Il trattamento con l'anticorpo monoclonale anti-CD19 tafasitamab in combinazione con lenalidomide puņ migliorare gli outcome e, in particolare, prolungare la sopravvivenza globale (OS) rispetto alle opzioni standard nei pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B recidivante/refrattario, non candidabili al trapianto autologo di cellule staminali. A suggerirlo sono dai risultati di un'ampia analisi dello studio RE-MIND2 (NCT04697160) presentata al 63° congresso dell'American Society of Hematology (ASH).
Linfoma diffuso a grandi cellule B ricaduto/refrattario, tafasitamab aggiunto a lenalidomide puņ migliorare la sopravvivenza rispetto alle opzioni standard. #ASH21
Il trattamento con l’anticorpo monoclonale anti-CD19 tafasitamab in combinazione con lenalidomide può migliorare gli outcome e, in particolare, prolungare la sopravvivenza globale (OS) rispetto alle opzioni standard nei pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B recidivante/refrattario, non candidabili al trapianto autologo di cellule staminali. A suggerirlo sono dai risultati di un'ampia analisi dello studio RE-MIND2 (NCT04697160) presentata al 63° congresso dell’American Society of Hematology (ASH).
L'analisi ha evidenziato una riduzione statisticamente significativa, pari al 56%, del rischio di decesso nei pazienti trattati con tafasitamab più lenalidomide rispetto a quelli trattati con polatuzumab vedotin più bendamustina e rituximab (regime pola-BR) o rituximab più lenalidomide (regime R2). I dati di OS osservati con la combinazione tafasitamab più lenalidomide sono risultati, invece, simili a quelli riportati per le terapie con cellule CAR-T.
«Questo studio è sicuramente di interesse e, seppur con i limiti di uno studio retrospettivo, ha una valenza importante di validazione e il merito di porre l'attenzione sul fatto che la combinazione di tafasitamab e lenalidomide è una terapia da considerare nei pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B recidivante/refrattario, una popolazione estremamente difficile e per la quale vi è tuttora un unmet clinical need» ha dichiarato ai microfoni di PharmaStar Marco Ladetto, Professore Associato di Ematologia presso l’Università del Piemonte Orientale e Direttore della SC di Ematologia presso l’AO Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria.
Tafasitamab
Tafasitamab è un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro l’antigene CD19, già approvato negli Stati Uniti, nell’Unione europea, nel Regno Unito e in Canada, in combinazione con lenalidomide, per il trattamento dei pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B recidivante/refrattario, non candidabili al trapianto autologo di cellule staminali.
Tali approvazioni si basano sui risultati dello studio registrativo, L-MIND, uno studio di fase 2, a braccio singolo, cha ha dimostrato l’efficacia della combinazione tafasitamab-lenalidomide, con la quale si è ottenuto un tasso di risposta obiettiva (ORR) del 57,5% con una mediana della durata della risposta molto prolungata, 43,9 mesi. Inoltre, la sopravvivenza libera da progressione (PFS) è risultata di 11,6 mesi e l’OS di 33,5 mesi.
«Negli ultimi anni, le opzioni terapeutiche per il linfoma diffuso a grandi cellule B recidivante/refrattario sono aumentate» ha detto l'autore che ha presentato i dati, Grzegorz S. Nowakowski, della Divisione di Ematologia della Mayo Clinic di Rochester. «Tuttavia, non è pratico confrontare l’efficacia di queste nuove terapie in studi randomizzati di confronto testa a testa e ci sono poche chance che tali studi siano effettuati (perché richiedono tempi lunghi, sono costosi e possono ritardare l’accesso dei pazienti alle terapie, ndr). I dati ottenuti nel mondo reale, invece, offrono l’opportunità unica di confrontare l’efficacia delle terapie disponibili e con quella dei nuovi agenti, ricavata dagli studi a singolo braccio».
E proprio quest’approccio è stato utilizzato nello studio RE-MIND2, nel quale Nowakowski e colleghi hanno raccolto retrospettivamente dati della ‘real life’ e li hanno abbinati strettamente e confrontati con i risultati dello studio registrativo L-MIND.
«Si tratta di un approccio metodologico interessante, basato fondamentalmente su una selezione di pazienti per similitudine, che sicuramente consente di superare alcuni dei limiti degli studi retrospettivi e nel quale vengono governati nel miglior modo possibile i potenziali bias che sempre sono insiti in questo genere di studi, fermo restando che le evidenze generate non uguagliano come valore quelle fornite da uno studio prospettico» ha commentato Ladetto.
