L'impiego precoce di rituximab potrebbe portare ad un più stretto controllo dell'attività di malattia e ad un miglioramento degli outcome clinici nei pazienti con risposta inadeguata ai farmaci anti-TNF.

Queste le conclusioni di uno studio, condotto su dati provenienti dal mondo reale anziché quello ideale dei trial e pubblicato online ahead-of-print sulla rivista Journal of Rheumatology.

Lo switch terapeutico ad un farmaco biologico con un meccanismo d'azione alternativo a quello dei farmaci anti-TNF potrebbe rappresentare una possibile soluzione per quei pazienti che, per ragioni non ancora completamente note, non sono responders a questa classe di farmaci.

Rituximab è un anticorpo monoclonale che si lega in modo specifico all'antigene CD20, una proteina che si ritrova normalmente sulla superficie dei linfociti B. Il bersaglio terapeutico di questo farmaco è dunque diverso da quello tipico dei farmaci anti-TNF.

Obiettivo di questo studio è stato quello di caratterizzare l'impiego nel mondo reale e l'efficacia di rituximab in un'ampia coorte di pazienti reclutati nel registro CORRONA  (Consortium of Rheumatology Researchers Of North America). Lo studio ha cercato di esaminare, in particolare, l'efficacia di rituximab nel ridurre l'attività di malattia e raggiungere lo stato di “attività di malattia ridotta” o di “remissione”.

L'efficacia clinica del trattamento è stata valutata a 12 mesi sulla base del punteggio CDAI relativo all'attività di  malattia (prima e dopo il trattamento con rituximab). Lo studio prevedeva anche la valutazione del raggiungimento della condizione di “remissione” o di “bassa attività di malattia” (CDAI <10) nei pazienti con attività di malattia moderata-elevata al momento dell'inizio della terapia con rituximab, mettendo a confronto quanto osservato nei pazienti in terapia pregressa con un solo farmaco anti-TNF con quanto osservato in pazienti in terapia pregressa con più farmaci anti-TNF.

Nei 265 pazienti sottoposti a monitoraggio annuale è stata documentata una variazione dell'indice CDAI pari a -8,1 (IC95% = –9.8 – –6.4). Su 218 pazienti con attività di malattia moderata-elevata all'inizio del trattamento, i pazienti in terapia pregressa con un solo farmaco anti-TNF (Indice CDAI al basale pari a 25) hanno mostrato un decremento di questo indice di 10,1 unità (IC95%= -13,2 - -7) mentre quelli in trattamento pregresso con due o più farmaci anti-TNF hanno mostrato un decremento di questo indice di 10,5 unità (IC95%= 12,9 - -8).

Lo studio ha dimostrato anche che i pazienti in trattamento pregresso con un farmaco anti-TNF avevano una probabilità maggiore di raggiungere la condizione di remissione clinica o di “ridotta attività di malattia” a 12 mesi rispetto a quelli precedentemente trattati con 2 o più farmaci anti-TNF (OR non corretto per fattori confondenti= 0,40: IC95%= 0,22-0,73). Non solo: la presenza di autoanticorpi o il co-trattamento con DMARD non biologici non sono  risultati associati ad un miglioramento di efficacia del rituximab in questo contesto. Inoltre, anche dopo correzione per fattori confondenti, la relazione tra il numero di farmaci anti-TNF impiegati prima del rituximab e la probabilità di raggiungere la condizione di remissione clinica o di “ridotta attività di malattia” è risultata statisticamente robusta.

In conclusione, i risultati dello studio confermano, nel mondo reale della pratica clinica quotidiana, quanto già osservato in alcuni trial clinici randomizzati che avevano documentato l'efficacia di rituximab  in pazienti con AR con risposta inadeguata a farmaci anti-TNF.

Si attendono ora conferme da studi che mettano a confronto il farmaco con altre opzioni di intervento in pazienti non responsivi alla terapia con farmaci anti-TNF al fine di validare queste conclusioni.

Nicola Casella

Harrold LR et al. Effectiveness of Rituximab for the Treatment of Rheumatoid Arthritis in Patients with Prior Exposure to Anti-TNF: Results from the CORRONA Registry. The Journal of Rheumatology. 2015; e-pub ahead-of-print
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