Ortopedia e Reumatologia

Lupus, studio italiano conferma efficacia e sicurezza di belimumab sottocute

Un'analisi post-hoc di un trial multicentrico di Fase 3, che ha visto coinvolta anche l'Italia con l'equipe di ricerca guidata dal prof. Andrea Doria (Unità Operativa Complessa di Reumatologia, Università degli Studi di Padova), ha confermato che belimumab, un anticorpo monoclonale avente come bersaglio un componente del sistema immunitario, assicura, anche in formulazione sottocute, notevoli benefici in pazienti affetti da lupus eritematoso sistemico (LES). Lo studio, pubblicato su Arthritis & Rheumatology avvalora l'affiancamento, alla modalità di somministrazione endovena del farmaco (già approvata nel 2013), di una nuova modalità di somministrazione sottocute, più maneggevole, che, stando alle fonti dell'azienda produttrice del farmaco (GSK), dovrebbe essere disponibile nel nostro Paese alla fine di questo anno.

Un'analisi post-hoc di un trial multicentrico di Fase 3, che ha visto coinvolta anche l'Italia con l'equipe di ricerca guidata dal prof. Andrea Doria (Unità Operativa Complessa di Reumatologia, Università degli Studi di Padova), ha confermato che belimumab, un anticorpo monoclonale avente come bersaglio un componente del sistema immunitario, assicura, anche in formulazione sottocute, notevoli benefici in pazienti affetti da lupus eritematoso sistemico (LES), una patologia cronica infiammatoria che colpisce prevalentemente il sesso femminile e che può potenzialmente avere ripercussioni negative su molteplici organi.

Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista Arthritis & Rheumatology (1) e avvalora  l'affiancamento, alla modalità di somministrazione endovena del farmaco (già approvata nel 2013), di una nuova modalità di somministrazione sottocute, più maneggevole, che, stando alle fonti dell'azienda produttrice del farmaco (GSK), dovrebbe essere disponibile nel nostro Paese alla fine di questo anno.

Informazioni su belimumab
Belimumab è un regolatore che controlla la sopravvivenza dei linfociti implicati nella potente reazione autoimmune, che dà origine alle diverse lesioni ad organi e tessuti della malattia. 

In sintesi, belimumab è il primo farmaco che agisce direttamente sui livelli di BLyS circolante nel sangue e ne impedisce il legame con i suoi recettori. BlyS è una proteina naturale necessaria per la sopravvivenza dei B-linfociti e la loro trasformazione in plasmacellule mature.

Il blocco del BLys induce l’apoptosi (cioè il suicidio programmato”) dei linfociti B, in particolare di quelli autoreattivi,  e consente di diminuire i livelli degli autoanticorpi che attaccano le cellule dello stesso organismo del paziente, responsabili del peggioramento della malattia, soprattutto a carico di come articolazioni, cute, cuore, polmoni, reni e cervello.

Il farmaco ha rappresentato, dopo 50 anni, una svolta per la cura di questa malattia nelle forme moderate e gravi.

In Italia, belimumab è disponibile ormai da più di 2 anni in formulazione endovena, anche se alcuni centri hanno iniziato ad utilizzarlo anche prima, quando era ancora in sperimentazione.

Alla fine del 2017, La Commissione Europea ha approvato la nuova formulazione sottocutanea di belimumab come terapia aggiuntiva per i pazienti adulti con lupus eritematoso sistemico (LES), che presentano un alto grado di attività della malattia (anti-dsDNA positivo e basso complemento) nonostante la terapia standard.

L'approvazione riguarda una singola dose di 200 mg in una siringa pre-riempita (autoiniettore) da somministrare una volta alla settimana. Questa formulazione consente ai pazienti di auto-somministrarsi il farmaco a casa, dopo una prima supervisione dei clinici di riferimento e in caso questi lo ritenessero appropriato.

La versione sottocutanea del farmaco si aggiunge all'attuale formulazione per via endovenosa (IV), autorizzata in Europa ormai dal 2011 e da allora utilizzata per il trattamento di migliaia di pazienti in tutto il mondo.

