Oncologia ed Ematologia

Leucemia linfatica cronica, scoperte mutazioni chiave per la resistenza a ibrutinib

Uno studio appena pubblicato sul Journal of Clinical Oncology dimostra che le mutazioni acquisite BTKC481S e PLCG2 hanno portato a resistenza all'inibitore della tirosin chinasi di Bruton (BTK) ibrutinib in pazienti con leucemia linfatica cronica.

Uno studio appena pubblicato sul Journal of Clinical Oncology dimostra che le mutazioni acquisite BTKC481S e PLCG2 hanno portato a resistenza all’inibitore della tirosin chinasi di Bruton (BTK) ibrutinib in pazienti con leucemia linfatica cronica.

Queste mutazioni sono comparse rapidamente e potrebbero essere utilizzate come biomarker di una futura recidiva, scrivono nelle conclusioni gli autori del lavoro, guidati da Jennifer A. Woyach, della Ohio State University di Columbus.

Infatti, in uno studio retrospettivo su 308 pazienti, mutazioni dei due geni hanno preceduto l'85% delle recidive cliniche, comparendo una mediana di 9,3 mesi prima, mentre in uno studio prospettico separato su 112 pazienti, la mutazione acquisita BTKC481S e l'espansione clonale hanno preceduto tutti gli otto casi di recidiva.

Ibrutinib ha cambiato il paradigma del trattamento della leucemia linfatica cronica, ma sebbene il farmaco induca la remissione nella maggioranza dei pazienti, alcuni di essi ricadono e vanno incontro alla trasformazione di Richter o a progressione della malattia e in questo caso hanno una prognosi sfavorevole.

Studi precedenti hanno dimostrato che la resistenza a ibrutinib può essere il risultato di mutazioni acquisite della BTK che coinvolgono il sito di legame di ibrutinib e della proteina PLCG2, situato immediatamente a valle di ibrutinib nel pathway del recettore delle cellule B (BCR). Ma finora c’erano poche informazioni sulla prevalenza e la storia naturale di queste mutazioni.

Per colmare questa lacuna, la Woyach e i suoi collaboratori hanno analizzato retrospettivamente i dati di quattro studi clinici sequenziali su pazienti con leucemia linfatica cronica trattati con ibrutinib presso l'Ohio State University. Con un'analisi prospettica separata gli autori hanno analizzato tutte le regioni  codificanti dei geni BTK e PLCG2 ogni 3 mesi.

Nello studio retrospettivo, i pazienti avevano già fatto una mediana di 3 e un massimo di 16 terapie. Con un follow-up mediano di 3,4 anni, circa il 19% dei pazienti ha avuto una ricaduta clinica entro 4 anni dall’avvio della terapia con ibrutinib (IC al 95% 14% -24%). Utilizzando il sistema di sequenziamento di ultima generazione Ion Torrent, i ricercatori hanno trovato la mutazione BTKC481S e/o mutazioni di PLCG2 in 40 casi di recidiva su 47 (l’85%). In 31 casi, la mutazione BTKC481S era l'unica mutazione presente. Il carico mutazionale variava nei diversi pazienti, ma generalmente era correlato con la progressione della leucemia nel sangue periferico rispetto a una ricaduta principalmente linfonodale.

Al basale, 172 (il 58%) dei partecipanti allo studio retrospettivo avevano una citogenetica complessa, il 52% aveva la delezione 13q, il 40% la delezione 17p e il 21% l’anomalia MYC. L'età media era di 65 anni (range: 26-91 anni) e il 70% era di sesso femminile.

L’ analisi multivariata ha evidenziato una correlazione fra trasformazione di Richter e cariotipo complesso (HR 5,0; IC al 95% 1,5-16,5) e anomalia di MYC (HR, 2,5; IC al 95% 1,0-4,7), nonché tra leucemia progressiva e un’età inferiore ai 65 anni e la presenza di un cariotipo complesso e della delezione (17)(P13.1).

La trasformazione di Richter di norma ha avuto luogo entro 2 anni dall'inizio della terapia con ibrutinib e ha avuto un’incidenza cumulativa a 4 anni pari al 10%. I pazienti che l’hanno avuta sono sopravvissuti una mediana di soli 3,9 mesi dopo la sospensione di ibrutinib a causa della trasformazione. Il tasso cumulativo di progressione della leucemia, invece, è risultato più alto (19,1%), ma la progressione precoce è risultata rara e i pazienti che hanno interrotto ibrutinib causa della progressione sono sopravvissuto più a lungo (per una mediana di 22,7 mesi).

Nello studio prospettico, tutti gli otto pazienti con la mutazione BTKC481S che non avevano ancora una recidiva clinica comunque hanno mostrato una frequenza sempre maggiore di questa mutazione nel corso del tempo.

Nel loro insieme, scrivono la Woyach e i colleghi, i risultati confermano che le mutazioni di BTK e PLCG2 sono protagoniste chiave della resistenza a ibrutinib nei pazienti con leucemia linfatica cronica. Forse ancora più importante, aggiungono i ricercatori, queste mutazioni rivelano "un periodo prolungato di espressione clonale asintomatica" che precede la ricaduta clinica e offre una finestra di opportunità per colpire queste cellule con nuove terapie all’interno di studi clinici”.

Dato che ibrutinib è stato approvato per il trattamento della leucemia linfatica cronica recidivata solo nel 2014, " probabilmente stiamo solo iniziando a vedere le prime comparse di recidiva nella pratica clinica quotidiana" scrivono i ricercatori, aggiungendo che “una maggiore conoscenza dei meccanismi sia molecolari sia clinici di recidiva potrebbe consentire cambiamenti strategici del monitoraggio e della gestione dei pazienti che potrebbero cambiare la storia naturale della resistenza a ibrutinib”.

J.A. Woyach, et al. BTKC481S-Mediated Resistance to Ibrutinib in Chronic Lymphocytic Leukemia. J Clin Oncol. 2017;doi: 10.1200/JCO.2016.70.2282.
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