In una popolazione di pazienti con neoplasie ematologiche che rifiutano le trasfusioni di sangue o emoderivati, la chemioterapia ad alte dosi, seguita dal trapianto autologo di cellule staminali, ha dimostrato di essere una pratica relativamente sicura, anche senza fare trasfusioni, in uno studio della University of Pennsylvania di Philadelphia, da poco pubblicato online sul Journal of Clinical Oncology.

Dal maggio 1996 al marzo 2014, presso il Pennsylvania Hospital 125 pazienti testimoni di Geova affetti da neoplasie ematologiche (di cui 55 affetti da linfoma, 68 da mieloma multiplo e 2 da amiloidosi) sono stati sottoposti alla chemioterapia ad alte dosi e al trapianto autologo di cellule staminali, senza fare trasfusioni e ricorrendo alle tecniche base di gestione ematologica, che comprendono una stimolazione della produzione di emoglobina prima del trapianto con agenti stimolanti l'eritropoiesi e ferro per via endovenosa, una limitazione della perdita di sangue iatrogena minimizzando la lobotomia e un controllo o una prevenzione del sanguinamento con agenti emostatici.

Nella corte analizzata, gli autori (coordinati da Patricia Ford) hanno trovato una bassa incidenza di sanguinamenti, anche in assenza di trasfusioni profilattiche di piastrine; ciò, sottolineano, potrebbe far rimettere in discussione le linee guida dell'American Society of Clinical Oncology che raccomandano le trasfusioni in presenza di una conta piastrinica inferiore a 10 x 103/mcl. "L'assenza di grossi episodi emorragici osservati in presenza di una conta piastrinica superiore a 5 x 103/mcl ... suggerisce che in una popolazione di pazienti selezionati, una soglia di 5 x 103/mcl per le trasfusioni potrebbe essere appropriata" scrivono i ricercatori.

Tra i pazienti sottoposti alla chemioterapia ad alte dosi e al trapianto autologo di staminali, i 68 colpiti da mieloma multiplo sono stati trattati con melfalan 200 mg/m2 e i 55 colpiti da linfoma con carmustina 300mg/m2 il giorno 1, ciclofosfamide 1500 mg/m2 nei giorni da 2 a 5 ed etoposide 700 mg/m2 nei giorni da 2 a 4. Dopo il trapianto, ai pazienti è stata somministrata una combinazione di granulocyte colony-stimulating factor, eritropoietina, acido aminocaproico e  fitonadione.

A 100 giorni dal trapianto, 115 pazienti (il 92%) erano ancora vivi, mentre sei (il 4,8%) erano deceduti a causa di anemia, sepsi, pancitopenia o eventi cardiaci correlati al trattamento.

Non ci sono stati decessi associati all’emorragia, ma si sono verificati 18 episodi emorragici, di cui 2 maggiori e 16 minori.

Le complicanze cardiache hanno mostrato un’incidenza inaspettatamente alta, pari al 32% (40 pazienti), e sono state responsabili di tre decessi correlati al trattamento. Dopo questi tre episodi, a tutti i candidati di età superiore ai 50 anni a rischio di malattie cardiache è stato richiesto di sottoporsi a una visita cardiologica prima del trapianto di staminali. Dato il rischio cardiovascolare associato a questa popolazione, scrivono i ricercatori, oltre all’ecocardiogramma, nei pazienti con sospetta malattia coronarica si raccomanda anche un test da sforzo.

Sulla base della bassa mortalità e morbilità osservate nel loro campione, la Ford e suoi colleghi concludono che la chemioterapia ad alte dosi e, a seguire, il trapianto autologo di cellule staminali possono essere eseguiti in sicurezza anche senza il supporto di trasfusioni e che strategie semplici di gestione ematologica rappresentano un'alternativa efficace in pazienti selezionati (quelli che le rifiutano per motivi religiosi, come i testimoni di Geova, o nei quali le trasfusioni sono controindicate).

P.A. Ford, et al. Autologous Stem-Cell Transplantation Without Hematopoietic Support for the Treatment of Hematologic Malignancies in Jehovah's Witnesses. J Clin Oncol. 2015; doi:10.1200/JCO.2014.57.9912.
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