Oncologia ed Ematologia

Cancro al seno HER+, si può ridurre la durata della terapia con trastuzumab

Nelle donne alle quali è stato diagnosticato un carcinoma mammario HER2-positivo (HER2+) il trattamento con trastuzumab per 9 settimane non si è dimostrato non inferiore rispetto allo standard di 12 mesi, somministrato assieme alla chemioterapia adiuvante, nello studio di fase III Short-HER, appena pubblicato su Annals of Oncology.

Nelle donne alle quali è stato diagnosticato un carcinoma mammario HER2-positivo (HER2+) il trattamento con trastuzumab per 9 settimane non si è dimostrato non inferiore rispetto allo standard di 12 mesi, somministrato assieme alla chemioterapia adiuvante, nello studio di fase III Short-HER, appena pubblicato su Annals of Oncology.

Il dato è in linea con risultati simili di studi precedenti. Tuttavia, una somministrazione più breve riduce il rischio di cardiotossicità.

"Gli studi chiave sulla terapia adiuvante con trastuzumab somministrato per un anno hanno mostrato un miglioramento significativo della prognosi del carcinoma mammario HER2-positivo in stadio iniziale" scrivono gli autori di studio, coordinati da Pierfranco Conte e Valentina Guarneri dell'Istituto Oncologico Veneto di Padova. In diversi studi si è tentato di ridurre la durata del trattamento con trastuzumab, ma la maggior parte di essi non si è riusciti a dimostrare la non inferiorità di un trattamento più breve dello standard.

Lo studio Short-HER è un trial randomizzato multicentrico tutto italiano che ha coinvolto un totale di 1254 pazienti (di cui una esclusa dopo la randomizzazione) con carcinoma mammario HER2+ arruolate presso 82 centri e assegnate al trattamento con la chemioterapia adiuvante più trastuzumab somministrato per un anno (braccio A, 627 pazienti) oppure per 9 settimane (braccio B, 627 pazienti).

Le partecipanti avevano un'età media di 55 anni, il 54% aveva i linfonodi negativi e il 68% tumori con recettori ormonali positivi (HR+).

Sono state seguite per una mediana di 6 anni e la sopravvivenza libera da malattia (DFS) a 5 anni è risultata dell'88% nel braccio assegnato al trattamento più lungo e 85% in quello assegnato alla somministrazione più breve (HR 1,13; IC al 95% 0,89-1,42), mentre la sopravvivenza globale (OS) a 5 anni è risultata del 95,2% nel braccio A e del 95% nel braccio B (HR 1,07; IC al 95% 0,74-1,56).

Complessivamente, 27 pazienti (il 4,3%) nel gruppo assegnato alla somministrazione più breve di trastuzumab hanno sviluppato un evento avverso cardiaco di grado 2 o inferiore contro 82 pazienti (13,1%) nel braccio sottoposto alla somministrazione di durata standard (HR 0,33; IC al 95% 0,22 -0,50; P < 0,001). Inoltre, la sospensione definitiva di trastuzumab si è resa necessaria nell'8,5% delle pazienti del gruppo sottoposto al trattamento più prolungato e nel 3,4% di quelle del gruppo assegnato al trattamento più breve.

“Non si può parlare di non inferiorità del trattamento con trastuzumab per 9 settimane" concludono gli autori. "Tuttavia, una somministrazione più breve di trastuzumab potrebbe essere un'opzione per quelle pazienti che manifestano eventi avversi cardiaci e per quelle che hanno un basso rischio di recidiva".

Nel commentare i risultati del trial, Sara A. Hurvitz, dello UCLA Medical Center di Los Anglees, ha osservato che quattro studi su cinque non sono riusciti a dimostrare la non inferiorità di un trattamento più breve con trastuzumab. "
Probabilmente ci sono pazienti che non hanno bisogno di un anno intero di trastuzumab, ma nessuno di questi studi è riuscito a stabilire quali siano” ha osservato l’esperta. Questi studi hanno arruolato popolazioni di pazienti miste e nella maggior parte si è utilizzata una chemioterapia a base di antracicline, il che può far peggiorare il profilo di tossicità, ha aggiunto la professoressa.

Le pazienti per le quali si sentirebbe più tranquilla nel ridurre la durata del trastuzumab, ha spiegato la Hurvitz, sono quelle a basso rischio: con linfonodi negativi, positive ai recettori degli estrogeni, senza tumori di grado elevato. In queste pazienti, i medici potrebbero anche essere più propensi a utilizzare un regime chemioterapico non a base di antracicline.

"Se dovessi sottopormi a una terapia meno intensiva, probabilmente utilizzerei questo tipo di regime, piuttosto che ridurre la quantità della terapia anti-HER2, molto importante, e che effettivamente non è associata a una gran tossicità, se si vuole evitare un antraciclina" ha detto in un'intervista. Tuttavia, la professoressa ha osservato che l'idea di utilizzare un ciclo ridotto di trastuzumab potrebbe essere più rilevante in alcune aree del mondo dove è difficile trovare quest’agente o poterselo permettere.

P. Conte, et al. 9 weeks vs 1 year adjuvant trastuzumab in combination with chemotherapy: final results of the phase III randomized Short-HER study. Ann Oncol. 2018; https://doi.org/10.1093/annonc/mdy414.