I pazienti anziani sopra i 75 anni con un mieloma multiplo di nuova diagnosi, non idonei al trapianto di staminali, traggono gli stessi benefici di sopravvivenza da un trattamento continuo con lenalidomide e desametasone a basso dosaggio rispetto a quelli più giovani, stando ai risultati di una nuova analisi dello studio multicentrico di fase III FIRST. I dati sono stati presentati in occasione del congresso della European Hematology Association (EHA), a Vienna.

Nei soggetti over 75, il trattamento con il regime sperimentale ha portato a un miglioramento di 14 mesi della sopravvivenza globale (HR 0,72; IC al 95% 0,54-0,96), una riduzione del 20% del rischio di progressione o di decesso (HR 0,80; IC al 95% 0,62-1,03) rispetto all’attuale regime standard per i pazienti con mieloma di nuova diagnosi non candidabili al trapianto, rappresentato da melfalan più prednisone e talidomide (MPT).

"Con un aggiustamento della dose e del monitoraggio, questo regime a base di lenalidomide e desametasone continuativo si è dimostrato efficace e sicuro, anche in pazienti molto anziani e fragili. Questo trial porta a definire il regime testato come uno standard globale di cura per i pazienti non idonei al trapianto" ha detto il primo firmatario del lavoro, Thierry Facon, dell’Hospital Claude Huriez di Lille, in Francia.

Lo studio FIRST è il più grande studio randomizzato eseguito in questo setting e ha coinvolto 1623 pazienti assegnati al trattamento con lenalidomide più desametasone a basso dosaggio in cicli di 28 giorni fino a progressione della malattia (Rd continuativo) o 18 cicli dello stesso regime per 72 settimane (Rd 18) oppure 12 cicli del regime MPT per 72 settimane.

In un'analisi ad interim pubblicata sul New England Journal of Medicine nel 2014, il trattamento con Rd continuativo aveva già mostrato di ridurre il rischio di progressione o di decesso del 28% e il rischio di decesso del 22% rispetto al regime MPT. Tuttavia, quando sono stati pubblicati questi primi risultati non era stata fatta alcuna stratificazione dell’efficacia in funzione dell’età dei partecipanti.

La nuova analisi è, quindi, importante, perché è la prima ad aver esaminato l'impatto dell'età sull’efficacia e sulla sicurezza del regime Rd continuo. “Il mieloma multiplo è tipicamente una malattia dell’anziano e in circa un terzo dei casi è diagnosticato in pazienti di oltre 75 anni” ha ricordato Facon.

Complessivamente, 567 dei pazienti arruolati nello studio avevano più di 75 anni (mediana 79 anni) e 1056 ne avevano 75 o meno (mediana 70 anni). Le dosi iniziali per il gruppo di pazienti molto anziani sono state ridotte da 40 mg a 20 mg per desametasone; da 200 mg a 100 mg per talidomide e da 0,25 mg/kg a 0,20 mg/kg per melfalan. Nei pazienti con bassa conta ematica o insufficienza renale, la dose di melfalan è stata ridotta da 0,125 kg/mg a 0,10 mg/kg e tutti i partecipanti sono stati sottoposti a tromboprofilassi.

La sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana nel gruppo under 75 anni è risultata di 28,1 mesi con il regime Rd continuo, 21,6 mesi con il regime Rd 18 e 22,4 mesi con il regime MPT (Rd continuo rispetto a MPT: HR 0,64; IC al 95% 0,53 -0,77), mentre la PFS a 4 anni è risultata, rispettivamente, del 37%, 15% e 13%.

Nel gruppo dei pazienti molto anziani, la PFS mediana ha raggiunto, rispettivamente, 20,3 mesi, 19,4 mesi e 19,8 mesi (HR 0,80), con percentuali di PFS a 4 anni pari a 26%, 10% e 11%.

"Questi dati sono molto importanti ed evidenziano il beneficio della terapia continuativa in termini di PFS" ha sottolineato Facon.

Da notare che nell’analisi ad interim la PFS mediana era risultata simile in tutti e tre i gruppi (rispettivamente 25,5 mesi, 20,7 mesi e 21,2 mesi).

Nella nuova analisi, la sopravvivenza globale (OS) nel gruppo degli under 75 anni è risultata di 60,9 mesi con il regime Rd continuo, 60,6 mesi con Rd 18 e 55,3 mesi con MPT (Rd continuo rispetto a MPT: HR 0,76; IC al 95% 0,60-0,96 ), mentre l’OS a 4 anni è stata rispettivamente del 64%, 61% e 57%.

Nel gruppo dei pazienti più anziani, invece, l’OS mediana è stata di 52,3 mesi con il regime Rd continuo, 45,7 mesi con Rd 18 e 37,8 mesi con il regime MPT (HR 0,72, anche detto sopra), con un’OS a 4 anni rispettivamente del 52%, 48% e 39%.

Il trattamento continuativo con Rd si è, inoltre, associato a un miglioramento della durata della risposta, indipendentemente dall'età dei pazienti, ha riferito poi Facon. La durata della risposta è risultata, infatti, di 37 mesi negli under 75 anni e 27 mesi negli over 75 contro 21-22 mesi per tutti gli altri trattamenti.

I risultati in termini di tossicità sono risultati molto simili nelle due fasce d’età, ha segnalato il ricercatore.

Le riduzioni di dosaggio a causa di eventi avversi sono state meno frequenti nei soggetti con non più di 75 anni e con il regime Rd continuativo rispetto al regime MPT (37% contro 52%), così come le interruzioni della terapia (21% contro 26%). Nel gruppo dei più anziani, invece, i pazienti che hanno richiesto una riduzione della dose sono stati più numerosi nel gruppo trattato con Rd continuativo rispetto al gruppo trattato con MPT (44% contro 36%), mentre quelli che hanno sospeso il trattamento sono stati, nuovamente, meno numerosi nel primo gruppo (26% contro 29%).

L’incidenza della neutropenia grado 3/4, l'evento avverso ematologico più comune, è risultata inferiore con il regime Rd continuativo e il regime Rd 18 rispetto al regime MPT sia nei pazienti di età non superiore ai 75 (28% e 25% contro 47%) sia in quelli più anziani (29% e 29% contro 40%).

C'è forse una differenza in termini di eventi avversi cardiaci, che hanno avuto un’incidenza del 6% nel gruppo trattato con il regime MPT contro 12% in quello trattato con il regime Rd continuo nei pazienti con non più di 75 anni e del 13% con MPT contro 12% con Rd continuativo in quelli più anziani, "ma per il resto i risultati sono stati molto simili, soprattutto per quanto riguarda la tossicità neurologica e gli eventi tromboembolici" ha ribadito l’autore.

Durante la discussione, Facon ha riconosciuto che la differenza di sopravvivenza tra il gruppo trattato con il regime Rd continuativo e il regime Rd 18 è risultata marginale e ha detto che si avranno ulteriori informazioni dall’ultima analisi dei dati di sopravvivenza.

A chi gli chiedeva se preferirebbe il regime Rd a VMP (bortezomib, melfalan e prednisone), l’autore ha detto che entrambi i regimi rappresentano standard di cura nei pazienti affetti da mieloma non idonei al trapianto e ha messo in guardia dal fare confronti tra lo studio FIRST e lo studio VISTA, precedente, in cui si era utilizzato il regime VMP.

"Vorrei solo dire che questi due regimi sono efficaci e sicuri e che la scelta tra uno o l’altro deve essere fatta parlandone anche col paziente" ha detto Facon.