate nella tarda adolescenza e negli adulti, poiché queste dosi sarebbero sufficienti per ottenere sufficiente vitamina D nella maggior parte degli individui».

In ogni caso, concludono, «è giunto il momento di adottare un attivo approccio alla prevenzione della SM, per quanto riguarda almeno gli individui con un elevato rischio di malattia, quali i fumatori, i soggetti obesi e le persone con una storia familiare di SM».

A.Z.

Bibliografia:
1] Munger KL, Hongell K, Aivo J, et al. 25-Hydroxyvitamin D deficiency and risk of MS among women in the Finnish Maternity Cohort. Neurology, 2017 Sep 13. [Epub ahead of print]
leggi

2] Marrie RA, Beck CA. Preventing multiple sclerosis: To (take) vitamin D or not to (take) vitamin D? Neurology, 2017 Sep 13. [Epub ahead of print]
leggi