Il 92% dei pazienti con Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) hanno avuto rallentamento della malattia e miglioramenti delle funzioni fisiche dopo trattamento con cellule staminali. Questo importante risultato è stato annunciato pochi giorni fa dall’azienda israeliana  BrainStorm Cell Therapeutics e deriva da uno studio clinico di fase IIa.

Questo studio ha sperimentato la somministrazione di una singola dose di cellule staminali chiamata “NurOwn” in uno studio di fase 2a in 14 pazienti con SLA, conosciuta anche come morbo di Lou Gehrig. Lo studio è stato effettuato presso l’Hadassah Medical Center di Gerusalemme.

NurOwn è una nuova terapia con tecnologia a cellule staminali adulte autologhe, che differenzia le cellule staminali mesenchimali derivate dal midollo osseo (MSC) in neuroni di sostegno specializzati.

Per la cura della SLA c’è un disperato bisogno di farmaci essendo i trattamenti attuali sono di tipo palliativo. Anche per questa ragione, lo scorso mese di ottobre, l’Fda ha concesso a questa terapia sperimentale lo status di ‘fast-track’ che consente tempi più rapidi di approvazione degli studi clinici e altri benefici regolatori.

Lo studio ha raggiunto il suo endpoint primario cioè dimostrare che queste cellule staminali sono sicure e ben tollerate alle dosi fino a 2 milioni di cellule per kg somministrate per via intratecale (IT) e 48 milioni di cellule somministrate per via intramuscolare (IM).

E’ importante sottolineare che quasi tutti i soggetti in questo studio hanno sperimentato un beneficio clinico dal trattamento. Dei 12 soggetti con tre o più mesi di follow-up, il 92% ha sperimentato un miglioramento del tasso di progressione della malattia per il periodo di tre mesi dopo la somministrazione, come misurato dal punteggio rivisto di valutazione funzionale della SLA (ALSFRS) o dalla capacità vitale forzata (FVC).

I soggetti, infatti, sono stati valutati in visite mensili per il punteggio ALSFRS e per la funzione respiratoria FVC. Il tasso di declino di queste misure è stato determinato calcolando la pendenza della linea di regressione lineare, per il periodo di run-in, il periodo di follow-up tre mesi, e il periodo di follow-up di sei mesi.

Il 50% ha avuto un miglioramento nella pendenza del punteggio ALSFRS, e il 67% ha avuto un miglioramento della pendenza della percentuale-predetta della FVC.
E’ stato osservato anche un rallentamento del tasso di progressione della malattia del 45%  da 1,41 punti al mese durante il periodo di “run-in” a 0,78 punti al mese per i tre mesi dopo il trattamento, e del 57% a 0,60 al mese per i sei mesi successivi trattamento.

Queste cellule staminali hanno avuto anche un altrettanto forte effetto sulla perdita progressiva della funzione polmonare; il tasso di declino in percentuale della prevista FVC è stato ridotto del 73%, da una media di 2,60% al mese durante il periodo di rodaggio al solo 0,70% al mese per i tre mesi dopo il trattamento, e del 67% cioè fino allo 0,86% al mese per i sei mesi successivi al trattamento.

Un invito alla prudenza viene però da Adriano Chio’, professore associato del Dipartimento di Neuroscienze "Rita Levi Montalcini" dell’Università degli studi di Torino, che ai microfoni di Pharmastar ha dichiarato: «E’ un dato ancora  tutto da provare perché questo israeliano non è un trial controllato; si tratta di un piccolo numero di pazienti che ha fatto il trattamento  ma senza un gruppo di controllo di riferimento. Quello che ha potuto dire veramente questo studio è che non ci sono stati danni con il trattamento. Questo studio è di fase 2a (quindi una fase molto precoce della sperimentazione di fase II) che è equiparabile a una fase I, da cui possiamo concludere che non ci sono dei disturbi legati al trattamento. Sulla base dei risultati, l’Fda ha concesso di andare in fase II; non è un’approvazione Fda ma un consenso ad avanzare nella sperimentazione. Al momento non ci sono risultati concreti con le cellule staminali mentre oggi la ricerca è sempre più incentrata sulle terapie geniche che è un campo molto promettente e sulle quali partiranno una serie di studi in cui potrebbe essere coinvolto anche il nostro gruppo di ricerca».

Il prof. Dimitious Karussis dell’ Hadassah Medical Center, ricercatore principale dello studio, ha osservato: "Questo è il secondo studio completato su queste cellule staminali nei pazienti affetti da SLA, e il mio entusiasmo per queste cellule come un possibile trattamento per la SLA continua a crescere. Sono impressionato dalla consistenza dei benefici che abbiamo visto in entrambi gli studi.
In particolare, abbiamo visto in questo studio che quasi ogni soggetto ha benefici clinici, sia su ALSFRS, FVC o entrambe le misure. Credo che se studi futuri dimostreranno una simile entità del beneficio, questo trattamento diventerà un importante opzione terapeutica per i pazienti affetti da SLA. "

Le cifre parlano chiaro. La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), malattia neurodegenerativa cronica a decorso progressivo e non guaribile, solo in Italia conta circa 5.000 pazienti.
E’ una malattia a selettivo interessamento motoneuronale (1° e 2°); presenta un’incidenza del 2.5 per 100.000 abitanti per anno in tutto il mondo. I sintomi sono crampi, riduzione di forza in un segmento.

Evolve interessando tutti i segmenti del corpo con perdita totale della forza muscolare fino ad arrivare a compromettere la funzione masticatoria e poi con interessamento della funzionalità polmonare.
La diagnosi è clinica, soprattutto con elettromiografia. Non esistono biomarcatori umorali e sierici ma esistono marcatori genetici per le poche forme familiari.

Ad oggi, infatti, non esiste una terapia definitiva per combattere la SLA, ma a rivestire un ruolo di fondamentale importanza è la ricerca scientifica. Gli studi attuali sono focalizzati su nuove tipologie di trattamento come le cellule staminali.


Emilia Vaccaro