Il 39% dei pazienti con tumore del polmone in fase avanzata è vivo a 18 mesi. Il trattamento con un farmaco immuno-oncologico, nivolumab, garantisce un vantaggio netto nella sopravvivenza rispetto ai pazienti trattati con la chemioterapia (23%). Si tratta di un passo in avanti importante in una malattia che colpisce ogni anno in Italia più di 41mila persone. La conferma dell’efficacia dell’immuno-oncologia viene dal Congresso europeo sul cancro (European Cancer Congress, ECC) in corso a Vienna, dove questo approccio innovativo ha evidenziato risultati significativi anche nel melanoma grazie alla combinazione di due molecole, ipilimumab e nivolumab.

L’associazione ha mostrato una riduzione delle dimensioni del tumore, cioè tassi di risposta maggiori rispetto ai due farmaci somministrati in monoterapia. “I dati emersi dallo studio di fase III CheckMate -057 riguardano il tumore del polmone non a piccole cellule non squamoso in fase avanzata, che finora presentava scarse opzioni terapeutiche - spiega il prof. Lucio Crinò, Direttore dell’Oncologia medica all’Ospedale di Perugia e membro dello Steering Committee internazionale dello studio -. Siamo di fronte a un’innovazione davvero impressionante in una malattia particolarmente difficile da trattare.

l vantaggio nella sopravvivenza rispetto a docetaxel è evidente in tutti i pazienti, soprattutto in quelli con espressione della proteina PD-L1 che influenza la capacità del sistema immunitario di riconoscere e attaccare i tumori. I tassi di risposta a nivolumab erano più alti nei fumatori e negli ex tabagisti rispetto a coloro che non hanno mai fumato: 22% e 9% rispetto all’11% e 15% con docetaxel”. Lo scorso luglio nivolumab è stato approvato dall’EMA (European Medicines Agency) per il trattamento del tumore del polmone non a piccole cellule squamoso localmente avanzato o metastatico, precedentemente trattato con la chemioterapia. E il 22 settembre l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha inserito il farmaco nella lista prevista dalla legge 648/96, consentendo così ai pazienti non inclusi nel programma di uso compassionevole di poter disporre del trattamento a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale.

Nivolumab non è stato ancora approvato nel nostro Paese nel melanoma. “È importante che anche i pazienti colpiti da questo tipo di tumore della pelle possano accedere quanto prima alla terapia innovativa – afferma il prof. Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Nazionale Tumori Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli e presidente della Fondazione Melanoma -. Va considerato che i costi per il sistema sanitario non aumenterebbero, visto che questi farmaci immuno-oncologici hanno un impatto economico inferiore rispetto alle terapie target, anche perché i periodi di somministrazione sono più brevi”. Nel 2015 in Italia si stimano circa 11.300 nuovi casi di melanoma. “Lo studio Checkmate - 067 – conclude il prof. Ascierto – ha coinvolto più di 900 pazienti e ha sperimentato il regime di associazione ipilimumab e nivolumab evidenziando miglioramenti nella sopravvivenza libera da progressione rispetto a ciascuna delle due molecole somministrate in monoterapia. Non solo. Le risposte sono state più veloci, più profonde, con una maggiore riduzione del tumore, e più durature. Un risultato positivo mostrato in sottopopolazioni di pazienti, cioè indipendentemente dall’età, quindi anche negli over75, dallo stadio di malattia e dall’eventuale presenza di una mutazione del gene BRAF”.