La capecitabina orale, ampiamente usata per la terapia del tumore del colon retto e quello della mammella metastatico, promette bene anche come strumento di prevenzione secondaria dei tumori cutanei non melanomi (NMSC) nei trapiantati o in altri pazienti immunosoppressi, soggetti a rischio aumentato di questi tumori. A riferirlo è stato Paul Nghiem, dermatologo della University of Washington e del Fred Hutchinson Cancer Center di Seattle, a margine dell’Hawaii Dermatology Seminar della Skin Disease Education Foundation (SDEF), svoltosi recentemente a Maui.

A sostegno della sua affermazione, il dermatologo ha citato un recente studio osservazionale realizzato da un gruppo dell’Università del Minnesota su 15 pazienti sottoposti a trapianto di organi solidi (età media 57 anni) che avevano sviluppato NMSC, posti in trattamento con capecitabina a basso dosaggio (1 g/m2 al giorno nei giorni da 1 a 14 di un ciclo di 21 giorni) per vedere se il chemioterapico fosse in grado di prevenire nuove recidive di NMSC.

Confrontando l’incidenza cumulativa dei NMSC durante il primo anno di trattamento con capecitabina con quella dell’anno precedente, i ricercatori hanno visto che il numero medio di carcinomi a cellule squamose per mese si è ridotto di 0,3, il numero medio di cheratosi attiniche a sceso di 2,45 al mese e quello di carcinomi basocellulari di 0,04 al mese. Tutte queste riduzioni sono risultate statisticamente significative.

Non ci sono ancora dati definitivi, ma secondo Nghiem non si avrà un aumento rilevante delle recidive di NMSC dopo la sospensione della capecitabina, così come invece accade quando si interrompono i retinoidi sistemici somministrati per il trattamento dei NMSC multipli. Il chemioterapico uccide infatti le cellule tumorali ed è quindi lecito aspettarsi da parte sua un beneficio più duraturo di quello osservato con i retinoidi. Senza contare che questi farmaci sono gravati da effetti collaterali significativi, tra cui effetti avversi sulla salute dell’osso.

Intanto gli studi sull’impiego della capecitabina nella prevenzione secondaria dei NMSC continuano. Nel frattempo, i dermatologi possono usare gli altri mezzi a disposizione, oltre ai retinoidi, per proteggere da questi tumori i loro pazienti trapiantati o immunosoppressi. Molto importante, ad esempio, è una sorveglianza dermatologica ogni 3 mesi (o anche meno) per scoprire queste neoplasie cutanee prima che metastatizzino.

I soggetti sottoposti a trapianto di organi solidi hanno un rischio notevolmente aumentato di NMSC. Molti di essi sviluppano dozzine di carcinomi a cellule squamose e di carcinomi basocellulari all’anno e spesso questi tumori si comportano in modo molto aggressivo. Quest’effetto è almeno in parte una conseguenza indesiderata della terapia immunosoppressiva con inibitori della calcineurina, prescritta a molti trapiantati per migliorare la sopravvivenza dell’organo impiantato. A differenza di questi agenti, sirolimus, altro farmaco utilizzato come immunosoppressore, non ha un effetto carcinogenico diretto sui cheratinociti dell’epidermide.

Negli studi sull’animale, la sostituzione degli inibitori della calcinerurina con sirolimus per la prevenzione del rigetto ha portato a una notevole riduzione dei NMSC, ma si sta ancora valutando se questo valga anche nell’uomo.