La terapia di mantenimento con rucaparib aumenta del 77% la sopravvivenza libera da progressione nel carcinoma ovarico ricorrente con mutazione BRCA, secondo i risultati più recenti dello studio ARIEL3, presentato oggi al congresso ESMO 2017 a Madrid. Però è importante sottolineare che il vantaggio dell’uso del farmaco si è manifestato anche nelle pazienti senza mutazione BRCA, seppur in minor misura (1).

Lo studio ARIEL3 ha incluso 564 pazienti con tumore ovarico di grado elevato che avevano risposto alla chemioterapia a base di platino somministrata in seconda o in terza linea di trattamento. Le pazienti sono state randomizzate 2:1 alla terapia di mantenimento con rucaparib o a placebo.

L'endpoint primario era la sopravvivenza libera da progressione, misurata sequenzialmente in tre gruppi se in quello precedente si rilevavano benefici:  1) BRCA mutato; 2) BRCA mutato o BRCA wild-type con elevato LOH (complessivamente denominato “carenza di ricombinazione omologa” o HRD); 3) intention to treat (popolazione totale dello studio).

Rucaparib ha prodotto un miglioramento statisticamente significativo nella sopravvivenza libera da progressione in tutti e tre i gruppi. La PFS è aumentata da 5,4 mesi a 16,6, 13,6 e 10,8 mesi nei gruppi 1, 2 e 3, rispettivamente, con hazard ratio (HR) di 0,23, 0,32 e 0,36, rispettivamente.

"Il miglioramento della sopravvivenza libera da progressione è stato maggiore nel gruppo BRCA mutato, con un aumento del 77%, ma è stato visto in tutti e tre i sottogruppi valutati", ha detto il primo autore Jonathan Ledermann, professore di Oncologia Medica all’UCL Cancer Institute di Londra, Regno Unito.

Nelle analisi esplorative, le pazienti senza mutazioni BRCA (wild type) sono state suddivise a seconda della perdita di eterozigosi (LOH alta e bassa). Come previsto, le pazienti con LOH alta hanno migliorato la PFS rispetto a quelle con LOH bassa. Tuttavia, in entrambi i sottogruppi, rucaparib si è dimostrato significativamente migliore rispetto al placebo.

Ledermann ha dichiarato: "Avevamo sperato che il test LOH avrebbe distinto le pazienti responder da quelle non-responder, ma entrambi i gruppi LOH (alti e bassi) hanno ottenuto benefici. Comunque, l’entità del vantaggio in termini di sopravvivenza libera da progressione è stata maggiore nelle pazienti BRCA wild type/LOH elevata".

Rucaparib è stato ben tollerato e solo il 13% delle pazienti ha dovuto interrompere il farmaco a causa di effetti collaterali. Il profilo di sicurezza di rucaparib nel trial ARIEL3 è stato coerente con i precedenti studi di fase II.

Ledermann ha così concluso: "I PARP-inibitori rappresentano il più grande sviluppo della terapia del carcinoma ovarico dall'introduzione dei farmaci a base di platino alla fine degli anni '70 e all'inizio degli anni '80. Rucaparib è un valido rappresentante di questa classe estremamente interessante di farmaci e può essere usato nella terapia di mantenimento nelle donne con carcinoma ovarico ricorrente".

Commentando i risultati, il dott. Andrés Poveda, direttore della Gynaecological Cancer Clinic, Oncology Foundation Institute di Valencia, Spagna, presidente del Gynaecologic Cancer Intergroup (GCIG), membro della ESMO Faculty on Gynecological cancer, ha affermato: "Lo studio ARIEL3 ha conseguito una notevole diminuzione nel rischio di recidiva con rucaparib. Tutti i sottogruppi di pazienti ne hanno tratto beneficio, in particolare quelle con mutazioni BRCA, ma anche quelle con carenza di ricombinazione omologa (HRD)".

"In Europa – prosegue il clinico- l'inibitore del PARP olaparib è stato approvato come terapia di mantenimento, ma solo per le pazienti con mutazioni BRCA nella linea germinale", ha aggiunto. "Stiamo aspettando una decisione su niraparib, un altro PARP-inibitore. L'aggiunta di rucaparib amplierebbe la popolazione di pazienti che potrebbero beneficiare da questa categoria di farmaci ".

Poveda ha quindi concluso: "La medicina personalizzata ha raggiunto il carcinoma ovarico di alto grado. Ulteriori studi sono necessari per identificare biomarcatori che possano dirci in anticipo se la paziente risponderà agli inibitori di PARP. In particolare, dobbiamo sapere se esistono fattori non-HRD che possano essere predittivi di risposta".

La maggior parte dei tumori ovarici si presenta in stadio avanzato e l'80% di queste pazienti va incontro a una ricaduta dopo trattamento di prima linea. Spesso le pazienti rispondono di nuovo alla chemioterapia, in particolare a quella a base di platino, ma quasi inevitabilmente presenteranno una nuova recidiva e alla fine la loro malattia potrebbe condurre a morte. Sono quindi necessari trattamenti di mantenimento per ridurre le ricadute nelle pazienti che sono già recidivate.

L'enzima PARP (poli ADP-ribosio polimerasi) aiuta inizialmente a riparare il danno del DNA, così che le cellule possano continuare a dividersi. I processi di riparazione del DNA sono intrinsecamente compromessi nelle cellule tumorali con mutazioni BRCA. I PARP-inibitori, come rucaparib, bloccano la riparazione del DNA e le cellule con mutazione BRCA muoiono.

Poco più del 20% dei soggetti con carcinoma ovarico presenta mutazioni BRCA ed è sensibile agli inibitori di PARP. Anche altre pazienti risultano sensibili, come quelle che rispondono alla chemioterapia a base di platino e quelle con un elevato grado di perdita genomica di eterozigosi (LOH) - il che significa che il DNA tumorale è compromesso e che i suoi meccanismi di riparazione sono difettosi.

Bibliografia
Abstract LBA40_PR ‘ARIEL3: A Phase 3, Randomised, Double-Blind Study of Rucaparib vs Placebo Following Response to Platinum-Based Chemotherapy for Recurrent Ovarian Carcinoma (OC)‘ will be presented by Prof Jonathan Ledermann during Proffered Paper session ‘Gynaecological cancers’ on Friday, 8 September 2017, 16:00 to 17:30 (CEST) in the Cordoba Auditorium.













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