I pazienti con spondiloartrite assiale in fase iniziale che non avevano ancora sviluppato sacroileite visibile ai alla rx hanno comunque beneficiato del trattamento con etanercept in uno studio multicentrico di fase IIIb appena pubblicato su Arthritis and Rheumatology.

Dopo 3 mesi di trattamento, i pazienti che hanno registrato un miglioramento del 40% (risposta ASAS40) sono risultati il 32% nel gruppo trattato con il biologico contro il 16% nel gruppo di controllo, trattato con placebo (P = 0,006).

Inoltre, alla seconda settimana di trattamento, la risposta ASAS40 è risultata del 15,2% nel gruppo in trattamento attivo contro solo 3,8% nel gruppo placebo (P < 0,01).

Negli ultimi anni, l’Assessment of Spondyloarthritis (ASAS) International Society ha riconosciuto che nel gruppo di pazienti che non soddisfano i criteri per la spondilite anchilosante - in quanto non presentano evidenze radiografiche di sacroileite - la malattia ha comunque un impatto notevole e si ha una seria compromissione della funzionalità.

Questi soggetti, ora classificati come aventi una spondiloartrite assiale non radiografica, hanno segni di infiammazione visibili alla risonanza magnetica o sono HLA-B27 positivi e hanno almeno due manifestazioni cliniche della malattia al livello certebrale.

Alcuni studi hanno suggerito che gli inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNF) potrebbero essere utili per questi pazienti senza segni radiografici di malattia, come è stato dimostrato per la spondilite anchilosante conclamata, ma finora mancavano ampi studi controllati con placebo che lo dimostrassero.

Per colmare questa lacuna, Maxime Dougados, dell’Università di Parigi, e altri autori, hanno arruolato 215 pazienti con malattia attiva e una lombalgia cronica che non si era risolta con un trattamento con due o più farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). I partecipanti sono stati trattati con etanercept 50 mg alla settimana per via sottocutanea o placebo, più una terapia di fondo con  FANS, per 12 settimane.

L’età media dei pazienti era 32 anni e la maggior parte erano uomini bianchi; inoltre, la diagnosi risaliva a circa 2,5 anni prima e circa il 70% era HLA-B27 positivo.

L'attività di malattia al basale era moderata o elevata. L’Ankylosing Spondylitis Disease Activity Score medio era pari a 3 e mentre il Bath Ankylosing Spondylitis Disease Activity Index (BASDAI) medio era pari a 6 su una scala di 10 cm. Inoltre, i pazienti presentavano una compromissione funzionale sostanziale, con punteggi medi del Bath Ankylosing Spondylitis Functional Index di circa 4 su 10.

Gli autori hanno trovato miglioramenti dopo 12 settimane di trattamento con diversi strumenti di valutazione della malattia. Per esempio, hanno osservato una riduzione di 2 cm sulla scala a 10 cm che misura il  mal di schiena nel gruppo etanercept e una di 1,1 cm nel gruppo placebo (P = 0,006), nonché una riduzione della rigidità mattutina di 2,3 cm nel gruppo etanercept contro 1,4 cm nel gruppo placebo (P = 0,0134) .

I livelli della proteina C reattiva (CRP), noto marker dell’infiammazione, sono diminuiti in media di 3 mg/l nel gruppo etanercept , ma solo di 0,1 mg/ml nel gruppo placebo (P = 0,004).

I punteggi della risonanza magnetica per le articolazioni sacro-iliache sono diminuiti in media di 3,8 punti nel gruppo etanercept contro 0,8 punti nel gruppo placebo (P < 0,001), mentre quelli relativi alla colonna vertebrale sono diminuiti in media rispettivamente di 2,1 e 1,2 punti (P = 0,041).

Dopo 12 settimane, tutti i pazienti sono stati trattati con etanercept in aperto ed entro la settimana 24, la risposta ASAS40 è stata osservata nel 44% di coloro che avevano preso in biologico fin dall’inizio e nel 52% di quelli inizialmente trattati con placebo, mentre i punteggi dell’indice BASDAI sono diminuiti in media di 2,9 cm tra i pazienti trattati con etanercept dall’inizio e di 3,3 cm in quelli passati dal placebo al farmaco.

Secondo i ricercatori, l’accelerazione della risposta osservata nel gruppo passato dal placebo a etanercept nelle ultime 12 settimane potrebbe essere un effetto del disegno in aperto.

Il livello di PCR in entrambi i gruppi è diminuito di 4,6 mg/l entro la settimana 24.

Alcune analisi post-hoc hanno suggerito l’esistenza di un’associazione possibile tra livelli elevati di PCR al basale e una buona risposta al trattamento, indicando che questa "misura oggettiva di infiammazione" potrebbe essere "uno strumento utile per predire la risposta agli anti-TNF nella pratica clinica" scrivono gli autori nella discussione.

Durante le prime 12 settimane in doppio cieco, la frequenza degli eventi avversi è stata del 57% nel gruppo trattato con etanercept e 45% nel gruppo placebo. Durante la fase in aperto, invece, è stata de 34% nel gruppo trattato con il biologico per tutto il tempo e 50% in quello trattato prima con placebo  e poi con etanercept.

Eventi avversi gravi sono stati osservati in due pazienti in entrambi i gruppi durante le prime 12 settimane e in uno solo del gruppo trattato prima con placebo e poi con etanercept nelle successive 12 settimane. Si è verificata solo un’infezione grave durante la fase in cieco e nel gruppo placebo.

Finora, riferiscono i ricercatori, si è osservato poco o nulla un effetto plateau e, aggiungono gli autori, i pazienti continueranno ad essere trattati in aperto e seguiti per un totale di 2 anni.

In considerazione dei benefici "rapidi e duraturi" osservati in questo studio,”vale la pena di considerare un avvio precoce del trattamento con etanercept nei pazienti con spondiloartrite assiale attiva non radiografica" concludono i ricercatori.

M. Dougados, et al. The symptomatic efficacy and effect on objective signs of inflammation of etanercept in early nonradiographic axial spondyloarthritis. Arthritis Rheum 2014; doi: 10.1002/art.38721.
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