Lo studio RE-MIND2
Per lo studio RE-MIND2, i bracci di confronto sono stati selezionati esaminando i trattamenti raccomandati dal National Comprehensive Cancer Network (NCCN) e dalle linee guida ESMO.
I dati sono stati raccolti in modo retrospettivo in istituzioni accademiche e ospedali pubblici e privati di Nord America, Europa e la regione Asia-Pacifico, e per garantire la coerenza con i criteri di inclusione ed esclusione dello studio L-MIND, sono stati considerati pazienti di almeno 18 anni con linfoma diffuso a grandi cellule B confermato dall’istologia, già sottoposti ad almeno due terapie sistemiche per il linfoma, compresa almeno una terapia anti-CD20.
Per l’analisi principale, i pazienti trattati con tafasitamab più lenalidomide nello studio L-MIND sono stati abbinati con quelli del mondo reale considerando sei covariate prognosticamente rilevanti, tra cui età (<70 vs ≥ 70 anni), numero di terapie precedenti (1 vs 2/3), un precedente trapianto autologo (sì vs no), la refrattarietà primaria (sì vs no) o all'ultima linea di terapia (sì vs no), il performance status ECOG (0-1 vs ≥2).
L’endpoint primario era l’OS, mentre gli endpoint secondari comprendevano l’OS, l’ORR, il tasso di risposta completa (CR), la PFS e la durata della risposta (DOR).
Per l’analisi comparativa, gli autori hanno creato coppie di pazienti abbinati secondo un rapporto 1:1: 24 coppie per il confronto fra tafasitamab-lenalidomide e il regime pola-BR, 33 per il confronto con il regime R2 e 37 per il confronto con le cellule CAR-T.
«La distribuzione delle covariate era perfettamente bilanciata fra la coorte dello studio L-MIND e quella della terapia di confronto per tutti e tre i confronti» ha detto Nowakowski. «Una volta verificato questo bilanciamento, abbiamo confrontato gli outcome di efficacia nella coorte dello studio L-MIND e ognuna delle tre coorti osservazionali.
Beneficio significativo di OS con tafasitamab più lenalidomide rispetto a pola-BR ed R2
«Il trattamento con l'OS mediana con tafasitamab più lenalidomide si è associato a un miglioramento significativo dell’OS rispetto ai regimi pola-BR ed R2» ha riferito Nowakowski.
Infatti, l’OS è risultata di 20,1 mesi nella coorte trattata con tafasitamab più lenalidomide contro 7,2 mesi nella coorte trattata con pola-BR (HR, 0,441; IC al 95% 0,203-0,956; P = 0,0340), mentre è stata di 24,5 mesi con tafasitamab più lenalidomide contro 7,4 mesi con il regime R2 (HR 0,435; 0,224-0,847; P = 0,0122).
Invece, l’OS mediana è risultata numericamente superiore con la combinazione con tafasitamab rispetto alle cellule CAR T – 22,5 mesi contro 15,0 mesi –, ma, in questo confronto, la differenza fra i due trattamenti non ha raggiunto la significatività statistica (HR 0,953; IC al 95% 0,475-1,913; P = 0,8915).
I risultati di OS riportati nello studio RE-MIND2 per i regime pola.BR, R2 e le CAR-T sono stati anche confrontati con dati di efficacia ottenuti nel mondo reale e con quelli ottenuti nei trial clinici per ciascuna delle tre terapie, per garantire che vi fosse una buona correlazione tra i primi e i dati esistenti. Nel complesso, ha osservato Nowakowski, si è osservata una buona correlazione fra l’OS mediana osservata per ciascuna delle terapie di confronto nello studio RE-MIND2 e questi dati.
Confronto con pola-BR
«I tassi di risposa obiettiva e di risposta completa sono risultati superiori con tafasitamab-lenalidomide rispetto alla combinazione pola-BR» ha detto Nowakowski. Infatti, nel confronto con il regime pola-BR, l’ORR è risultato del 62,5% (IC al 95% 40,6-81,2) con tafasitamab più lenalidomide rispetto al 58,3% (IC al 95% 36,6-77,9) con pola-BR (P = 1,000), mentre i tassi di CR sono risultati rispettivamente del 29,2% (IC al 95% 12,8-51,1) contro 20,8% (IC al 95% 7,1-42,2) e la DOR rispettivamente di 17,7 mesi (IC al 95% 3,6-34,8) contro 2,3 mesi (IC al 95% 0,3-6,1), anche se, ha segnalato l’autore, non è stato possibile eseguire un confronto statistico della DOR in ciascun braccio a causa del basso numero di pazienti per i quali erano disponibili dati di valutazione del tumore.
