Oncologia ed Ematologia

Tumore del rene: successo per lo studio checkmate -214, che ha valutato la combinazione nivolumab e ipilimumab

La combinazione di due molecole immuno-oncologiche, nivolumab e ipilimumab è risultata efficace nel trattamento del carcinoma renale avanzato o metastatico (RCC) in prima linea, in pazienti non trattati precedentemente. Gli importanti risultati sono evidenziati nello studio di fase III CheckMate -214 che è stato interrotto anticipatamente. Questi dati verranno presentati al Congresso della European Society for Medical Oncology (ESMO) 2017 che si apre oggi a Madrid.

La combinazione di due molecole immuno-oncologiche, nivolumab e ipilimumab è risultata efficace nel trattamento del carcinoma renale avanzato o metastatico (RCC) in prima linea, in pazienti non trattati precedentemente. Gli importanti risultati sono evidenziati nello studio di fase III CheckMate -214 che è stato interrotto anticipatamente.  Questi dati verranno presentati al Congresso della European Society for Medical Oncology (ESMO) 2017 che si apre oggi a Madrid.

Lo studio ha raggiunto l’endpoint co-primario e la combinazione di nivolumab e ipilimumab ha dimostrato una sopravvivenza globale (OS) superiore rispetto a sunitinib, in pazienti a rischio intermedio e sfavorevole. La combinazione dei due farmaci ha anche raggiunto un endpoint secondario di migliore sopravvivenza globale rispetto a sunitinib in tutti i pazienti randomizzati. Sulla base di un’analisi ad interim pianificata, un Data Monitoring Committee (DMC) ha raccomandato l’interruzione anticipata dello studio.

“È la prima volta nella storia degli studi effettuati da Bristol-Myers Squibb in questa combinazione che viene interrotto in anticipo uno studio sul tumore del rene, proprio per l’enorme impatto dei risultati raggiunti grazie a questa combinazione - afferma il prof. Giacomo Cartenì, Direttore dell’Oncologia Medica dell’Ospedale Cardarelli di Napoli -. Nel 2016, in Italia sono state stimate 11.400 nuove diagnosi di tumore del rene. Un terzo dei pazienti arriva alla diagnosi in stadio avanzato metastatico e in un terzo la malattia si sviluppa nella forma metastatica dopo l’intervento chirurgico.

Quindi solo il 30% dei casi guarisce grazie alla sola chirurgia. La disponibilità della combinazione di nivolumab e ipilimumab per il trattamento in prima linea della malattia metastatica potrebbe rappresentare un decisivo passo in avanti, sia per i pazienti che per i clinici”.

La sicurezza e tollerabilità della combinazione di nivolumab e ipilimumab osservati nello studio CheckMate -214 erano in linea con i precedenti risultati relativamente alla stessa schedula di dosaggio e sono simili tra i diversi sottogruppi di pazienti.

Lo studio CheckMate -214
CheckMate -214 è uno studio di fase III, randomizzato, in aperto, che ha valutato la combinazione di nivolumab e ipilimumab versus sunitinib in pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato o metastatico, non precedentemente trattati. I pazienti nel gruppo di combinazione hanno ricevuto nivolumab 3 mg/kg e ipilimumab 1 mg/kg ogni tre settimane per 4 dosi, seguito da nivolumab 3 mg/kg ogni due settimane. I pazienti nel gruppo di controllo hanno ricevuto sunitinib 50 mg una volta al giorno per quattro settimane, seguite da due settimane di sospensione. I pazienti sono stati trattati fino a progressione o tossicità inaccettabile. Gli endpoint primari dello studio erano la sopravvivenza libera da progressione (PFS), la sopravvivenza globale (OS) e il tasso di risposta obiettiva (ORR) in una popolazione a rischio intermedio o sfavorevole (circa il 75% dei pazienti). La maggioranza di alfa è stata allocata alla sopravvivenza globale. La sicurezza era un endpoint secondario.

Come precedentemente riportato, la combinazione di nivolumab e ipilimumab ha raggiunto un tasso di risposta obiettiva del 41,6% versus 26,5% con sunitinib nei pazienti a rischio intermedio o sfavorevole, quale endpoint co-primario. La durata mediana della risposta non è stata raggiunta con la combinazione di nivolumab e ipilimumab ed era pari a 18,2 mesi con sunitinib. La PFS nei pazienti a rischio intermedio o sfavorevole, endpoint co-primario, è migliorata del 18% in quelli che hanno ricevuto la combinazione (HR 0,82; IC 99,1%: 0,64 - 1,05; p a due code = 0,0331), ma non ha raggiunto la soglia di significatività statistica predefinita di 0,009, rispetto a sunitinib. La PFS mediana nel gruppo di combinazione è stata di 11,6 mesi (IC 95%: 8,71 - 15,51) vs 8,4 mesi (IC 95%: 7,0 - 10,8) nel braccio con sunitinib.