Neurologia e Psichiatria

Sclerosi multipla e lo sviluppo del nuovo farmaco orale cladribina: ne parliamo con Luciano Rossetti a capo della ricerca di Merck KGaA

Da poche settimane, per la cura della sclerosi multipla, a livello europeo è stato approvato un nuovo farmaco, che prende il nome di cladribina, che apre interessati possibilità terapeutiche per le forme recidivanti di malattia. Per iniziare a conoscere meglio questo farmaco, in anticipo rispetto alla sua disponibilità nel nostro Paese, ne abbiamo parlato con il medico che ha coordinato lo sviluppo clinico globale del farmaco, ovvero con Luciano Rossetti, vice presidente esecutivo e responsabile mondiale della ricerca & sviluppo del business biofarmaceutico di Merck KGaA.

Da poche settimane, per la cura della sclerosi multipla, a livello europeo è stato approvato un nuovo farmaco, che prende il nome di cladribina, che apre interessati possibilità terapeutiche per le forme recidivanti di malattia. Per iniziare a conoscere meglio questo farmaco, in anticipo rispetto alla sua disponibilità nel nostro Paese, ne abbiamo parlato con il medico che ha coordinato lo sviluppo clinico globale del farmaco, ovvero con Luciano Rossetti, vice presidente esecutivo e responsabile mondiale della ricerca & sviluppo del business biofarmaceutico di Merck KGaA.

Qual è il meccanismo d’azione di cladribina?
Cladribina è un antimetabolita che agisce inducendo la morte di specifiche cellule: i linfociti. Il farmaco è molto specifico per i linfociti perché praticamente solo in queste cellule viene fosforilato e l’unica forma attiva di cladribina è, appunto, quella fosforilata. In quasi tutte le altre cellule dell’organismo il farmaco viene de-fosforilato e risulta di conseguenza inattivo. Nei linfociti, invece, cladribina viene mantenuta in una forma attiva e quindi agisce specificatamente su questa popolazione cellulare. Il farmaco è attivo su tutte le tipologie di linfociti, ma la durata della sua azione, ovvero della deplezione dei linfociti, è variabile: più breve per i linfociti B, più prolungata per alcune forme di linfociti T.

Il farmaco ha quindi un effetto positivo di riduzione dell’attacco immunitario che caratterizza la sclerosi multipla, senza dare particolari effetti collaterali, e lo si può definire un potente immunosoppressivo ad azione selettiva. La durata della deplezione dei linfociti può essere molto prolungata e il beneficio immunitario può essere ancora più duraturo della deplezione dei linfociti. Questo è un aspetto molto importante che differenzia cladribina dalle altre molecole a disposizione.

In quali pazienti potrà essere impiegato il farmaco?
Cladribina è stata studiata in diverse condizioni di sclerosi multipla ed è efficace in diverse forme della malattia, ma gli effetti maggiori sono stati osservati in pazienti con elevati livelli di attività di malattia e con un certo numero di riacutizzazioni di malattia, e, quindi, di comparsa dei sintomi ogni anno. Pertanto, i pazienti particolarmente idonei ad essere trattati con questo farmaco sono quelli con livelli elevati di attività di malattia, sia alla prima diagnosi sia già trattati in precedenza con altre terapie.

Quali sono i dati clinici più importanti che questo farmaco offre al medico e al paziente?
Cladribina va somministrata per via orale per non più di 20 giorni in un periodo di 2 anni, ma i suoi benefici si manifestano per 4 anni, quindi anche nei 2 anni successivi al periodo di trattamento. II farmaco porta a una riduzione importante (circa il 75%) del numero delle riacutizzazioni di malattia nell’arco di 4 anni. Inoltre, nei pazienti con elevata attività di malattia cladribina riduce dell’82% rispetto al placebo la progressione della disabilità in un periodo di 6 mesi e del 62% le recidive in un anno. Il terzo aspetto importante è che il farmaco non necessità di un monitoraggio frequente: il paziente non deve tornare in ospedale per fare test cardiovascolari o altri esami e l’unico test che deve essere effettuato dopo 6 mesi di terapia è la valutazione dei parametri ematologici.

Oltre al placebo, il farmaco è stato confrontato con altre molecole, come interferone o altri farmaci?
No, negli studi clinici il farmaco non è stato confrontato con altre molecole, ma solo contro il placebo.

