Oncologia ed Ematologia

ASH 2016: leucemia linfoblastica acuta, inotuzumab ozogamicin più chemio a bassa intensità promettente in prima linea nell'anziano

Una combinazione di inotuzumab ozogamicin e la chemioterapia a bassa intensità mini-hyper-CVD appare sicura e promettente come terapia di prima linea in pazienti anziani con leucemia linfoblastica acuta. A inidcarlo sono i risultati ad interim di uno studio di fase II presentato all'ultimo congresso dell'American Society of Hematology (ASH), a San Diego.

Una combinazione di inotuzumab ozogamicin e la chemioterapia a bassa intensità mini-hyper-CVD appare sicura e promettente come terapia di prima linea in pazienti anziani con leucemia linfoblastica acuta. A inidcarlo sono i risultati ad interim di uno studio di fase II presentato all’ultimo congresso dell’American Society of Hematology (ASH), a San Diego.

La combinazione è sembrata dare risultati migliori rispetto a quelli ottenuti con l'impiego del regime hyper-CVAD con o senza rituximab.

I pazienti anziani con leucemia linfoblastica acuta tendono ad avere outcome peggiori rispetto ai pazienti giovani perché tollerano poco una terapia intensiva, spiegano nell’introduzione gli autori del lavoro, guidati da Koji Sasaki, dell’MD Anderson Cancer Center di Houston.

Inotuzumab ozogamicin in monoterapia si è dimostrato attivo e più efficace della chemioterapia standard nei pazienti con leucemia linfoblastica acuta recidivati/refrattari in uno studio randomizzato di fase III, lo studio INO-VATE ALL, presentato nel giugno scorso al Congresso della European Hematology Association e pubblicato contemporaneamente sul New England Journal of Medicine.

Sasaki e gli altri ricercatori hanno quindi ipotizzato che l’aggiunta di inotuzumab ozogamicin, un anticorpo monoclonale umanizzato anti-CD22 coniugato con la tossina caliceamicina, a una chemio efficace a bassa intensità potesse migliorare gli outcome e per verificarlo hanno analizzato 42 pazienti anziani valutabili, con un’età media di 68 anni.

Quattro pazienti hanno iniziato lo studio in remissione completa e il follow-up mediano è stato di 24 mesi.

I partecipanti erano pazienti non al di sotto dei 60 anni con leucemia linfoblastica acuta a cellule B di nuova diagnosi candidabili alla chemioterapia con mini-iper-CVD (ciclofosfamide e desametasone a una dose ridottaq del 50%, niente antracicline, metotressato a un dosaggio ridotto del 75%, citarabina 0,5 g/m2 per quattro somministrazioni) in combinazione con inotuzumab ozogamicin somministrato il giorno 3 di ciascuno dei primi quattro cicli.

I pazienti con cellule CD20-positive sono stati anche trattati con rituximab e la chemioterapia intratecale per i primi quattro cicli. I primi sei pazienti sono stati trattati con inotuzumab ozogamicin 1,3 mg/m2 nel primo ciclo e poi con 0,8 mg/m2 nei cicli successivi; dopo questi primi sei pazienti, gli altri sono stati trattati con 1,8 mg/m2 nel primo ciclo e poi con 1,3 mg/m2 nei cicli successivi. Tuttavia, dopo la comparsa di malattia veno-occlusiva epatica in quattro pazienti, i ricercatori hanno modificato il dosaggio portandolo a 1,3 mg/m2 nel primo ciclo e 1,0 mg/m2 nei cicli successivi.

Trentacinque pazienti hanno raggiunto una risposta completa e cinque hanno ottenuto una risposta completa con recupero piastrinico incompleto.

Nei 44 pazienti in cui si è valutata la malattia minima residua, il 93% ha raggiunto lo stato di MRD-negatività (il 71% di questi con una  risposta completa).

Le tossicità più frequenti di grado 3 o 4 riportate sono state trombocitopenia prolungata (in 34 pazienti), infezioni durante il consolidamento (in 34), infezioni durante l'induzione (in 25), iperglicemia (in 24), ipopotassiemia (in 16) e iperbilirubinemia (in 8).

Al momento dell’ultima valutazione di follow-up, il 65% dei pazienti era vivo e il 61% era in remissione completa

La sopravvivenza globale (OS) a 3 anni è risultata del 52% e la percentuale di remissione completa a 3 anni del 76%.

Sasaki ha fatto notare che i risultati ottenuti con inotuzumab ozogamicin più il regime mini-hyper-CVD, con o senza rituximab, sono apparsi superiori ai dati storici ottenuti con il regime HCVAD, con o senza rituximab, in una popolazione di pazienti simile, nella quale l’OS a 3 anni era risultata del 36%.

"Questi risultati sembrano essere migliori di quelli ottenuti con il regime hyper-CVAD, con o senza rituximab, per cui la combinazione di inotuzumab ozogamicin più il regime mini-hyper-CVD, con o senza rituximab, potrebbe diventare il nuovo standard di cura per il trattamento di prima linea dei pazienti anziani con leucemia linfoblastica acuta" ha concluso Sasaki.

K. Sasaki, et al. Inotuzumab Ozogamicin in Combination with Low-Intensity Chemotherapy (mini-hyper-CVD) As Frontline Therapy for Older Patients with Acute Lymphoblastic Leukemia (ALL): Interim Result of a Phase II Clinical Trial. ASH 2016; abstract 588.

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