Razionale dello studio
Il LES è considerato il prototipo delle malattie da immunocomplessi che attivano la cascata complementare; infatti il parametro di laboratorio più caratteristico della malattia, oltre agli autoanticorpi, è la riduzione delle frazioni del complemento C3 e C4.

“Analisi post-hoc degli studi BLISS IV hanno dimostrato che i pazienti con LES associato a riduzione delle frazioni del complemento C3 o C4 e positività agli anticorpi anti-dsDNA all'inizio del trattamento con belimumab in infusione endovenosa ha risposto meglio alla terapia vs. placebo rispetto a quelli con LES senza le caratteristiche sopra enunciate – scrivono i ricercatori nell'introduzione al lavoro”.

“L'identificazione di fattori in grado di predire la risposta al trattamento con belimumab potrebbe rappresentare un primo passo nella direzione della medicina personalizzata del LES – continuano i ricercatori – grazie alla selezione di sottogruppi di pazienti da candidare alla terapia per loro più appropriata”.

L'efficacia, la sicurezza e la tollerabilità di belimumab sottocute, somministrato mediante siringa pre-riempita in pazienti con LES attivo e sieropositività auto-anticorpale, è stata documentata lo scorso anno in un trial clinico randomizzato e controllato vs. placebo, della durata di un anno, che ha mostrato un tasso di pazienti SRI4 responder nel 61,4% dei pazienti trattati con il farmaco vs. 48,4% di quelli afferenti al gruppo di controllo – OR= 1,68 (IC95%= 1,25-2,25; p=0,0006) (2).

Quest'analisi post-hoc del trial in questione, invece, ha analizzato gli outcome in un sottogruppo di pazienti lupici con riduzione delle frazioni del complemento  (C3)

Disegno dello studio e risultati principali
Lo studio di fase 3 utilizzato come base di dati dell'analisi post-hoc aveva randomizzato, secondo uno schema 2:1, pazienti con LES di grado moderate-severo (indice SELENA-SLEDAI ≥8) al trattamento settimanale, per un anno con belimumab 200 mg sottocute o a placebo, in aggiunta alla terapia standard per il LES.

Questa analisi pre-specificata ha incluso pazienti che erano inizialmente ipocomplementemici e sieropositivi agli anticorpi anti-dsDNA.

L'endpoint primario valutato è stato, ancora una volta, la risposta SRI4 (SLE Responder Index) ad un anno. Tale indice – che incorpora i criteri provenienti da 3 indici validati (l'indice SLEDAI, il Physician Global Assessment e il BILAG 2004) è riconosciuto dalle autorità sanitarie come misura surrogata dell'efficacia del trattamento e combina i risultati provenienti da tre misure validate a livello internazionale dell'attività di malattia ed è espressione di un miglioramento significativo a livello clinico dell'attività di malattia nel lupus.

In base a questo indice composito, un soggetto è considerato “responder” al trattamento (soddisfacimento della risposta SRI4) se mostra un miglioramento di almeno 4 punti del punteggio SLEDAI-2K e, al contempo, non presenta risultati peggiori relativi all'attività di malattia in base al Physician Global Assessment e all'indice BILAG (British Isles Lupus Assessment Group).

Tra gli endpoint secondari valutati, invece, ci sono stati il tempo all'insorgenza di episodio severo di recidiva e la riduzione del dosaggio di corticosteroidi (dalla 40esima alla 52esima settimana).

Risultati principali
Su 836 pazienti reclutati nel trial di riferimento, 356 erano ipocomplementemici e sieropositivi agli anticorpi anti-dsDNA all'inizio del trattamento assegnato (placebo= 108 pazienti; belimumab sc= 248 pazienti) ed è sue questi che è stata condotta l'analisi post-hoc.

Focalizzando l'attenzione sui risultati più salienti, è emerso che la percentuale di pazienti soddisfacenti l'endpoint primario (risposta SRI4) è risultata maggiore rispetto a quella riscontrata nel gruppo placebo (64,6% vs. 47,2%; p=0,0014).

