Neurologia e Psichiatria

Sclerosi multipla, frexalimab prolunga il controllo della malattia riducendo recidive e disabilità

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Frexalimab, anticorpo monoclonale di seconda generazione diretto contro il ligando CD40, ha dimostrato un controllo prolungato della sclerosi multipla (SM) sia in termini di recidive sia di nuove lesioni cerebrali, secondo i risultati a due anni dell’estensione in aperto di uno studio di fase 2, pubblicati su The New England Journal of Medicine.

I dati evidenziano una soppressione quasi completa delle lesioni captanti gadolinio, con risultati analoghi anche per le lesioni nuove o in progressione sulla sequenza T2.

Questi risultati rafforzano l'interesse verso le terapie anti-CD40, che si basano sulla modulazione delle attività delle cellule B e T senza determinarne la deplezione. Il professor Stephen Krieger, neurologo presso la Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York, ha illustrato i dati a lungo termine a Phoenix, nel corso  del congresso annuale del Consortium of Multiple Sclerosis Centers (CMSC).

Modulazione del sistema immunitario senza deplezione cellulare
Frexalimab agisce mediante l'inibizione del ligando CD40, una via cruciale nella regolazione delle risposte immunitarie. Questo meccanismo consente di modulare l'attività sia delle cellule B che delle cellule T, senza provocarne la deplezione, un aspetto particolarmente rilevante rispetto ad altre terapie immunomodulanti per la SM, che spesso determinano una riduzione significativa dei linfociti periferici.

Il CD40 è un recettore espresso sulla superficie delle cellule B e di altre cellule immunitarie, coinvolto in numerosi processi di attivazione infiammatoria. L’inibizione di questo pathway impedisce l’attivazione patologica del sistema immunitario, riducendo l’infiammazione cronica tipica della SM senza compromettere la capacità dell’organismo di difendersi dalle infezioni.

Questo approccio potrebbe offrire un vantaggio rispetto alle terapie basate su deplezione linfocitaria, che possono aumentare il rischio di infezioni opportunistiche e altre complicanze immunitarie.

Soppressione duratura delle lesioni osservate alla risonanza magnetica
Nel corso del follow-up, la soppressione delle lesioni captanti gadolinio è stata praticamente completa nei pazienti trattati con la dose attualmente in sperimentazione nelle fasi avanzate. A due anni, con un tasso annualizzato di recidiva dello 0,08%, il 92% dei partecipanti non ha presentato nuovi episodi clinici.

Oltre alla riduzione delle lesioni gadolinio-positive, i dati evidenziano un effetto significativo sulle lesioni T2 nuove o in progressione. Il volume delle lesioni T2, un indicatore della neurodegenerazione e della progressione della malattia, ha mostrato una stabilizzazione nei gruppi trattati con frexalimab, mentre è aumentato nel gruppo placebo durante la fase randomizzata.

Dopo il passaggio a frexalimab nell’estensione in aperto, anche i pazienti inizialmente in placebo hanno mostrato una riduzione del volume delle lesioni T2, suggerendo un effetto favorevole del farmaco sulla patologia sottostante.

Questo dato è particolarmente rilevante perché le lesioni T2 rappresentano un indicatore prognostico importante per l’evoluzione della SM. La loro stabilizzazione suggerisce che frexalimab non solo riduce le recidive ma potrebbe anche limitare la progressione della neurodegenerazione, un aspetto chiave per il trattamento della forma progressiva della malattia.

Sicurezza migliorata e prospettive future per la forma progressiva
Sul versante della sicurezza, i dati confermano l’assenza di effetti sul numero di linfociti e i livelli di immunoglobuline, rimasti stabili nel corso del follow-up. Tuttavia, a lungo termine il farmaco mostra un profilo di sicurezza migliorato rispetto agli anticorpi anti-CD40 di prima generazione, abbandonati per associazione con eventi tromboembolici.

Frexalimab è stato ingegnerizzato per evitare tali eventi attraverso una modifica nei recettori Fc, riducendo le reazioni infiammatorie a valle. Questa innovazione sembra confermare la sicurezza del farmaco anche nel lungo periodo, con un unico episodio di embolia polmonare in un paziente con predisposizione genetica a risposte infiammatorie.

Un aspetto cruciale per il futuro sarà valutare se l’inibizione del CD40 possa offrire benefici anche nella SM progressiva, una forma per la quale le opzioni terapeutiche sono ancora limitate.

Il programma di fase 3 attualmente in corso include due studi distinti: FREXALT, dedicato alla SM recidivante, e FREVIVA, destinato alla forma progressiva. La capacità di frexalimab di modulare entrambe le branche del sistema immunitario suggerisce un potenziale impatto anche sulla neurodegenerazione associata alla SM progressiva, ma saranno necessari ulteriori dati per confermare questa ipotesi.

Il professor Amit Bar-Or, direttore della Divisione di Sclerosi Multipla presso l’Università della Pennsylvania, ha definito frexalimab un farmaco “molto interessante”, sottolineando che i risultati della fase 2 non possono ancora rispondere alle questioni più rilevanti. Sarà dunque fondamentale attendere gli studi di fase 3 per chiarire il potenziale impatto del farmaco sulla SM progressiva.

Bibliografia:
Vermersch P, Granziera C, Mao-Draayer Y, et al. Inhibition of CD40L with Frexalimab in Multiple Sclerosis. N Engl J Med. 2024;390:589-600. doi: 10.1056/NEJMoa2309439. leggi

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