Aggiungere l’inibitore di MTOR everolimus alla migliore terapia di supporto nei pazienti affetti da carcinoma gastrico avanzato non sembra essere una strategia vincente per migliorare in modo significativo la sopravvivenza globale rispetto al solo trattatamento con la migliore terapia di supporto disponibile.

È questo il risultato dello studio GRANITE-1 (Gastric Anti-Tumor Trial with Everolimus), appena presentato a San Francisco in occasione del Gastrointestinal Cancer Symposium (ASCO-GI) da Eric van Cutsem, dell’Università di Leuven in Belgio.

In questo trial, la sopravvivenza globale (OS) mediana (endpoint primario del lavoro) è stata di 5,39 mesi nel gruppo di pazienti trattati anche con everolimus contro 4,34 mesi nel gruppo di controllo, trattato solo con placebo e con la migliore terapia di supporto, una differenza che non ha raggiunto la significatività statistica (HR 0,90; IC al 95% CI 0,75-1,08; P = 0,1244).

L’aggiunta di everolimus sembra invece di una qualche utilità sull’endpoint secondario della sopravvivenza libera da progressione (PFS), che infatti ha raggiunto in media 1,68 mesi nel gruppo everolimus contro 1,41 mesi (HR 0.66; IC al 95% 0,56-0,78; P < 0,0001). Tuttavia, ha riconosciuto Van Cutsem, il dato sulla PFS a favore di everolimus  non può essere considerato significativo perché quello sull’endpoint primario non è risultato tale.

Lo studio GRANITE-1 è un trial multicentrico di fase III, randomizzato e in doppio cieco che ha coinvolto 656 pazienti provenienti da 23 Paesi (il 55% asiatici), arruolati da luglio 2009 a dicembre 2010. I partecipanti erano pazienti adulti con carcinoma gastrico avanzato già in progressione al momento dell'ingresso nello studio. Più della metà era stata sottoposta a gastrectomia e il 47,7% aveva già fatto una chemioterapia di prima linea.

I ricercatori hanno assegnato 439 pazienti al gruppo everolimus e i restanti 217 al gruppo di controllo. Tutti i partecipanti hanno continuato fino alla progressione o alla comparsa di una tossicità inaccettabile e l'analisi finale è stata effettuata quando si sono verificati 526 decessi.

Nonostante la lettura negativa del trial da parte del suo stesso autore, non tutti considerano finita l’avventura di everolimus nel cancro allo stomaco. Morton Kahlenberg, direttore del Baptist Cancer Center di San Antonio, ritiene per esempio che servano altri studi prima di gettare la spugna su questa indicazione.

Di parere leggermente diverso è, invece, Richard Goldberg, oncologo della Ohio State University di Columbus, che dà dello studio una lettura solo marginalmente positiva. Secondo lo specialista alcuni sottogruppi di pazienti con un cancro allo stomaco potrebbero trarre beneficio dall’aggiunta di, ma sarebbe più opportuno concentrarsi su altri agenti mirati piuttosto che ripetere un altro studio su everolimus anche perché non è detto che con un nuovo trial più ampio si otterrebbero risultati più solidi.

Il discussant dello studio GRANITE-1, David Ilson, del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, condivide l’idea che alcuni sottogruppi di pazienti possono trarre beneficio dal trattamento, anche se lo studio dimostra che l’aggiunta del solo everolimus non permette di migliorare la sopravvivenza globale.

Nel frattempo, Van Cutsem a altri ricercatori stanno rivalutando i diversi biomarker dei pazienti, nella speranza di individuare alcuni gruppi in grado di avvantaggiarsi dell’aggiunta di everolimus.

E. Van Cutsem et al. Phase III trial of everolimus in previously treated patients with advanced gastric cancer: GRANITE-1. ASCO-GI 2012, J Clin Oncol 30, 2012 (suppl 4; abstr LBA3).
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