La maggior parte dei pazienti con artrite psoriasica riesce a raggiungere e mantenere uno stato di attività minima della malattia grazie alla terapia con inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNF). Lo evidenzia uno studio di autori canadesi pubblicato di recente su Arthritis Care and Research.

Tra i 226 pazienti di una coorte seguita presso il Toronto Western Hospital, il 64% ha raggiunto uno stato di attività di malattia minima in un arco di tempo medio di trattamento con un anti-TNF di 1,3 anni e la durata media dell’attività minima di malattia è stata di 3,46 anni.

I fattori che aumentano la probabilità di raggiungere un’attività di malattia minima sono risultati il sesso maschile (OR 1,65; IC al 95% 1,08-2,53; P = 0,02) e l’avere una velocità di eritrosedimentazione (VES) normale (OR 2,27; IC al 95% 1,22-4,17; P = 0,009).

L’attività minima di malattia è stata definita come uno stato in cui i pazienti soddisfacevano almeno cinque di questi criteri: non avere più di un’articolazione dolente o tumefatta o un’entesi gonfia, un punteggio del Psoriasis Activity and Severity Index (PASI) non superiore a 1, un punteggio del dolore non superiore a 15, un punteggio di attività della malattia globale del paziente non superiore a 20 e un punteggio dell’Health Assessment Questionnaire (HAQ) non superiore a 0,5.

Il mantenimento di uno stato di attività minima di malattia per almeno un anno ha dimostrato di limitare il danno radiografico nell’arco di 3 anni, il che è importante perché circa il 40-60% dei pazienti con artrite psoriasica hanno sviluppato una malattia erosiva, anche precocemente, nel corso della malattia.

La terapia con anti-TNF ha dimostrato di essere in grado di tenere sotto controllo l'attività della malattia e di limitare la progressione, ma le linee guida attualmente disponibili non affrontano la questione se i pazienti debbano continuare o interrompere i farmaci una volta raggiunto uno stato di attività di malattia minima.

Per risolvere questo e altri problemi, come quello dei fattori prognostici, il gruppo di autori, guidato da Dafna D. Gladman, dell’Università di Toronto, ha valutato gli outcome dei soggetti arruolati in una coorte di pazienti con artrite psoriasica tra il 2000 e il 2012, candidabili alla terapia con anti-TNF dopo il fallimento delle terapie convenzionali.

I pazienti sono stati valutati clinicamente ogni 6-12 mesi e ogni 2 anni sottoposti alle radiografie.

Il 65% della coorte era di sesso maschile, l'età media al momento della diagnosi era di 36 anni, la durata media dell’artrite psoriasica era di 13 anni, ma, come tipicamente accade, la componente cutanea della malattia era presente da molto più tempo, in media da 21 anni.

Il punteggio medio iniziale del PASI era pari a 3,3, il numero medio di articolazioni in cui la malattia era attiva pari a 10,6, e dal 10 al 15% aveva dattilite, entesite o tenosinovite. Nel 14% dei casi era presente danno articolare.

Il valore medio della proteina C-reattiva era di 6,7 mg/l e la VES era anormale in un quarto dei pazienti.

La maggior parte dei pazienti era stata trattata in precedenza con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e farmaci anti-reumatici in grado di modificare la storia naturale della malattia (DMARD).

Tra i 146 pazienti che hanno raggiunto uno stato di attività minima di malattia, 17 hanno potuto ridurre la dose dell’inibitore del TNF e otto di questi hanno interrotto il trattamento. La maggior parte di questi pazienti, inoltre, non stavano assumendo altri DMARD al momento della riduzione del dosaggio o della sospensione del biologico.

Di questi 17 pazienti, 13 erano uomini, malati da quasi 11 anni. In otto di essi, durante un follow-up medio di 3,18 anni non si sono verificate riacutizzazioni della malattia.

Il fatto che il 36% dei pazienti di questa coorte non abbia raggiunto uno stato di attività di malattia minima suggerisce che la via di trasduzione del segnale del TNF potrebbe non avere un ruolo fondamentale nello scatenare l'infiammazione in questi pazienti, i quali potrebbero beneficiare di altri trattamenti mirati che colpiscano vie infiammatorie differenti" scrivono gli autori nella discussione.

Al basale, 23 pazienti nella coorte erano già in uno stato di attività di malattia minima e sono stati esclusi dall'analisi. Tuttavia, gli autori hanno osservato che 14 di essi mostravano segni di infiammazione articolare attiva, anche se soddisfacevano i criteri stabiliti per definire uno stato di attività minima di malattia.

"Questo potrebbe spiegare perché alcuni pazienti che sono in uno stato di attività minima di malattia sviluppano un danno radiografico che può essere la conseguenza di un’attività di malattia residua in corso", suggeriscono la Gladman e gli altri ricercatori. Inoltre, “questo suggerisce anche che uno stato di attività di malattia minima potrebbe non può essere l'obiettivo ideale e che bisognerebbe lottare per ottenere una remissione completa".

Tuttavia, non è ancora stata stabilita una definizione univoca per la remissione completa nell’artrite psoriasica.

Nonostante il limite del disegno osservazionale e del possibile bias di confondimento legato all’indicazione, gli autori concludono che “i risultati principali di questo studio sono molto importanti e rilevanti sia per i medici sia per pazienti trattati con questi farmaci".

A. Haddad, et al. Minimal disease activity and anti-TNF therapy in psoriatic arthritis. Arthritis Care Res 2014; doi: 10.1002/acr.22529.
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