Non solo: l'incidenza di episodi seri di recidiva è risultata più bassa nel gruppo sottoposto a trattamento con l'anticorpo monoclonale vs. placebo (31,5% vs. 14,1%).

Inoltre, il numero di pazienti che ha ridotto la posologia di CS in misura uguale o superiore al 25%, per arrivare a dosi giornaliere ≤7.5 mg tra la 40esima e la 52esima settimana dall'inizio del trattamento assegnato, è stato pari al 20,7% nel gruppo trattato con belimumab e dell'11,4% nel gruppo placebo (p=0,0844).

Quanto alla safety, il profilo di sicurezza di belimumab 200 mg sc in aggiunta allo standard of care (SoC) è risultato praticamente sovrapponibile a quello del placebo in questa sottopopolazione di pazienti lupici. Inoltre, l'incidenza di eventi avversi, calcolata in quest'analisi post-hoc, è risultata sovrapponibile anch'essa alla popolazione ITT complessiva del trial (78,2% vs. 80,8%, rispettivamente), né sono emersi nuovi AE rispetto a quelli già noti con questo farmaco.

Implicazioni dello studio
In conclusione, in pazienti con LES associato a livelli ridotti del complemento e sieropositività agli anticorpi anti-dsDNA, la somministrazione settimanale di belimumab 200 mg sottocute migliora in modo significativo la percentuale di risposta al trattamento (risposta SRI4), riducendo al contempo l'incidenza di recidive severe di malattia nonché la posologia d'impiego dei CS rispetto a quanto osservato nel gruppo di controllo.

Lo studio ha peraltro documentato un trend più favorevole nella sottopopolazione di pazienti lupici sopra indicata rispetto alla popolazione complessiva ITT di pazienti del trial.

“La maggiore differenza di trattamento osservata tra i pazienti lupici ipocomplementemici e sieropositivi per gli anticorpi anti-dsDNA rispetto alla popolazione ITT (17,4% vs. 13%, rispettivamente) è probabilmente da attribuire sia ad un modesto incremento del tasso di risposta al trattamento nel gruppo belimumab (64,6% vs. 61,4%, rispettivamente) che ad una modesta riduzione del tasso di risposta nel gruppo placebo (47,2% vs. 48,4%, rispettivamente) – argomentano i ricercatori al riguardo. Ciò suggerisce che la sottopopolazione di pazienti oggetto di quest'analisi è probabilmente più difficile da trattare con le terapie standard oggi in uso”.

Vantaggi della formulazione sottocute di belimumab vs. infusione endovenosa
Per alcuni pazienti, la somministrazione endovenosa di belimumab potrebbe rappresentare un ostacolo al trattamento in ragione della necessità di recarsi in ospedale per effettuare le infusioni del farmaco in questione.

A tal riguardo, una survey di recente pubblicazione, condotto su pazienti con LES, ha dimostrato come più della metà di quelli sottoposti ad infusione endovenosa di belimumab preferirebbe l'autosomministrazione domiciliare del trattamento (3).

La formulazione sottocute di belimumab rende questo step non più necessario, con il vantaggio di ampliare la platea di pazienti che può beneficiare di questo trattamento, associato a risparmi economici cospicui sia per i pazienti che per la comunità (derivanti dalla mancata ospedalizzazione per l'esecuzione dell'infusione).


Bibliografia
Doria A. et al. Efficacy and safety of subcutaneous belimumab in anti-dsDNA-positive, hypocomplementemic patients with systemic lupus erythematosus. Efficacy and safety of subcutaneous belimumab in anti-dsDNA-positive, hypocomplementemic patients with systemic lupus erythematosus, Arthritis & Rheumatology (2018). DOI: 10.1002/art.40511
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2) Stohl W et al. Efficacy and safety of subcutaneous belimumab in systemic lupus erythematosus: A randomized, double-blind, placebo-controlled, 52-week study. Arthritis & Rheumatology. 2017;69(5):1016-27.

3) Pascoe K et al. Patient- and physician-reported satisfaction with systemic lupus erythematosus treatment in US clinical practice. Clinical Therapeutics. 2016;39(9):1811-26.