Cladribina era destinata ad essere il primo farmaco orale a entrare in commercio perché era in una fase più avanzata di sviluppo rispetto a fingolimod. Poi è accaduto qualcosa. Cosa è successo e come mai adesso il farmaco è stato approvato dall’Ema?
La prima richiesta di approvazione del farmaco risale, in effetti, al 2009. A quell’epoca erano stati sottoposti all’agenzia europea i dati di un singolo trial di fase III, lo studio CLARITY, che aveva valutato un’esposizione al farmaco di circa 2000 pazienti/anno.  Nel 2011 Cladribina ha ricevuto un parere negativo del CHMP e una Complete Response Letter dalla FDA statunitense.

L’Azienda ha annunciato nel giugno di quell’anno che non avrebbe dato seguito ulteriormente al processo di approvazione per la registrazione di Mavenclad a livello globale. Tuttavia, gli studi clinici CLARITY EXTENSION, ORACLE-MS e ONWARD sono proseguiti, così come il registro di sicurezza a lungo termine PREMIERE, che include i pazienti che hanno partecipato alle sperimentazioni cliniche con cladribina.

I risultati di questi tre studi aggiuntivi e il registro PREMIERE forniscono ulteriori e più complete informazioni sull’efficacia e la sicurezza di cladribina. Tali informazioni hanno consentito una migliore caratterizzazione del profilo rischio/beneficio del farmaco nei pazienti con sclerosi multipla recidivante remittente.

Nella nuova domanda, abbiamo presentato all’Ema dati più completi, per un totale di 10mila pazienti/anno. Si tratta di un numero quasi cinque volte superiore rispetto alla prima richiesta di autorizzazione, riguardanti sia l’efficacia sia la sicurezza del farmaco. Nella nuova domanda di registrazione abbiamo incluso i dati di circa 2.700 pazienti, che consentono una definizione più precisa del profilo rischio-beneficio del farmaco rispetto al 2009. Al momento della prima richiesta, i dubbi dei revisori non riguardavano tanto l’efficacia di cladribina, ma la sua sicurezza, perché si avevano ancora pochi dati sui rischi associati al farmaco, in particolare sul rischio di tumori e infezioni e sulla durata della linfopenia.

Ora abbiamo dati di pazienti trattati con cladribina e seguiti per 8 anni: si ha, quindi, un’esperienza molto più lunga sulla molecola, e su un maggior numero di pazienti. Dal 2009 ad oggi, tutto questo ritardo è andato quindi a favore del medico, ma soprattutto del paziente. Dispiace per coloro che non hanno avuto accesso al farmaco per vari anni, ma ora sia i medici sia i pazienti hanno più informazioni e più certezze riguardo alla sua sicurezza ed efficacia.

Visto il gran numero di farmaci oggi disponibili per la sclerosi multipla (circa 20), quale potrà essere il posto in terapia di cladribina nell’immediato futuro?
L’arrivo di un farmaco orale con effetti molto rapidi e prolungati nei pazienti più difficili, sia naïve sia pretrattati, porterà a una grande competizione. Noi auspichiamo che il farmaco venga usato in accordo con le indicazioni presenti nella scheda tecnica e riteniamo che dovrebbe essere molto apprezzato dai neurologi e dai pazienti.

Che ruolo ha avuto l’Italia nello sviluppo clinico del farmaco?
L’Italia ha un ruolo scientifico particolarmente importante a livello europeo nel campo della neurologia in generale, ma specialmente per quanto riguarda la sclerosi multipla. Molti degli opinion leader più stimati a livello europeo sono italiani e hanno sostenuto il nostro tentativo di portare cladribina a disposizione dei pazienti. Non avremmo mai avuto la forza e le energie per arrivare a questo risultato senza il supporto dei ricercatori italiani e dei pazienti arruolati nel primo studio registrativo.

Quali, dal punto di vista clinico, sono gli sviluppi futuri prevedibili per cladribina? Dove sta andando la ricerca sul farmaco?
Sono stati proposti molti studi dalle Università per aumentare la conoscenza su questo farmaco e nei prossimi mesi diversi di essi partiranno. Stiamo cercando di avviare uno studio in cui si testerà cladribina n forme più progressive di malattia. Non è ancora stata presa una decisione finale su questo, ma è una ovvia direzione per la nostra ricerca.