Oncologia ed Ematologia

ASH 2016: mieloma multiplo di nuova diagnosi, doppio trapianto pare meglio del singolo, specie con citogenetica ad alo rischio e prognosi sfavorevole

Un gruppo di pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi ha mostrato un miglioramento significativo in termini di sopravvivenza libera da progressione (PFS) se sottoposto a un doppio trapianto autologo di cellule staminali rispetto al trapianto singolo nello studio randomizzato di fase III EMN02/HO95 MM. Alcuni risultati preliminari del trial sono stati presentati al meeting annuale della Società Americana di Ematologia (ASH) da un opinion leader italiano, Michele Cavo, direttore dell'Istituto di Ematologia "Luigi Seragnoli" dell'Università degli Studi di Bologna.

Un gruppo di pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi ha mostrato un miglioramento significativo in termini di sopravvivenza libera da progressione (PFS) se sottoposto a un doppio trapianto autologo di cellule staminali rispetto al trapianto singolo nello studio randomizzato di fase III EMN02/HO95 MM. Alcuni risultati preliminari del trial sono stati presentati al meeting annuale della Società Americana di Ematologia (ASH) da un opinion leader italiano, Michele Cavo, direttore dell'Istituto di Ematologia “Luigi Seragnoli” dell’Università degli Studi di Bologna.

Dopo un follow-up mediano di 32 mesi, ha riferito il professore, nei pazienti assegnati al doppio trapianto la PFS a 3 anni è risultata del 74%, mentre in quelli assegnati al trapianto singolo è stata del 62%. Al momento dell’analisi dei dati, la PFS mediana doveva ancora essere raggiunta in entrambi i gruppi.
I pazienti che sembrano trarre il massimo beneficio dal doppio trapianto, ha spiegato Cavo, sono quelli con citogenetica ad alto rischio e altre caratteristiche associate a una prognosi sfavorevole.

"Questi risultati vanno interpretati con cautela per via del follow-up ancora immaturo e di un possibile limite per quanto riguarda la potenza dello studio. Tuttavia, i dati preliminari presentati qui al congresso sono a favore di un beneficio del doppio trapianto autologo nei pazienti che hanno una cattiva prognosi e, in particolare, nel sottogruppo portatore di anomalie citogenetiche associate a un alto rischio" ha sottolineato il professore, aggiungendo che “prima di poter trarre conclusioni formali è necessaria un'analisi matura dello studio”.
Il ruolo del doppio trapianto nei pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi più giovani e in buone condizioni generali (‘fit’) rimane controverso. Gli studi di fase III condotti negli anni ‘90 su questo tema hanno prodotto risultati contrastanti; tuttavia, ha osservato Cavo, nessuno di questi trial è stato fatto nell’era dei nuovi agenti per il trattamento del mieloma multiplo.

Una recente analisi integrata di quattro studi europei ha utilizzato dati a livello di paziente provenienti da confronti tra pazienti sottoposti al trapianto autologo e trattati con bortezomib e pazienti sottoposti al trapianto, ma non trattati con bortezomib. L’analisi limitata ai pazienti trattati con bortezomib ha mostrato che il doppio trapianto ha fornito il maggior beneficio rispetto al trapianto singolo tra i pazienti portatori della traslocazione 4;14 o 4:16 e della delezione (17p) e i pazienti che non avevano ottenuto una remissione completa con la terapia di induzione a base di bortezomib.

Le linee guida del National Comprehensive Cancer Network (NCCN) indicano il doppio trapianto come opzione praticabile per i pazienti che non raggiungono almeno una risposta parziale molto buona al primo trapianto, ha ricordato Cavo, mentre l’International Myeloma Working Group raccomanda il doppio trapianto per i pazienti con citogenetica associata a un alto rischio.

I ricercatori dello European Myeloma Network hanno proseguito la valutazione del doppio trapianto nello studio randomizzato su pazienti con mieloma di nuova diagnosi, di cui sono stati presentati i risultati al congresso americano. I partecipanti sono stati inizialmente assegnati a una terapia di intensificazione a base di bortezomib (bortezomib, melfalan e prednisone, cioè il regime VMP) o all’induzione con melfalan ad alte dosi, seguite da un trapianto singolo o doppio. I pazienti sono stati poi ulteriormente assegnati a fare una terapia di mantenimento a base di bortezomib o a non fare alcun mantenimento.

A San Diego, Cavo ha riportato risultati del confronto fra trapianto doppio e trapianto singolo, relativo a 695 pazienti sottoposti a uno o due cicli di melfalan ad alte dosi prima del trapianto e poi a una terapia di mantenimento con lenalidomide fino alla progressione della malattia. I pazienti assegnati al doppio trapianto sono stati sottoposti alla seconda procedura entro 60 giorni dalla prima.

Il confronto di PFS tra i pazienti assegnati al trapianto doppio e quelli assegnati al trapianto singolo era un obiettivo secondario dello studio complessivo. Dopo un follow-up mediano di 31,6 mesi nello studio complessivo e un follow-up mediano di 27 mesi nel confronto fra il trapianto doppio e quello singolo (a partire dall’1 luglio 2016) è stata eseguita un'analisi ad interim prevista dal protocollo.

L'analisi ha riguardato 415 dei 695 pazienti randomizzati. Questo campione aveva un'età media di circa 58 anni e i due gruppi non differivano in modo significativo per quanti riguarda le variabili cliniche o demografiche chiave.

La PFS mediana non era ancora stata raggiunta, ma l'analisi della PFS a 3 anni ha mostrato un vantaggio significativo per il doppio trapianto (72,7% contro 60,1%).
Cavo ha riportato i risultati aggiornati di un follow-up mediano di 32 mesi. Anche in quest’analisi aggiornata la PFS mediana non è ancora stata raggiunta, ma la PFS a 3 anni ha continuato ed essere superiore nel gruppo sottoposto al doppio trapianto: 73,6% contro 62,2%. La differenza assoluta dell’11,4% tra i due gruppi corrisponde a una riduzione del 30% del pericolo di progressione o morte (IC al 95% 0,49-1,01; P = 0,05).

Anche l'analisi dei sottogruppi ha mostrato un vantaggio consistente a favore del doppio trapianto, con differenze statisticamente significative per i pazienti con citogenetica ad alto rischio (HR 0,487; P = 0,46), livelli basali di lattato deidrogenasi superiori alla norma (HR 0,509; P = 0,030), stadio II dell’International Staging System (HR 0,539; P = 0,007) e un’età superiore ai 55 anni (HR 0,630; P = 0,048).

Tra i pazienti con citogenetica ad alto rischio, quelli assegnati al doppio trapianto hanno mostrato una PFS mediana di 46,8 mesi mentre quelli assegnati al trapianto singolo una mediana di 26,5 mesi. Inoltre, la PFS a 3 anni è risultata rispettivamente del 64,9% e 41,4% (HR 0,49; P = 0,046).

L'analisi di regressione di Cox ha identificato come l'unico fattore predittivo significativo della PFS l’essere stati sottoposti al doppio trapianto (HR 0,646; P = 0,032).

M. Cavo, et al. Intensification therapy with bortezomib-melphalan-prednisone versus autologous stem cell transplantation for newly diagnosed multiple myeloma: an intergroup, multicenter, phase III study of the European Myeloma Network (EMN02/HO95 MM Trial). ASH 2016; abstract 673.
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