Pneumologia

Covid-19, posizionamento paziente in posizione prona potrebbe rivelarsi utile in alcuni casi

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Il ricorso alla posizione prona potrebbe rivelarsi utile e sortire miglioramenti in alcuni pazienti Covid-19 sottoposti a supporto respiratorio non invasivo. E' quanto emerge da due comunicazioni brevi di ricerca (letter), pubblicate recentemente sulla rivista Jama (1,2)

Tolleranza del posizionamento in posizione prona
Nel primo studio (1), i ricercatori hanno valutato una casistica di pazienti francese con Covid-19 che erano vigili, non intubati e respiravano spontaneamente ma necessitavano del ricorso all'ossigenoterapia per insufficienza respiratoria acuta ipossemica.

I pazienti della casistica erano stati ospedalizzati dal 27 marzo all'8 aprile e sono stati seguiti per 10 giorni (data ultimo paziente seguito: 28 aprile).

Dei 24 pazienti inclusi nello studio, 15 erano in grado di tollerare la posizione prona per più di 3 ore, 5 pazienti hanno avuto tempi di tolleranza compresi tra 1 e 3 ore, mentre 4 non hanno resistito per più di un'ora.

Sei pazienti, pari al 25% del totale e al 40% di quelli che erano stati in grado di tollerare la posizione prona per almeno 3 ore, hanno mostrato un incremento di almeno il 20% della pressione parziale di ossigeno arterioso (PaO2) dalla fase precedente a quella concomitante il posizionamento dei pazienti.

Sempre nel gruppo di pazienti che tolleravano la posizione prona per almeno 3 ore è stato documentato un incremento di PaO2 da 73,6 mmHg prima del posizionamento in posizione prona a 94,9 mmHg dopo il posizionamento (differenza: 21,3 mmHg; p=0,006).

Tuttavia, lo studio non ha rilevato differenze tra la PaO2 prima del posizionamento in posizione prona e dopo il nuovo posizionamento in posizione supina (p=0,53).

Cinque pazienti hanno necessitato di ricorrere alla ventilazione meccanica, compresi 4 che avevano tollerato il posizionamento in posizione prona per un tempo inferiore ad un'ora e che necessitavano di intubazione entro 72 ore.

Miglioramento dei parametri respiratori
Il secondo studio, condotto all'Istituto San Raffaele di Milano, ha valutato 15 pazienti con Covid-19 e sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) di grado lieve-moderato che sono stati posizionati in posizione prona in presenza di ventilazione non invasiva fuori dal reparto di terapia intensiva, dopo una risposta insoddisfacente a ventilazione meccanica a pressione positiva continua (CPAP).

I ricercatori hanno esaminato i parametri respiratori nei pazienti prima della ventilazione non invasiva, durante la ventilazione non invasiva in posizione prona e 60 minuti dopo la fine della ventilazione.

Tra i pazienti inclusi nello studio, è stato rilevato un inizio della ventilazione non invasiva in posizione prona nei 5 giorni (valore mediano) precedenti il 2 aprile. Il numero mediano dei cicli di ventilazione è stato pari a 2, per una durata totale pari a 3 ore.

Tutti i pazienti della casistica hanno sperimentato una riduzione della frequenza respiratoria durante e dopo il posizionamento in posizione prona (p<0,001 per entrambi), come pure un miglioramento della pulsossimetria (SpO2) e del rapporto PaO2:FO2 (pressione parziale arteriosa di O2/Frazione ispirata di O2)  durante la posizione prona (p<0,001 per entrambi).

Dopo la posizione prona, 12 pazienti hanno sperimentato un miglioramento sia di SpO2 che di PaO2:FiO2, due hanno mostrato lo stesso valore mentre uno è andato incontro a peggioramento.

Inoltre, rispetto al basale, 11 pazienti hanno visto un miglioramento del comfort durante la posizione prona, mentre 4 hanno ottenuto lo stesso valore.

Tredici pazienti, invece, hanno visto un miglioramento del comfort dopo la posizione prona, mentre 2 hanno ottenuto lo stesso valore.

Nove pazienti sono stati dimessi, uno è migliorato e ha cessato il posizionamento in posizione prona, tre hanno continuato il posizionamento, uno è andato incontro ad intubazione ed è stato ricoverato in terapia intensiva, mentre un paziente è deceduto dopo 2 settimane dello studio.

Le implicazioni dei due studi
Pur con alcuni limiti metodologici ammessi dagli stessi autori dei due studi (campione di numerosità ridotta, mancanza gruppi di controllo), gli estensori di un editoriale di commento ai due lavori (3) hanno notato che molti pazienti hanno tollerato il posizionamento in posizione prona quando sono vigili, respirano spontaneamente o sono sottoposti a ventilazione non invasiva e che ciò si accompagna ad un certo miglioramento, anche se gli effetti osservati sembrano essere transitori.

“L'utilizzo della posizione prona durante la respirazione spontanea e assistita nei pazienti con insufficienza respiratoria ipossemica potrebbe configurarsi come un elemento di innovazione terapeutica nel prossimo futuro – scrivono gli estensori dell'editoriale, notando che la tolleranza può rappresentare un limite, gli effetti fisiologici non sono chiari, i benefici delle sessioni brevi oggetto di critiche e che i medici affrontano con cautela il tema della scelta se intubare dopo aver fatto ricorso alla posizione prona”.

“Il miglioramento dell'ossigenazione durante la posizione prona potrebbe consentire ai clinici di prevenire le scelte da fare sull'intubazione esclusivamente sulla base dell'ipossiemia – continuano -. Questo è potenzialmente un buon outcome, ma la valutazione clinica del lavoro della respirazione è essenziale in questo contesto per evitare ritardi dell'intubazione, con possibilità di outcome sfavorevole. E' attualmente in corso uno studio fisiologico dettagliato e almeno due trial clinici randomizzati cercheranno di rispondere a queste domande”.

“Nel frattempo – concludono gli estensori dell'editoriale – i clinici dovrebbero monitorare attentamente i pazienti per i quali si usa la posizione prona per la tolleranza e la risposta e dovrebbero porsi l'obiettivo di prevenire intubazioni ritardate e ricorrere a ventilazione meccanica controllata quando necessario”.

NC

Bibliografia
1. Elharrar X, et al. JAMA. 2020;doi:10.1001/jama.2020.8255
2. Sartini C, et al. JAMA. 2020;doi:10.1001/jama.2020.7861
3.  Telias I, et al. JAMA. 2020;doi:10.1001/jama.2020.8539

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