Oncologia ed Ematologia

Leucemia linfatica cronica, ibrutinib batte la chemioimmunoterapia nei pazienti naïve

Nei pazienti con leucemia linfatica cronica non trattati in precedenza, il trattamento con l'inibitore del B-cell receptor (BCR) ibrutinib ha un profilo rischio/beneficio favorevole e in alcuni di essi potrebbe eliminare la necessità della chemioterapia Lo dimostrano i risultati di un confronto tra studi diversi pubblicato da poco sull'American Journal of Hematology.

Nei pazienti con leucemia linfatica cronica non trattati in precedenza, il trattamento con l’inibitore del B-cell receptor (BCR) ibrutinib ha un profilo rischio/beneficio favorevole e in alcuni di essi potrebbe eliminare la necessità della chemioterapia Lo dimostrano i risultati di un confronto tra studi diversi pubblicato da poco sull'American Journal of Hematology.

"In questa analisi … di regimi di prima linea, con un follow-up mediano compreso fra 14,5 e 37,4 mesi, ibrutinib in monoterapia è parso associato a una sopravvivenza libera da progressione (PFS) più lunga rispetto ai dati pubblicati degli studi di fase III sulla chemioimmunoterapia" scrivono gli autori, guidati da Tadeusz Robak, dell'Università di Lodz.

La chemioimmunoterapia e ibrutinib in monoterapia sono entrambi trattamenti di prima linea accettabili per i pazienti con leucemia linfatica cronica. Tuttavia, i risultati di questi due approcci finora non erano stati confrontati direttamente.

Ibrutinib è stato approvato sulla base dei risultati dello studio RESONATE-2, un trial di fase III che ha dimostrato come questo inibitore del BCR prolunghi in modo significativo la sopravvivenza globale (OS) e la sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto a clorambucile, con una riduzione dell'84% del rischio di progressione o morte. Numerosi studi hanno evidenziato i benefici della chemoimmunoterapia per i pazienti con leucemia linfatica cronica, ma questo trattamento è gravato da tossicità non trascurabili, fra cui le infezioni e la mielosoppressione.

Nell’analisi appena pubblicata, i ricercatori hanno confrontato i risultati dello studio RESONATE-2 con quelli di diversi studi di fase III sulla chemoimmunoterapia come trattamento di prima linea per la leucemia linfatica cronica. I pazienti arruolati in questi studi sono stati trattati con fludarabina/ciclofosfamide/rituximab (il regime FCR) negli studi CLL8 e CLL10, con bendamustina/rituximab nello studio CLL10, con obinutuzumab/clorambucile e rituximab/clorambucile nello studio CLL11 e con ofatumumab/clorambucile nello studio COMPLEMENT-1.

L'età mediana dei partecipanti variava da 61 a 74 anni. I pazienti più anziani sono stati arruolati negli studi su ibrutinib e in quelli sulla chemoimmunoterapia a base di clorambucile.

Analizzando tutti i pazienti inclusi in questi studi, la PFS mediana è risultata più lunga con ibrutinib rispetto alla chemoimmunoterapia, mentre l’OS mediana è risultata comparabile.

I trial sulla chemioimmunoterapia, osservano i ricercatori, hanno tendenzialmente escluso i pazienti portatori della delezione 17p o i pazienti anziani o meno ‘fit’. Rispetto a questi studi, la PFS è risultata favorevole per ibrutinib nei sottogruppi ad alto rischio come quello dei pazienti con malattia avanzata o quello con linfonodi bulky. Inoltre, ibrutinib è parso associato a un’OS più favorevole nei pazienti più anziani o meno ‘fit’ rispetto alla chemoimmunoterapia a base di clorambucile e ofatumumab, rituximab o obinutuzumab.

I ricercatori osservano, tuttavia, che "alcuni pazienti beneficiano in modo notevole del trattamento di prima linea con fludarabina, ciclofosfamide e rituximab. Secondo un' analisi di sopravvivenza aggiornata dallo studio CLL8, con un follow-up mediano di 5,9 anni, la PFS mediana dopo il trattamento con fludarabina-ciclofosfamide-rituximab è risultata di 56,8 mesi e l’OS mediana non è stata raggiunta".

"Gli studi randomizzati in corso sulla terapia di prima linea per la leucemia linfatica cronica stanno attualmente valutando ibrutinib da solo o in combinazione con rituximab rispetto a bendamustina e rituximab oppure fludarabina, ciclofosfamide e rituximab, e ibrutinib più obinutuzumab rispetto a clorambucile più obinutuzumab" spiegano i ricercatori. "Questi studi aiuteranno ulteriormente a esplorare e confermare il ruolo di ibrutinib come trattamento di prima linea per la leucemia linfatica cronica".