La PFS mediana è risultata di 8,0 mesi (IC al 95%1,9-19,9) nel gruppo trattato con tafasitamab più lenalidomide contro 5,0 mesi (IC al 95% 2,5-5,6) con la combinazione pola-BR (HR 0,482; IC al 95% 0,217-1,073; P = 0,0689).
Confronto con R2
Nel confronto con la doppietta R2, «i tassi di risposa obiettiva e di risposta completa sono risultati significativamente più alti con tafasitamab-lenalidomide» ha osservato Nowakowski. Infatti, l'ORR è risultato del 63,6% (IC al 95% 45,1-79,6) con tafasitamab più lenalidomide, a fronte del 30,3% (IC al 95% 15,6-48,7) con R2 (P = 0,0130), mentre i tassi di CR sono risultati rispettivamente del 39,4% (IC al 95% 22,9-57,9) e 15,2% (IC al 95% 5,1-31,9) e la DOR mediana rispettivamente di 34,8 mesi (IC al 95% 3,6-34,8) contro 12,4 mesi (IC al 95% 2,7-19,3).
La PFS mediana è risultata di 5,9 mesi (IC al 95% 3,6-36,7) con tafasitamab più lenalidomide contro 2,8 mesi (IC al 95% 2,0-5,8) con il regime R2 (HR 0,511; IC al 95% 0,281-0,927; P = 0,0272).
Confronto con le CAR-T
Nel confronto con le CAR T, i tassi di risposta sono risultati inferiori con tafasitamab più lenalidomide, ma la durata della risposta è stata nettamente superiore. Infatti, l'ORR è risultato del 59,5% (IC al 95%, 42,1-75,2) nei pazienti trattati con la combinazione con tafasitamab e 75,7% (IC al 95%, 58,8-88,2) in quelli trattati con le CAR-T (P = 0,2140), mentre i tassi di CR sono risultati rispettivamente del 37,8% (IC al 95% 22,5-55,2) e 43,2% (IC al 95% 27,1-60,5%); tuttavia, la DOR mediana è risultata di 26,1 mesi con tafasitamab più lenalidomide (IC al 95% 4,4-NR) contro 5,9 mesi (IC al 95% 2,0-10,0) con le CAR T.
La PFS mediana è risultata rispettivamente di 6,3 mesi (IC al 95% 3,6-22,5) con tafasitamab/lenalidomide contro 4,0 mesi (IC al 95% 3,1-12,8) con le cellule CAR T (HR 0,612; IC al 95% 0,302-1,240; P = 0,1696).
In conclusione
In conclusione, ha detto Nowakowski, «abbiamo osservato un miglioramento clinicamente e statisticamente significativo dell’OS con tafasitumab più lenalidomide rispetto a pola-BR ed R2, e l’OS mediana è risultata comparabile con quanto osservato per le CAR-T. Inoltre, abbiamo osservato un vantaggio numericamente a favore della combinazione tafasitamab più lenalidomide per diversi endpoint secondari».
L’autore ha, infine, ribadito che l’approccio metodologico utilizzato nello studio RE-MIND2 dimostra il valore dei dati del ‘real world’ per confrontare i risultati dei diversi regimi nella pratica clinica e ha aggiunto che studi come questi potranno dare informazioni utili su quali sequenze terapeutiche adottare in questo setting.
«Il messaggio fondamentale di questo studio», ha concluso Ladetto, «è che (con tafasitamab più lenalidomide, ndr) abbiamo una nuova strategia terapeutica per i pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B recidivante/refrattario che andrà ad affiancarsi a quelle già disponibili e che potrà essere integrata nella pratica clinica tenendo in considerazione tutta una serie di aspetti molto molto importanti, tra cui la fattibilità i costi».
Bibliografia
G.S. Nowakowski, et al. Tafasitamab Plus Lenalidomide Versus Pola‑BR, R2, and CAR T: Comparing Outcomes from RE-MIND2, an Observational, Retrospective Cohort Study in Relapsed/Refractory Diffuse Large B-Cell Lymphoma. Blood (2021) 138 (Supplement 1): 183. Link
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